Avs 21, un affronto alle donne

Uno schiaffo alle donne e alle fasce meno abbienti della nostra società. Questo è la nuova riforma dell’Avs proposta dal Consiglio federale. Si fa per dire “nuova”, perché la ricetta (annunciata già in luglio e contenuta nel messaggio licenziato pochi giorni fa) è sempre la stessa da ormai vent’anni: innalzamento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne e aumento dell’Iva, la tassa anti-sociale per eccellenza. Di nuove idee non si vede nemmeno l’ombra.

Il prezzo di questa riforma Avs 21 che mira «a garantire il finanziamento dell’Avs fino al 2030», lo pagherebbero innanzitutto le donne. Quelle stesse donne che già patiscono per il livello delle rendite globalmente molto inferiore a quello degli uomini e che già sovvenzionano abbondantemente l’economia svizzera attraverso il lavoro gratuito prestato in ambito domestico e per la cura di figli e parenti. L’«armonizzazione dell’età di riferimento» per uomini e donne a 65 anni è un affronto alle protagoniste dello sciopero femminista del 14 giugno scorso, la più grande mobilitazione della storia recente di questo Paese: alla domanda forte di uguaglianza, il ministro (socialista) Alain Berset e i suoi colleghi di governo, senza pudore, rispondono con un’operazione di egualitarismo di facciata. Un’operazione già fallita per ben tre volte negli ultimi 15 anni e che ora viene riproposta: un segno di povertà di idee e di disprezzo della volontà popolare.


Anche il previsto aumento dell’Iva di 0,7 punti è una ricetta vecchia e socialmente ingiusta, perché l’imposta sui consumi (uguale per tutti, ricchi e poveri) va soprattutto a pesare sul budget delle persone e delle famiglie con redditi modesti.


Una riforma che, oltre a non affrontare la questione urgente del livello delle rendite, ferme al palo da 40 anni, al problema reale dell’invecchiamento della popolazione risponde con le misure più banali, più ingiuste, più dannose e più estranee alla realtà del mondo del lavoro. Eppure alternative socialmente ed eticamente più giuste ve ne sarebbero. Perché non pensare per esempio – come suggerisce l’economista Sergio Rossi – a eliminare il versamento delle rendite ai pensionati con un patrimonio che oltrepassa una certa soglia? O a stabilire l’età di pensionamento tenendo conto di criteri come gli anni e il tipo di lavoro? O a nuove fonti di finanziamento come l’imposizione dei proprietari di robot che rimpiazzano il lavoro dell’uomo con delle macchine intelligenti solo per aumentare i profitti?
Ma la destra economica e politica che ci governa evidentemente non ne vuole sapere.

Pubblicato il

30.08.2019 09:40
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