di Gianfranco Helbling «Bisognerebbe metterli in una cabina telefonica e fare come hanno fatto ieri con Djindjic, farli fuori e la cosa è finita lì». Non ci sono più aggettivi per definire questa ennesima, immonda uscita pubblica del presidente a vita della Lega dei ticinesi Giuliano Bignasca. La frase è stata pronunciata giovedì scorso, all'indomani dell'assassinio del premier serbo Goran Djindjic, ai microfoni della Radio svizzera di lingua italiana, ed era riferita agli ambientalisti ticinesi. È un'affermazione che, per indecenza, fa il paio solo con una precedente oscenità dello stesso Bignasca, quella sull'“Hotel Auschwitz”, proferita in piena crisi sugli averi ebraici in giacenza nelle banche svizzere. Allora però la comunità ebraica svizzera aveva reagito con decisione all'insulto e la bassissima statura morale del Nano lo costrinse a pubbliche scuse di fronte al paese. In questo caso invece la reazione è decisamente più sottotono: a parte gli ambientalisti (cfr. le lettere a pagina 2), il Partito socialista, Dick Marty e pochi altri, il resto dell'élite ticinese accetta che Bignasca riduca a zerbino i valori democratici costitutivi di ogni società civile. Così, tre giorni dopo, domenica sera, Bignasca era ancora pimpante ospite della Tsi, impegnato non a pronunciare la parola «scuse», detta solo dal più che solerte moderatore Michele Fazioli, ma ad impedire che il sangue colandogli dal naso gli macchiasse la Lacoste. E addirittura, ventiquattr'ore più tardi, era sempre in diretta alla Tsi ospite di Claudio Mesoniat a parlare della vera natura dei popoli balcanici, popoli che hanno fortemente sofferto per trovare la democrazia e che lui quattro giorni prima aveva così pesantemente insultato. Forse in Ticino non ci si rende più conto dello scempio compiuto da Bignasca ai danni del dibattito civile. Vale allora la pena dare un'occhiata altrove. Per accorgersi ad esempio che martedì sera Giovanni Floris, il conduttore di “Ballarò” su Rai Tre, ha messo seccamente a tacere Carlo Giovanardi, attuale ministro del governo Berlusconi, che aveva definito «nazista» e «degno di Göbbels» un filmato passato nel corso della stessa trasmissione: perché, come ha detto Floris, con certe parole non si scherza. A Zurigo invece la campagna elettorale s'è infiammata la scorsa settimana perché la candidata della Lista alternativa Anja Peter ha detto pubblicamente che la consigliera di Stato dell'Udc Rita Fuhrer, responsabile dell'asilo, «espellerebbe anche Gesù». E la classe politica unanime ha condannato questo «scadimento del dibattito». Forse a Zurigo si sono dimostrati in questo caso troppo puritani. Ma i due esempi citati dimostrano quanto oggi in Ticino Bignasca spadroneggi sulla scenetta politica con metodi da gangster, beneficiando dell'interressato e complice silenzio di troppi indecenti compagni di merende. Al punto che, a differenza di Floris su Rai Tre, chi conduce i dibattiti politici alla Rtsi non vuole o non può più contrastare con decisione Bignasca e le sue immonde affermazioni: quasi che, nella migliore delle ipotesi, non si sentisse tutelato dai vertici dell'azienda e non percepisse il sostegno dell'opinione pubblica. Il danno fatto da Bignasca alla cultura politica e civile ticinese è ormai enorme. Sarebbe ora che tutta la classe politica e la sedicente élite culturale ed economica del Ticino si svegliassero da un sonno sempre più complice.Perché non basta più sperare che Bignasca in qualche modo esca prima o poi di scena da solo.

Pubblicato il 

21.03.03

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