Sono in molti ad aver paura che con l’estensione della libera circolazione delle persone ai dieci nuovi paesi dell’Unione Europea (Ue) aumenti la disoccupazione e diminuiscano i salari in Svizzera. Tutt’ad un tratto, l’Udc si scopre difensore dei lavoratori. Non mi fido e mi domando: perché allora erano contrari alle misure d’accompagnamento? L’estensione della libera circolazione delle persone è la logica conseguenza sia del sì convinto del popolo svizzero ai bilaterali I nel 2000, sia all’allargamento dell’Ue di oltre un anno fa. Tuttavia si tratta di un processo a tappe. All’inizio sarà fissato un numero massimo per le persone che possono lavorare da noi, sempre a condizione che per questi posti non sia disponibile mano d’opera locale. Solo dal 2011 in poi la circolazione sarebbe veramente libera – con una riserva: se il numero dei lavoratori provenienti dai nuovi membri dell’Ue dovesse rivelarsi molto importante, allora la Svizzera potrebbe reintrodurre il contingentamento. C’è dunque una valvola di sicurezza. Ma perché in Ticino dei sindacalisti e soprattutto il Movimento per il socialismo (Mps), come la destra, si battono con accanimento contro la libera circolazione? Nel giornale dell’Mps, mandato a tutti i fuochi, si legge che le «misure di accompagnamento si sono già rilevate nettamente insufficienti». Questa critica è campata in aria poiché buona parte di queste misure entreranno in vigore solo assieme all’estensione della libera circolazione. Inoltre l’Mps scrive: «Un no, in Svizzera, obbligherà le autorità a prendere delle misure d’accompagnamento rafforzate che assicurino i diritti di tutti i salariati, svizzeri e immigrati». È possibile tanta ingenuità? Si illude chi crede che l’apprezzabile risultato strappato da sindacati e socialisti con tanto impegno a imprenditori e politici borghesi possa essere migliorato sostanzialmente se lo vuole l’Mps. Le lavoratrici e i lavoratori svizzeri non dovrebbero comunque ignorare che un no avrà degli effetti dannosi per loro. Mi spiego: molti dei nuovi paesi membri dell’Ue sono buoni clienti della nostra economia. Se i loro cittadini non potessero venire a lavorare da noi le ditte di questi paesi non sarebbero più invogliate ad ordinare macchinari ed altro in Svizzera. A farne le spese non saranno unicamente gli imprenditori che perderebbero dei mercati emergenti, ma pure gli operai che perderebbero il lavoro. Il nocciolo della questione sta proprio nel fatto che un no non significa che si possa continuare come se niente fosse. Evidentemente l’Ue non accetterebbe che i suoi cittadini venissero divisi in due categorie, l’una accolta in Svizzera, l’altra respinta. Se l’Ue mettesse in questione l’insieme degli accordi bilaterali ciò comporterebbe un brutto colpo per la Svizzera, per imprenditori, lavoratori e autorità. Detto questo non vorrei far credere che dopo un sì all’estensione della libera circolazione tutto andrà per il meglio. Tuttavia, ponderando bene i pro e i contro, gli effetti positivi per la Svizzera e la sua popolazione prevarranno. A una condizione: che i sindacati e i lavoratori si battano per far rispettare le misure d’accompagnamento e i loro diritti.

Pubblicato il 

09.09.05

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