L’idea comincia a circolare. Dopo Merz, ora ci si è messo anche Tito Tettamanti (Corriere del Ticino 14.02.04). Partendo dalle usuali prospettive finanziarie ed economiche, che implicano maggiori oneri per il primo pilastro, egli propone un cambiamento di sistema. L’Avs diverrebbe una «assicurazione per il minimo esistenziale» degli anziani: solo chi, durante il pensionamento, non disponesse di tale minimo con altri mezzi (secondo e terzo pilastro, redditi patrimoniali,…) percepirebbe la rendita. Tutti però pagherebbero i contributi (come tutti pagano l’assicurazione contro la disoccupazione, sperando di non averne bisogno). Con questo sistema, gli oneri scenderebbero (stima sua) ad un terzo circa di quelli attuali. Tettamanti è persona intelligente e colta. Tuttavia, in materia di protezione sociale, non riesce a prospettare il futuro se non con le ricette del passato. Nella storia più che secolare della protezione sociale, l’assistenza ne è stata la prima forma. Provando il bisogno, l’insufficienza delle proprie risorse per sopravvivere, si può ottenere una prestazione fino al minimo vitale. Questo sistema perdura ancora oggi, ma accanto ad altri: in Svizzera, solo il 6 per cento delle prestazioni sociali è basato sulla prova del bisogno. La seconda fase dello stato sociale è quella delle assicurazioni (da Bismark in poi). Si pagano dei premi e si ricevono delle prestazioni equivalenti, senza dovere esibire il proprio eventuale stato di povertà (Avs, disoccupazione, infortuni, …). Comprovare uno stato di bisogno è cosa che imbarazza i più, poiché associata ad un certo grado di stigma sociale: i sistemi di solidarietà dovrebbero evitare di intaccare l’autostima e la dignità delle persone. La terza fase di evoluzione dello stato sociale è incompiuta: è la “sicurezza sociale” nel senso, più preciso di quello comune, utilizzato dagli analisti. Essa presuppone prestazioni universali indipendenti dal reddito (tutti ne hanno diritto quando le circostanze impediscono di esercitare un’attività lucrativa: malattia, infortunio e invalidità, disoccupazione, infanzia, età avanzata). Sono prestazioni forfetarie che coprono almeno il minimo esistenziale (assegni per i figli, indennità in caso di malattia, infortunio e invalidità, assegno di disoccupazione, rendita di vecchiaia); possono essere integrate da assicurazioni complementari che, in funzione dei premi pagati, erogano risorse supplementari che permettono di stabilizzare nel tempo il tenore di vita (tipo previdenza professionale). Le prestazioni universali di sicurezza sociale esigono un finanziamento anch’esso universale. Tutti coloro che guadagnano contribuiscono con le imposte o, meglio, con uno specifico “contributo sociale” complessivo prelevato sui redditi da lavoro e da patrimonio, destinato esclusivamente al finanziamento della sicurezza sociale. Così intesa, la sicurezza sociale crea coesione; l’Avs per i poveri, invece, separa, stigmatizza, esclude.

Pubblicato il 

20.02.04

Edizione cartacea

Rubrica

Nessun articolo correlato