Equa, sostenibile e ponderata. Enrico Borelli, segretario di Unia Ticino e Moesa, che cosa non le piace di questi aggettivi espressi da Vitta per giustificare la misura? È una proposta scollegata dalla realtà, minimalista e pericolosa. Essa contribuirà a un ulteriore livellamento verso il basso dei salari nel cantone. Un cantone che già conosce una profonda differenza dal resto del paese. Sdogana gli stipendi a tremila franchi, quando sappiamo benissimo che con questi livelli lo Stato deve intervenire in maniera sussidiaria perché con questi salari si fa semplicemente la fame. Ed è un problema per l’insieme della popolazione perché in un contesto di questo tipo sarà impossibile costruire un futuro dignitoso per le nuove generazioni. Fa specie che in un contesto di emergenza cantonale, evidenziato da tutti i parametri sociali, quali la disoccupazione Ilo, il crescente numero dei beneficiari dell’assistenza pubblica, l’indice di povertà nel cantone, arrivi la proposta del governo che sottolinea la crescente distanza tra il palazzo e la popolazione. Per queste ragioni abbiamo definito il giorno della proposta governativa un momento triste per i salariati e la popolazione di questo cantone. Il governo cantonale propone una forchetta da 18,75-19,25 franchi, Neuchâtel a 20 franchi, mentre le rivendicazioni di Unia erano di 21 franchi. Una battaglia che ruota attorno a due franchi? Vorrei precisare che i 21 franchi non erano la richiesta di Unia, perché noi rivendichiamo oltre i 4.000 franchi quale salario dignitoso per vivere decentemente. I 21 franchi sono frutto di una valutazione prudenziale alla luce della sentenza del Tribunale federale sul caso del Cantone Neuchâtel. È invece molto grave che il Cantone promuova dei salari addirittura inferiori ai minimi delle prestazioni comple- mentari dell’Avs/Ai, svilendo così il valore del lavoro e attaccando la dignità delle lavoratrici e lavoratori. È francamente inaccettabile. All’introduzione dei livelli salariali minimi, il governo affianca la volontà di rafforzare il partenariato sociale rafforzando il suo ruolo nell’Ufficio di conciliazione ed escludendo dall’obbligo di un minimo salariale i settori dove esistono dei contratti collettivi. L’aver escluso i ccl con dei salari indecorosi rappresenta un grosso problema perché nei fatti li legittima. Per quel che concerne il rafforzamento del ruolo dell’Ufficio di conciliazione per arrivare a dei ccl, le sue conseguenze le abbiamo viste al tavolo sul ccl vendita, dove organizzazioni sindacali assolutamente non rappresentative dei salariati pesavano nelle decisioni quanto quelle realmente rappresentative. Il grosso rischio che dobbiamo scongiurare è che ci siano sindacati disposti a sostenere il padronato nel sottoscrivere ccl per eludere le già basse retribuzioni della proposta governativa. Uno scenario che ci preoccupa molto, proprio perché lo abbiamo già visto in quel guscio vuoto che è il ccl della vendita, dove non esiste alcun progresso per venditrici e venditori. Definire un contratto collettivo di lavoro quello della vendita uscito da quel tavolo è quantomeno spregiudicato. Il padronato, espressosi positivamente sulla proposta governativa, si limita ad affermare che la misura favorisce i frontalieri. Un’affermazione falsa e irresponsabile, unicamente funzionale a mantenere lo statu quo. È vero l’esatto contrario. Se oggi abbiamo avuto un’esplosione nell’assunzione dei frontalieri è proprio perché non esistono dei paletti a determinati livelli salariali. Questo fa sì che un numero crescente di datori ragioni nelle scelte di assunzione unicamente in termini di bassi salari. Oggi dobbiamo suonare un’altra musica, quella di rafforzare i diritti delle salariate e dei salariati, e della popolazione che vive una situazione di grossa difficoltà. Ora il sindacato è davanti a una difficile scelta: opporsi alla proposta indegna del governo (rischiando di ritardare la sua introduzione) o accettarla turandosi il naso. Non possiamo costruire il futuro di questo cantone con la politica del meno peggio. La proposta governativa è scandalosa, il cui vero scopo è forse il mantenimento dello statu quo. Le ipotesi che valuteremo nelle nostre istanze sono due: referendum e lancio di un’iniziativa. Seguiremo molto attentamente il dibattito in Gran Consiglio al messaggio governativo, poi decideremo come agire.
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