Atomo, il no possibile

Chi vuole sbarazzarsi dell’energia nucleare? Risposta facile: gli ambientalisti e le lobby anti-atomo. A Ginevra, il fronte dei “no nuclear” vede in prima linea l’associazione Contratom, tornata alla ribalta con una proposta provocatoria: liberare il cantone dalla corrente elettronucleare. Sarebbero sufficienti appena due milioni di franchi all’anno per ridurre a zero l’uso di questa fonte di energia, affermano gli attivisti ginevrini. Una somma che il coordinamento dell’associazione ricava da un calcolo semplice: abbandonare il nucleare significa rinunciare agli sconti sugli acquisti che questo tipo di energia consente (contrariamente all’energia idraulica o di altra derivazione). Per il Cantone di Ginevra la rimessa sulla corrente elettronucleare è stata valutata appunto a circa due milioni. Si tratterebbe allora di poca cosa rispetto ai costi, circa 70 milioni, che avrebbe generato in cinque anni l’adeguamento del mercato alla liberalizzazione dell’energia elettrica. Con il rifiuto della Lmee (Legge sul mercato dell’energia elettrica) gli svizzeri hanno dato una grossa mano agli ambientalisti, che ora spingono per dare una svolta alla politica energetica del paese. La proposta di Contratom, illustrata nel numero di ottobre della rivista omonima, interviene in un momento in cui l’energia nucleare provoca, in Svizzera, un fenomeno di chiara repulsione. Il duplice e secco “no” dei cittadini del semicantone di Nidwaldo al deposito di scorie radioattive nel loro territorio ha dato una scossa al Parlamento, che sta mettendo a punto una nuova legge sull’energia atomica. Le Camere federali hanno da tempo fatto capire da che parte stanno: con le lobby nucleari. Il testo di legge che deputati e senatori elvetici tengono tra le mani servirà da contro-progetto a due iniziative popolari anti-nucleari: “moratoria più” (sospendere la costruzione di centrali per dieci anni) e “corrente senza nucleare” (abbandonare progressivamente l’energia atomica). La proposta di Contratom è un nuovo guanto di sfida per i “pro-atomo”, industriali e politici che tendono a incrementare, contro la volontà popolare, la quantità di corrente nucleare ad uso domestico. L’associazione, che punta a liberare la Svizzera dall’energia atomica, vuole cominciare da Ginevra, Cantone in cui il consumo elettronucleare si situa al 12 per cento, a fronte del 40 per cento sul piano nazionale. Se cominciare dalla Città di Calvino si profila come un’opzione facile a livello dei costi, resta però da sciogliere un ingarbugliato nodo politico. Prima del voto sulla Lmee, l’azienda pubblica cantonale, il Sig (Services industriels de Genève), ha siglato alcuni accordi con grossisti e operatori europei, sull’acquisto di energia elettronucleare, speculando sull’esito favorevole dello scrutinio. Ora il Sig non ha vie d’uscita. La volontà degli elettori costringe l’azienda a rescindere i contratti conclusi vendendo proverbialmente la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. Come annunciare ai gruppi europei che gli accordi non saranno rispettati? I vertici del monopolio cantonale attendono ora che il Governo ginevrino li assecondi in questa operazione politicamente e commercialmente delicata. Dal canto suo, il titolare degli Interni e dell’Energia, l’ambientalista Robert Cramer, ha lasciato intendere che il suo dipartimento non sarà coinvolto in questa fase, come non lo è stato durante le contrattazioni con i gruppi esteri. Questa situazione di stallo frena gli impeti di Contratom. L’associazione preme perché la situazione venga sbloccata. L’iniziativa del ministro sarebbe in tal senso più che benvenuta. Aiutando il Sig a rinunciare all’acquisto di energia elettronucleare “libera” (non sottomessa alla normativa elvetica), conformandosi quindi alla volontà popolare, il Governo darebbe un segnale chiaro alle lobby anti-atomo. Il gesto del ministro ambientalista, però, non accenna ancora a manifestarsi.

Pubblicato il

01.11.2002 02:30
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