La vicinanza della festa del Natale, al di là del contenuto specifico che ognuno le dà, ci fornisce lo spunto per queste considerazioni. Saranno pure le ultime di quest’anno e, pertanto, sembrano quasi designate a essere annotazioni di rendiconto. Un dato ci pare caratterizzare il periodo che stiamo vivendo: l’attesa. Infatti, aspettiamo che giungano le Festività Natalizie, con il loro corollario di visite, doni e occasioni d’incontro. Ma forse attendiamo ancor più l’Epifania, che secondo il detto popolare “tutte le feste porta via”, in particolare se si considera l’aumento dello stress e della mole di lavoro per numerose categorie professionali a causa, ad esempio, delle aperture straordinarie dei negozi. Infine, aspettiamo con una certa curiosità la conclusione dell’anno e l’inizio di quello nuovo. In sede di bilancio, per i dodici mesi passati, tanti sarebbero gli avvenimenti da evocare e sottoporre al vaglio. Ci limiteremo perciò a ricordare la grande ombra che ci ha accompagnato sin qui. È un dato preoccupante, a cui ha però fatto eco puntuale una speranza. Motivo di preoccupazione nel corso dell’intero anno è stata la minaccia di una seconda guerra contro l’Iraq. Grazie a Dio non è stata messa completamente in atto. Precisiamo però “non completamente”, perché in realtà la coalizione anglo-americana ha continuato a bombardare il Nord e il Sud del paese di Saddam Hussein. Purtroppo nessuno ha sollevato il dubbio sulla liceità e sull’efficacia di simili interventi militari. In tale frangente, non è neppure troppo paradossale che il Raiss di Baghdad sia riuscito a consolidare il suo potere, in barba a quanti stanno cercando in tutti i modi di eliminarlo, non solo sul piano politico. A ben vedere, l’attesa che la guerra non ricominciasse non è stata un’attitudine positiva, perché segnata dalla paura che il conflitto armato provochi ulteriori attacchi terroristici di matrice islamista. Si sa che, in genere, il timore non è un consigliere saggio. Tuttavia, ai rombi dei bombardieri – ed è un motivo di speranza – si sono opposte sempre più forti le voci del dissenso pacifista. Anche dalle nostre parti, si è consolidato il movimento di protesta contro i progetti bellici di americani e soci. Che siano gli appelli di pace ad avere avuto sinora la meglio, è senza dubbio un punto a favore di una soluzione politica del contenzioso. E c’è quindi da augurarsi che il prossimo Natale porti al cristiano metodista George W. Bush una generosa dose di buon senso e ragionevolezza. Che finora non ne abbia mostrati molti nell’affrontare la crisi mediorientale è da attribuire al deficit dei conti annuali del pianeta! C’è da auspicarsi allora di cuore che il 2003 cominci all’insegna di preventivi in equilibrio. L’attesa di tempi migliori e l’impegno per la loro concretizzazione inizia ora. Buon Natale in pace!

Pubblicato il 

20.12.02

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