Buona, cara, vecchia Svizzera

La Svizzera frequenta cattive compagnie, sostiene senza mezzi termini l'Udc nazionale. Da qui l'insopportabile frenesia di cui è vittima il nostro Paese a partire dall''89, dalla caduta del muro di Berlino.
La cosa preoccupa l'Udc, perché ne va della immagine e della onorabilità della Confederazione elvetica. Insomma, il nostro Paese non ha più le certezze di un tempo. Ha perso la stabilità, e l'indipendenza: il che vuol dire che non è più il paese fermo di una volta.
Certo non nasconde il suo programma, né i suoi intenti, l'Udc. Che sono (ma non è sorprendente) dichiaratamente passatisti. Bisogna stare schisci, profilo basso: solo così si evitano pericoli e occasioni. È ora di darsi una calmata, afferma minacciosamente la Destra svizzera. Perché non provare con il Prozac dei valori patrii condivisi come il vecchio concetto della neutralità, per esempio, dove "vecchio" sta per affidabile? "Neutralità come valore sicuro in un mondo che cambia" sostiene una testa d'uovo zurighese dell'Udc, tale on. Ulrich Schlüer.
La nostra politica estera è troppo viva, aggiunge lo stesso intellettuale, mentre dovrebbe essere la meno attiva possibile. "L'essere attivi implica partecipare, e partecipare vuol dire, secondo un sublime teorema, parteggiare, schierarsi, perdere il giusto distacco dalle parti in conflitto."
Non c'è stata scelta più sbagliata che l'adesione della Svizzera all'Onu, afferma Schlüer; e non c'è stata sciagura più grande che dare in mano la politica estera a un politico donna (al di là di quel che appare) come la Calmy-Rey. L'attuale presidente della Confederazione è un politico malato di protagonismo mediatico.
Basta uscite, basta aperture, basta attivismo. Occorre riandare alla vecchia Svizzera: al concetto datato della neutralità integrale, indefettibile e armata. Come dire: torna sui tuoi passi, cara Micheline, e datti alla maglia.
Questa paura fobica del movimento, del cambiamento, dell'evoluzione del nostro Paese ha in sé qualcosa di patologico. E anche di vagamente inquietante.
Ma, non contenti di queste sparate, che di per sé basterebbero, quelli dell'Udc hanno scelto come mascotte del partito in vista delle elezioni federali di ottobre un caprone. Avrebbero potuto scegliersi l'orso, che pure non è proprio metafora del moto. Invece no. Hanno scelto un becco, per dirla in modo prosaico. Un becco di nome Zottel (che in tedesco vuol dire anche animale dal pelo trasandato, mi suggerisce un'amica di lingua madre tedesca), il che – bontà loro, dell'Udc, – rappresenterebbe al meglio la volontà di lotta della Destra elvetica.
Certamente ogni partito è libero di scegliersi la mascotte che vuole. Ma, se mi fosse stato richiesto un parere, avrei detto no al caprone. A stare all'immagine pubblicata da "Azione", Zottel rappresenta davvero male il partito. (Meglio così.) Intanto è cornuto (con quel che segue), e poi è castrato, oltre che oriundo. Conoscendo le tesi dell'Udc sugli stranieri, non avrà vita facile.

Pubblicato il

26.01.2007 14:30
Claudio Origoni