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Boccate di smog

L’indomani della presentazione del Rapporto 2000 sull’inquinamento dell’aria da parte del Dipartimento del territorio, i giornali inneggiavano al miglioramento delle condizioni d’inquinamento atmosferico registrato negli ultimi dieci anni. L’entusiasmo va certo smorzandosi quando ci addentriamo nella selva inestricabile dei limiti OIAt (Ordinanza contro l’inquinamento atmosferico) spesso superati per quanto concerne i valori di ozono, diossido di azoto e polveri fini. E non è un problema da poco, come ci ha confermato Francesco Maggi, responsabile del Wwf della Svizzera italiana: «oltretutto questo vantato miglioramento negli ultimi anni si sta appiattendo. Negli anni ’80 si sono prese certe misure pensiamo, ad esempio, al catalizzatore. Poi, putroppo, negli anni ’90 è cambiata la politica ed è scemata la sensibilità per i problemi ambientali». Siamo ben lontani dal poter brindare alla ritrovata qualità dell’aria... «Appunto. Constatiamo che gli obiettivi della OIAt non sono stati raggiunti. Un dato inquietante: ci sono ancora migliaia di morti l’anno in Svizzera imputabili all’inquinamento atmosferico». Quindi ci rimane tra le mani uno spinoso problema di salute pubblica. «Sì», ammette Maggi, «la salute pubblica ne risente e, come è noto, soprattutto le categorie più a rischio quali bambini e anziani. Aumentano tra i giovani i problemi respiratori, le allergie. Tutti disagi imputabili anche all’inquinamento atmosferico». Ma non è solo l’uomo a farne le spese: «l’ambiente in generale viene danneggiato dai frequenti bagni d’ozono, nefasti anche per le foreste oppure le deposizioni acide provocate dal diossido di azoto sono dannose per le torbiere». Se dobbiamo andare a cercare i responsabili dell’inquinamento dell’aria troviamo tra gli imputati più illustri il traffico motorizzato. «Non solo», aggiunge Maggi, «questo fattore è anche in costante aumento». È allora facile ipotizzare che misure per arginare il problema dell’inquinamento atmosferico debbano concentrarsi sul traffico: «le misure da attuare in materia di traffico sono infinite. Pensiamo a misure politiche, fiscali, pianificatorie, tecniche o lasciate ai singoli cittadini». In questa prospettiva può venire lo sconforto nel dover scegliere, tra le tante praticabili, la via migliore per un’azione volta a contenere i danni causati dal traffico motorizzato. D’altra parte non siamo i primi a dover prendere dei provvedimenti: «basterebbe guardarsi attorno: in Svizzera e in Europa ci sono tantissime iniziative in questo senso. Naturalmente bisogna saper scegliere e avere il coraggio politico di introdurre queste misure». E finora, in Ticino, siamo sempre arrivati in ritardo: vedi l’introduzione delle rotatorie, delle ciclopiste o delle zone abitate con limite fissato a 30 km/h. Maggi porta l’esempio edificante dell’Olanda: «là si sono introdotti dei benefici fiscali per chi utilizza i mezzi pubblici o la bicicletta per recarsi al lavoro. Una cosa che vedrei bene anche in Ticino, in un periodo come questo dove, tra le allergie non imputabili allo smog, la gente ha sviluppato quella alle tasse». Continuiamo a discutere di misure d’intervento. Secondo il direttore del Dipartimento del territorio, Marco Borradori, per risolvere problemi legati all’inquinamento dell’aria è preferibile indirizzarsi verso soluzioni a medio -lungo termine. Questo perché quelle a breve termine sono, sì, le più eclatanti ma anche quelle più impopolari. «Si tratta di un discorso da politico», commenta Maggi, «e da buon politico Borradori si preoccupa della sua immagine e popolarità a corto termine. È chiaro che non possiamo aspettarci delle misure coraggiose e breve termine per risolvere i problemi. Di fatto sono spariti anche gli allarmi ozono...». Ma anche sul fronte delle misure a medio-lungo termine l’atteggiamento di Borradori suscita qualche perplessità. Continua Maggi: «se dobbiamo identificarle con l’intenzione di insistere sul raddoppio del Gottardo, di proporre un’autostrada sul Piano di Magadino e la Stabio-Gaggiolo e la galleria sotto il Vedeggio... beh, direi che non ci siamo proprio!» Questo dopo aver candidamente ammesso che è il traffico dei veicoli a motore uno dei principali responsabili dell’inquinamento atmosferico. Ma se ne possono cogliere altre di incongruenze nell’agire del direttore del Dipartimento del territorio: «Borradori si gongola per il Piano dei trasporti del Luganese (Ptl). Ebbene, se il Ptl è tale lo è anche grazie ai due anni di battaglia del Wwf e Ata (Associazione traffico ambiente) fatta a suon di ricorsi per costringerli a rivedere il concetto delle misure fiancheggiatrici. Misure poi contestate proprio dal suo partito: ad esempio Bignasca sta puntando i piedi per avere i posteggi in centro Lugano». Alla fin fine si direbbe che quanto si sta facendo in materia di traffico è piuttosto volto a migliorare la viabilità piuttosto che a salvaguardare la qualità dell’aria. Maggi conferma tale dubbio: «c’è una gran parte della popolazione che crede nel mito della mobilità infinita: basta costruire nuove strade per risolvere i problemi. È la tendenza delle politiche liberiste: si continua imperterriti a potenziare il traffico privato». Lo stesso dicasi per il traffico pesante? «Negli anni ’80 si faceva una politica più attenta ai problemi dell’ambiente, incentivando il trasporto ferroviario.Gli attuali governi sono più attenti agli interessi delle lobby degli autotrasportatori e degli automobilisti. A livello politico è scomparso quasi del tutto il problema ambientale». Così sotto l’occhio benevolo di politici compiacenti il traffico continua ad aumentare: possiamo riporre qualche speranza nello sviluppo di tecnologie alternative? Maggi ci parla di automobili ad immissione zero e del progetto Vel (per promuovere le automobili elettriche). Tuttavia ci mette in guardia da fuorvianti entusiasmi tecnologici: «i problemi legati alla viabilità sono molteplici. Non è sufficiente eliminare la benzina. Ci sono dei beni limitati e che non possono essere rigenerati». Il territorio è uno di questi tesori: «una volta devastato per costruire nuove strade e autostrade non può più essere rispristinato». E neppure le fonti energetiche sono inestinguibili. Ecco i limiti delle misure tecnologiche. Lasciamo ora il punto di vista politico e mettiamoci nella prospettiva degli utenti. Abbiamo chiesto a Maggi se ci sono state, e se sono opportune, delle campagne di sensibilizzazione sui problemi legati all’aria. Spiega Maggi che «il Wwf da sempre si è dedicato a campagne educative. Nelle scuole, ad esempio. Ma negli ultimi anni si nota l’affermarsi di un malcostume in materia ambientale. Anche tra i giovani». Non è facile poi rendere attenta la gente sulle questioni del traffico privato: «quando si tratta di trasporti andiamo a toccare un punto nevralgico dell’industria. Si pensi solo alla pubblicità che alimenta il mito della libertà legato al possesso di un’automobile: per intaccare questo mito ci vorrebbero dei mezzi almeno pari che non avremo mai». I risultati delle campagne sull’educazione stradale confermano le difficoltà di cui sopra. «Hanno avuto un magro riscontro», ammette Maggi, «sarà la mentalità latina? Sarà pigrizia? Comunque sia, sembra un argomento tabù quello di moderare disciplinare l’uso dell’auto...». Eppure la libertà non è solo quella di viaggiare ma anche quella di respirare aria pulita.

Pubblicato il

14.09.2001 02:30
Sabina Zanini
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