Esteri

Accoglienza, diritti civili, parità di genere, ambiente, lavoro. L’altra Italia ha ripreso a battere qualche colpo, da Milano a Napoli, dal Veneto alla Calabria, passando per Roma. Mentre il governo giallo-nero arranca tra Tav, flat tax, via della seta e migranti e resiste solo grazie all’attaccamento al potere di due forze teoricamente antagoniste ma fattualmente simili, e grazie all’inconsistenza dell’opposizione, dalla società, dai territori e dalle nuove generazioni sale un soprassalto di vitalità. La rassegnazione seguita alle delusioni nei confronti della politica comincia timidamente a lasciare il posto alla speranza. La speranza di un cambiamento, l’idea che fuori dal sovranismo e dal liberismo ci siano un altro orizzonte e un altro futuro possibili. La convinzione che con la sola rabbia e il solo rancore sociale non si possa costruire alcuna alternativa.

 

Ha cominciato il mondo del lavoro a dare una scossa al torpore italiano con la grande manifestazione sindacale unitaria, rimpolpata dalle aspettative legate al nuovo corso Cgil che promette di guardare al lavoro in tutte le sue sfaccettature, cioè in tutte le forme di frantumazione e sfruttamento in cui le politiche di tutti i colori l’hanno ridotto, umiliandolo. Solo l’autonomia dai partiti può sostenere una forte rappresentanza sociale, abbandonando definitivamente ogni ricerca di impossibili governi amici. Questo ha capito Maurizio Landini che si pone un obiettivo epocale, difficilissimo da raggiungere: la riunificazione del mondo del lavoro garantendo a tutti gli stessi diritti fondamentali erosi da politiche economiche e sociali devastanti con l’affossamento delle conquiste novecentesche e l’attacco ai corpi intermedi. Questo chiedeva una piazza San Giovanni stracolma di operai, impiegati, precari, disoccupati, pensionati, studenti.


L’altro vulcano mai spento definitivamente che ricomincia a fumare è quello che erutta lapilli di solidarietà verso i migranti, contro il razzismo salviniano che inventa nemici inesistenti per nascondere che il vero nemico del “popolo” è proprio lui. L’ex sindaco calabrese Mimmo Lucano, assurto a simbolo dell’accoglienza e dell’integrazione e che decine di migliaia di firme propongono per il Nobel, ha riempito tutte le città italiane di presenze militanti, Milano e Napoli sono diventate le capitali della nuova umanità. Due sindaci assolutamente diversi tra loro come Sala e De Magistris rappresentano egregiamente la domanda di solidarietà che non si è fatta zittire dai messaggi di odio lanciati dalla Lega e subiti passivamente dal M5S in nome di una sicurezza fatta di pistole facili impugnate da giustizialisti di razza bianca. Come quelli che in Nuova Zelanda hanno fatto una strage di musulmani nel nome di Traini, colui che a Macerata ha fatto il tiro a segno sui maceratesi africani. E anche a Macerata è sceso in piazza, arrivato da tutt’Italia, il popolo dell’accoglienza, quello che salva i migranti nel Mediterraneo o va a combattere con i curdi contro l’Isis. Non è cosa di poco conto il risveglio di Milano e Napoli al fianco dei sindaci, in tempi di crisi profonda della rappresentanza politica che spinge un cittadino su due a disertare le urne.


L’altro salutare bradisismo è di genere femminile. Contro sentenze indecenti (se la donna è brutta non può essere stata stuprata), minacce di leggi regressive ai danni delle donne e del diritto di famiglia (Pillon) e adunate sediziose machiste e omofobe come quella di Verona patrocinata dall’immancabile Salvini, i cortei di “Non una di meno” hanno colorato di rosa le piazze italiane, oltre alla statua di Indro Montanelli, il giornalista amato persino dalla sinistra, quello che si comprava belle abissine dodicenni nonostante “puzzassero di capra”, per poi lasciarle al gerarca prima di far ritorno nel Belpaese. Spira un vento femminista, un’altra spina nel fianco del governo.


In Italia forse ancor più che in Svezia e nel resto del mondo la testimonianza ambientalista ha attivato una partecipazione straordinaria di più generazioni in difesa dell’unico pianeta che abbiamo e stiamo uccidendo. Le maestre delle scuole non ancora definitivamente trasformate in aziende capitalistiche hanno portato in piazza i bambini, i ragazzi più grandi vi hanno trascinato i professori. C’era anche il nuovo segretario del Pd in piazza, quel Nicola Zingaretti che per cambiare tutto ricomincia da Gentiloni, Letta, Veltroni, Serracchiani, Lotti, Boschi. In piazza nel nome di Greta, il giorno dopo essere andato a Torino ad abbracciare Chiamparino e le signorine Sì-Tav. Nulla sarà più come prima, nel Pd? Eppure, persino nella partecipazione di 1,6 milioni di persone alle primarie che l’hanno eletto c’è una domanda di cambiamento, si potrebbe azzardare a chiamarla di sinistra.


Per questa volta ci fermiamo ai segnali di fumo dell’Italia che resiste, rimandando alla prossima puntata i cahiers de doléances, le elezioni regionali (Basilicata) e, soprattutto, europee.

Pubblicato il 

21.03.19
Nessun articolo correlato