Calato il sipario sulla cultura

La restrizione al limite massimo di cinque persone alle manifestazioni pubbliche e private decisa dal governo ticinese ferma l'attività culturale

La cultura è cibo per l’anima, si dice. Un’anima che avrebbe tanto bisogno di esser nutrita in questi tempi grami. La comunicazione governativa del limite di cinque persone negli spazi pubblici e privati, pasticciata e dalla parvenza improvvisata, ha generato più dubbi che certezze nella popolazione e molta amarezza nei diretti interessati (qui il comunicato dei Teatri associati scena indipendente).

 

Confusione, si diceva. «Ho trascorso la mattinata di ieri a cercar di capire se il limite di cinque persone riguardasse anche noi, ma solo nel primo pomeriggio ho ricevuto la conferma da Bellinzona» spiega Joel Fioroni, gestore del cinema LUX Art House di Massagno.

 

Una decisione che lascia l’amaro in bocca, dopo aver faticosamente ripreso l’attività. «Abbiamo riaperto da poco meno di un mese e mezzo, investendo non pochi soldi ed energie nei piani di protezione, adeguandole costantemente alle nuove disposizioni emesse. Con soddisfazione possiamo dire di aver avuto una media di 16 persone a spettacolo, risultato che ci colloca in questo periodo come miglior frequenza di sala cinematografica del cantone e tra le migliori in Svizzera. Una buona media in questo particolare momento, soprattutto per un cinema d’essai come quello da noi proposto. Fa male ora dover richiudere. Il cinema è una macchina complessa, la cui ripartenza non è per nulla evidente. Assicurarsi dei film da proiettare, non è scontato».

 

Un mese e mezzo di attività senza casi di contagio. «Dalla riapertura son passate più di 1'500 persone, tutte tracciate ad ogni proiezione. Non ci è mai stata richiesta la lista di tracciamento». Dall’amarezza all’incomprensione, il passo è breve. «Col limite di trenta persone, avremmo potuto continuare a proporre dei film. Con cinque è impossibile». Riuscite a spiegarvi perché siate entrati nel limite delle cinque persone?  «Francamente no, ma da ignorante mi rimetto alla competenza di chi ha studiato queste misure. Le perplessità derivano dal non esser stati considerati una eccezione come chiese o centri balneari e benessere, dove è stato stabilito un limite di trenta persone. Risulta difficile capire perché possa andare a messa o in piscina, ma non posso andare a vedere un film con la mascherina ben distanziato». Di consolante vi è che lavoro ridotto, aiuti alla cultura e sostegno del Comune di Massagno (proprietario della stabile), attenuino le difficoltà economiche come accaduto in primavera. Confidando che la possibilità di aprire per cinque persone non sia questa volta usata a pretesto per negare i sostegni finanziari.

 

La stessa amarezza (e incredulità), si respira al Teatro sociale di Bellinzona, nelle parole del suo direttore, Gianfranco Helbling. «Abbiamo piani di protezione molto rigorosi, che hanno dimostrato di funzionare. In Svizzera non è noto nessun caso di contagio avvenuto all’interno di un teatro. Dei piani di protezione ben rispettati dal pubblico, come ci insegna l’esperienza recente. Abbiamo avuto due serate concerto dei Vad Vuc con trecentotrenta spettatori giovanissimi, tutti con la mascherina ed estremamente disciplinati nel seguire le norme. Credo dunque che il teatro non sia un luogo più pericoloso di altri oggi fruibili, pur con qualche norma di protezione accresciuta. Questo purtroppo mi fa pensare che quando bisogna intervenire, è più facile farlo nella cultura rispetto ad altri settori. Quasi a dire che il prodotto offerto dalla cultura non abbia la stessa rilevanza sociale di altri prodotti che si possono consumare normalmente nella nostra società odierna».

 

Un'osservazione legittima. Lavoro (fatta astrazione della cultura) e consumo di merce restano gli unici luoghi e attività umane dove sia ancora consentito aggregarsi in un numero superiore a cinque persone. Con l’eccezione delle messe.

Pubblicato il

10.11.2020 16:49
Francesco Bonsaver
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