Calcio, è tempo di elemosine

È l’estate delle partenze mancate: Ronaldo non va al Real Madrid e l’inizio del campionato di calcio è stato posticipato al 15 settembre, a causa del fallito accordo sui diritti televisivi. Il football italiano sta arrancando fra molte, troppe, difficoltà; i soldi scarseggiano, le società faticano a mantenersi vive e vegete e, negli ultimi anni, i risultati internazionali dei club e della nazionale sono stati deludenti. In questo marasma la Lega dei professionisti ha chiesto al governo lo stato di crisi, affinché conceda al “malato” degli sgravi fiscali o delle rateazioni dei debiti; come ha giustamente annotato Giorgio Tosatti, in un editoriale apparso sul Corriere della Sera del 21 agosto scorso, «non si sa se ridere o piangere. Possibile che un gruppo significativo di imprenditori e manager non colga il ridicolo di una simile richiesta? Non intuisca quanto possa ferire l’opinione pubblica, la sensibilità di chi fatica a sopravvivere e vede piangere miseria un settore dove l’ultimo degli addetti guadagna cifre inimmaginabili per il resto della popolazione?». Il giocattolo calcio, gonfiato fino all’inverosimile, è dunque sfuggito di mano ai suoi stessi proprietari, colpevoli di averlo fatto lievitare fino a scoppiare. E le attuali richieste di aiuti e di contributi straordinari sembrano davvero spudorate. Come annotava Luca Calamai sulla Gazzetta dello Sport, «La ricchezza piovuta, negli anni passati è stata bruciata da scelte ben poco oculate. I presidenti, dalla serie A alla serie C, si sono trasformati in tante cicale. Garantendo ingaggi fuori mercato e conducendo campagne acquisti scellerate. La parola d’ordine era: comprare. Venuti meno o, brutalmente ridotti, gli introiti televisivi, il nostro calcio si è trovato a dover gestire bilanci insostenibili. La richiesta di stato di crisi è un triplo salto mortale per tentare di risolvere un problema che appare senza soluzione. Ma chi ha provocato questo sfacelo ? Di sicuro il nostro pianeta pallone non è stato vittima di calamità naturali. Sono stati i presidenti ad autorizzare spese ed investimenti totalmente ingiustificati». Questo preoccupante andazzo ad un rialzo scriteriato delle spese ha fatto danni anche in altri sport; il problema è mondiale, è tutto lo sport che deve darsi una bella e generale regolata, abbassando i suoi costi. In Svizzera la situazione è analoga, con varie società che, trovandosi con le casse vuote, hanno teso la mano allo Stato, sperando in un’elemosina. Ma è giusto ed eticamente corretto che l’autorità pubblica offra un aiuto a chi ha allegramente sperperato per anni e anni, dissipando senza il minimo scrupolo dei patrimoni che andavano curati in modo diverso? Se ora è giustificabile che, con mille espedienti, si cerchi di salvare il salvabile, in futuro bisognerà davvero cambiare rotta, per ridare credibilità, rigore e morale allo sport.

Pubblicato il

30.08.2002 12:30
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