Non si può proprio dire che la Svizzera sia mai stata all’avanguardia nella costruzione dello Stato sociale. Fino alla seconda guerra mondiale la politica sociale della Confederazione aveva come unica preoccupazione quella di evitare la bancarotta dei comuni nei periodi di crisi. Erano infatti i comuni di origine dei cittadini svizzeri a dover sopportare le spese derivanti dall’assistenza alle persone indigenti. Molti comuni, soprattutto quelli di montagna, non potevano certo permettersi di largheggiare e l’assistenza ai nullatenenti si limitava spesso alla nuda sopravvivenza. La situazione diventa tragica durante la Prima Guerra mondiale: la mobilitazione, l’inflazione galoppante e licenziamenti a catena operati dalle aziende riducono le fasce dei lavoratori dipendenti in miseria. La crisi economica e lo sciopero generale del 1918 portano ad un nuovo fervore nelle proposte sociali. Esse però si infrangono puntualmente tutte scontrandosi con l’opposizione dei circoli economici e dei partiti borghesi. I progetti per un’assicurazione sulla vecchiaia o un’assicurazione contro la disoccupazione restano lettera morta. Solo i dipendenti della Confederazione ottengono nel 1921 una cassa di previdenza sociale. Se è vero che nel 1925 viene inserito nella Costituzione il principio di un’Assicurazione vecchiaia e superstiti (Avs), si può parlare di una vera e propria politica sociale della Confederazione solo a partire dalla Seconda Guerra mondiale. Paradossalmente è proprio la particolare situazione di disagio imposta dal periodo bellico a rendere possibili alcune innovazioni. Gli uomini sono al fronte, moltissimi lavoratori dipendenti perdono il loro posto e l’emergenza sociale è grave. Un gran numero di famiglie rimane senza una fonte di reddito che ne garantisca il sostentamento. Grazie ai pieni poteri che il Consiglio Federale detiene in caso di conflitto, il Governo elvetico impone un’assicurazione sulla perdita di guadagno basata sul principio di solidarietà: chi ha il privilegio di poter lavorare e guadagnare è tenuto a versare una parte dei propri proventi (4 per cento, di cui, per i lavoratori dipendenti, la metà è a carico del datore di lavoro) a favore di chi non può lavorare perché impegnato nella difesa del Paese. La stessa formula basata sulla solidarietà è applicata all’Avs, che otterrà un trionfale successo nella votazione popolare del 6 luglio 1947: due terzi dei votanti si esprimono a favore dell’assicurazione sociale. Un successo popolare mai visto prima! Oggi i dati del problema sembrano ribaltati. Se l’affermazione delle assicurazioni sociali è stata lenta e difficile (in alcuni casi, come quello dell’Assicurazione maternità addirittura letargica), la limitazione progressiva del principio di solidarietà si impone molto più velocemente. È almeno quanto appare osservando gli effetti della“Couchepinnizzazione” (leggi smantellamento) dello Stato sociale.

Pubblicato il 

11.07.03

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