O spiaggetta tranquilla e romita,
ove rompe dell'onde il furor,
dalle nevi e dai ghiacci nudrita,
ti saluto da lungi col cuor!

Già, quest'anno, niente praticello del Grütli. Niente Festa della Patria. Che tristezza! Un 1° agosto senza Grütli è un Guglielmo Tell senza Gessler, un Gualtiero senza Gualtierino e senza mela (quand'anche fosse una Melinda): è una Svizzera senza balestra. Il tutto per colpa di certe stupide teste rasate che fanno solo casino, così ha tradotto l'allievo le azioni di disturbo dell'estremismo di destra al praticello. Ma anche per il risparmismo del Consiglio federale. Qualcuno non è d'accordo. Prima fra tutti la Presidente della Confederazione che alle tradizioni ci crede, o mostra di crederci. Con la Presidente ha subito solidarizzato il Coordinamento donne della sinistra, si capisce, e tanti altri, socialisti soprattutto. Il che è fatto curioso. Ripropone la vecchia domanda di Peter Bichsel: «Chi mai, pensando allo svizzero, pensa a un socialista?»
Sta di fatto che la Festa nazionale non si tocca. Il Grütli è bello. Tutta la Svizzera è bella. Lo dicono tutti, soprattutto gli stranieri che non vivono in Svizzera. Oltre alle Donne coordinate della sinistra ha reagito il gruppo socialista in gran consiglio. (Lo so, è strano, vedi sopra. Non capisco ma mi adeguo.) Il Gruppo socialista, per mezzo di una mozione, ha chiesto al Consiglio di Stato ticinese di attivarsi presso il Consiglio federale – citiamo – «affinché le libertà fondamentali della nostra democrazia siano garantite durante la ricorrenza del primo agosto al Grütli». D'accordo. (Speriamo che altrettanto valga per le altre libertà e soprattutto per chi ne beneficia.)
A chiudere il discorso ci ha pensato un tale Lorenzo Quadri che, in nome della solidarietà intercantonale, ha chiesto al gran consiglio ticinese di stanziare 10mila franchi a favore del Canton Uri. In fondo quella del 1° agosto è un'emergenza e come tale va trattata no?
L'esempio del Quadri ha fatto scuola ed è stato seguito dalla deputata Noi-Togni, granconsigliera attiva nel parlamento grigionese, che, al di là del cognome, è una.
Il risultato di questa levata di scudi in difesa della Patria e delle sue tradizioni ha spinto gli urani a darsi da fare. Io speriamo che me la cavo. Non sappiamo, malgrado quel che la gente sussurra, se sia soltanto per una questione finanziaria.
La Svizzera è sì un paese di banchieri, si sa, ma c'è dell'altro. E a proposito di banchieri: «La Svizzera vende le armi a tutto il mondo per farli scannare ma lei non fà neanche una guerra piccolissima. Con quei soldi costruisce le banche. Ma non le bance buone, le banche dei cattivi (…) I delinquenti della Sicilia e della Cina mettono lì i soldi, i miliardi. La polizia và, dice di chi sono questi soldi, non lo so, non telo dico, sono cazzi miei, la banca è chiusa». Così ha scritto un allievo del maestro D'Orta in Io speriamo che me la cavo.

Pubblicato il 

15.06.07

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