C'è chi spera e c'è chi spara

Gli zingari da quando mondo è mondo sono un problema. È innegabile. Dai, sono sempre in fuga. Vuol dire che non la contano giusta. E poi se è tanto impopolare difendere zingari ed ebrei ci sarà un motivo. Di sicuro la maggior parte di noi riesce a darsi una risposta – forse persino univoca per le due categorie – del perché ha in antipatia quelle persone. E il bello è che non è neppure necessario conoscerne personalmente uno per capire quanto siano pericolosi per la nostra società.
Ma soffermiamoci un istante sugli zingari in particolare, visto che nel ridente e gioioso Ticino sta diventando una simpatica consuetudine sparare ai nomadi in transito. Sia ben chiaro: quando è il caro tedesco a diventare nomade e a valicare le Alpi con tende e camper nessuno lo usa come tiro al piccione. Un conto è il turismo, praticato nelle proprie vacanze, intese come parentesi di riposo dopo mesi di duro lavoro. Un altro conto è il nomadismo che non può essere visto come vacanza visto che in contrapposizione non c'è il tempo del lavoro ma – è cosa nota – solo quello degli espedienti e furtarelli. I gitani non si chiamano così perché sono in gita. Le parole contano, lo sanno gli Zingarelli.
Torniamo agli spari. Suvvia, era una protesta, una sottolineatura, una specie di punto esclamativo. Cerchiamo di non essere patetici, non è che si spara sempre e solo per uccidere. L'arma da fuoco in un paese civile può essere tranquillamente uno strumento di dialogo. Il botto vuole essere solo un urlo disperato nei confronti dell'autorità sorda ai gravi disagi che devono sopportare i cittadini.
Cittadini che si vedono sottrarre per lunghissimi periodi le aree verdi più pregiate del cantone. E in che stato le lasciano poi gli zingari quando finalmente levano le tende? Manco se ci avessero fatto un concerto all'aperto o una sagra della costina e cannelloni! Lo sanno tutti, gli zingari sporcano. D'accordo, anche i napoletani a momenti finivano sommersi dai propri rifiuti e nessuno gli ha sparato. L'importante però è sporcare in casa propria.
Poi c'è il grande capitolo dei furti. Gli zingari non è che finanziano le loro auto lussuose arrotando coltelli o leggendo i tarocchi. No! Rubano. Più di un manager qualsiasi. Ora, pensate al povero signor Rossi che già ha perso migliaia di franchetti di risparmi perché non si è accorto che la sua banca glieli aveva messi in un fondo di investimento lardellato di titoli tossici. Lo stesso signor Rossi depresso va a fare la spesa alla cooperativa e, patatrac, si accorge che gli hanno pure fregato il portafogli. Così non ha neanche i soldi per comprarsi yogurt e cervelat (la sua cena stasera). Secondo voi a chi avrebbe voglia di sparare in quel momento?
Insomma, vanno bene gli zingari in letteratura, tipo la Carmen, ecc. ecc. Ecco lasciamoli lì a suonar violini zigani e tutte quelle amenità. Però nella realtà contemporanea potrebbero fare uno sforzo  di diventare stanziali. Molti ce l'hanno fatta come i nostri Jenisch. Una società per essere bella, sana, perfetta ha bisogno di uniformità.

Pubblicato il

25.06.2010 14:00
Flavia Parodi
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