C'è ancora la guerra

Gli Stati uniti bombardano l’Afghanistan. Si apre un nuovo focolaio di guerra. Ci stupisce una nuova guerra? Non credo. Sono ormai secoli e secoli che, fallite le vie diplomatiche, si finisce per dibattere le questioni politiche armi alla mano. Insomma che la guerra sia l’extrema o la prima ratio rappresenta sempre il fallimento di un’altra via. Poi si finisce in una nota spirale: il sangue chiama altro sangue e attraverso vendette e rappresaglie scriviamo la storia dell’umanità. Una storia che probabilmente dimentichiamo perché tutte le volte ci si ritrova ad ascoltare discorsi già fatti, ad immaginare soluzioni già fallite molte volte. Un eterno ripetersi. Sembra di riconoscervi tante rappresentazioni allegoriche dell’inferno: una terribile reiterazione che genera sofferenza. Il Paradiso dev’essere altra cosa. Probabilmente l’ipotesi di una felice evoluzione. Lo sconforto oggi è questo: i vecchi millenni ancora non ce li siamo gettati alle spalle. In cosa ci distinguiamo dai nostri antenati? Forse nell’essere passati da una guerra di clave ad una di bombe intelligenti? Non riesco a chiamarlo progresso. Ma non ne abbiamo abbastanza della guerra e di tutto ciò che rientra nel suo campo semantico «orrori, vittime, stragi,…»? Come giudichiamo la tragica beffa di gettare su uno stesso popolo bombe e viveri? Lo raccontiamo a tanti profughi, stremati e alla mercé di epidemie, che questa guerra non ha obiettivi civili? Dobbiamo credere che si combatte il terrorismo internazionale attaccando un unico Paese? Favole indegne per uno Stato di diritto. La mia forse è pura retorica pacifista, un pensiero utopico che non tiene conto dell’uomo. Tuttavia, mi dico, retorica per retorica, meglio la retorica pacifista di chi è sinceramente stomacato piuttosto che quella guerrafondaia e manichea che in questi giorni ci sta avvelenando. E poi, se ci tengono tanto a convincerci si vede che è importante convincerci: rimaniamo dubbiosi. Fino a coltivare le utopie se può servire ad abbandonare una logica vecchia e logora. Pensate se, entrando davvero in una nuova era, potessimo un giorno raccontare «c’era una volta la guerra». Senza nostalgia.

Pubblicato il

12.10.2001 00:30
Sabina Zanini