Badanti sfruttate, interviene Unia

La penosa situazione che vivono le badanti polacche in Ticino, portata alla luce da un’inchiesta del nostro giornale, ha avuto echi. La redazione DOK & Reporter della SRF– canale televisivo nazionale – intende venire in Ticino per un reportage sulla vicenda. Intanto le lavoratrici, riunitesi in un collettivo, vengono sostenute da Unia, che ha intrapreso i necessari passi sindacali per tutelarle e ripristinare un quadro ora ai limiti dello sfruttamento.

 

La richiesta di aiuto e il grido di disperazione lanciati dalle badanti venute dall’Est in Ticino ­– che ad area lo scorso gennaio hanno raccontato la loro vita consumata in un regime di stress e di sovraccarico fisico (“siamo come schiave, lavoriamo 24 ore al giorno, senza diritti e con la minaccia di perdere il posto”) – non sono rimasti inascoltati. Il che consola il giornalista che vede uno sviluppo concreto del suo lavoro: quanto denunciato, partendo dal suicidio lo scorso dicembre a Massagno di una polacca allo stremo, non resterà lettera morta, ma è stato raccolto da Unia, che ha strutturato le basi per un piano d’intervento sindacale.


«È uno scenario drammatico quello che emerge, caratterizzato da una condizione di sfruttamento sistematico delle badanti: dal profilo etico ci sentiamo in dovere d’intervenire. È una questione che interpella tutta la società ticinese: le famiglie del luogo sono coloro che assumono queste immigrate, dotate tra l’altro di permessi in regola. Il problema è semmai che i contratti spesso non vengono rispettati proprio dai datori di lavoro, con l’imposizione alle donne di ore supplementari e tormentate condizioni di convivenza: sono questi gli aspetti da risolvere urgentemente. La soluzione migliore sarebbe realizzare un Contratto collettivo cantonale per le badanti, anche perché, considerato l’invecchiamento della popolazione, si tratta di una categoria professionale destinata a crescere e che va quindi integrata secondo migliori condizioni a favore di tutte le parti coivolte» spiega Enrico Borelli, segretario regionale di Unia Ticino.


Lo scorso 17 marzo alcuni sindacalisti di Unia, accompagnati proprio da Borelli, hanno incontrato a Lugano una settantina di badanti polacche che hanno esposto i nodi legati alla loro professione e le complicazioni, anche a livello comunicativo e pratico, talora riscontrate con famiglie e agenzie di collocamento, che sottovalutano la mole di lavoro cui sono sottoposte. Si tratta di un mestiere duro, il loro. Richiesti grandi sacrifici, un’infinita comprensione e sensibilità dovendo accudire anziani malati. Ma soprattutto si tratta di un impegno totalizzante: 24 ore su 24 sei lì a rispondere alle richieste di persone sofferenti che ti vogliono vicino di giorno e ti svegliano di notte. La badante, vivendo in casa del proprio datore di lavoro, non stacca mai davvero in un impegno monopolizzante, un turn-over che non concede tregua, né tempo per se stesse. In pratica non possono vivere la loro esistenza, costrette per necessità a occuparsi solo delle vite degli altri: quelle delle proprie famiglie in Polonia che mantengono e quelle degli anziani che assistono in condizioni oggettivamente pesanti.


Lavorano sotto stress, con la paura e la minaccia di perdere il posto («se non ti piace, sai come si fanno i bagagli »), di non essere più ricollocate e sovente in contesti solo formalmente legali. Le polacche, grazie agli accordi con l’Ue, hanno un regolare permesso di lavoro e non sono quindi clandestine. Il punto è che spesso sottoscrivono contratti con turni fittizi: «Ho un contratto per 4 ore al giorno e quadagno 1.800 franchi al mese, da cui me ne vengono tolti quasi la metà per le spese di vitto e alloggio: in tasca me ne restano mille. Il fatto è che io però lavoro sempre, 80 ore settimanali, e non certo quelle 4 ore al giorno che indica il contratto. Quando hai fame, prendi quello che c’è e trovi anche chi se ne approfitta» ha testimoniato una delle donne che abbiamo incontrato. Contratti falsi per pagarle meno. Un’altra badante ha ricordato l’esperienza presso una signora che non le permetteva di farsi la doccia e di lavarsi i vestiti perché «l’acqua costa».


«Abbiamo sottoposto un questionario alle badanti per studiare le condizioni di lavoro, ma anche per analizzare gli aspetti contrattuali e legali. Le questioni che affiorano sono comuni e generalizzate: a queste il sindacato intende dare risposte a livello contrattualistico e di verifica dell’applicazione delle norme » continua Enrico Borelli. In queste settimane è previsto un incontro con le tre principali agenzie di collocamento (“Opera Prima” che ha un mandato dal Cantone, “Dici Domestic Care” con sede nel canton Grigioni e la “Internursing” di Lugano) per chiarire alcuni aspetti fondamentali. Contatti anche con l’autorità cantonale e in particolare con l’Ispettorato del lavoro per procedere a controlli, sulla base dei quali potrà intervenire la Commissione tripartita.


In prospettiva l’obiettivo resta quello di un Contratto collettivo di lavoro cantonale specifico per le badanti, per rispondere in maniera mirata agli aspetti legati alla professione, che sono diversi da quelli del personale domestico.
Intanto, la vicenda sta facendo discutere anche oltre Gottardo. Un’équipe della televisione svizzero-tedesca scenderà in Ticino in aprile per documentarla.

 

Pubblicato il

27.03.2013 22:19
Raffaella Brignoni