I poveri e le spese d’assistenza aumentano, i bilanci pubblici si sbilanciano. Per contenere le spese ci sono due vie: diminuire il numero di beneficiari, ridurre le prestazioni.
Lo scorso 3 dicembre, la Conferenza svizzera dell’azione sociale ha adottato le nuove direttive per l’assistenza, con l’intento di percorrere simultaneamente le due vie. Il risultato è un grosso pasticcio.
La prima riforma riduce le prestazioni. Si diminuisce dell’11 per cento il forfait destinato alla copertura del fabbisogno di base (esclusa la pigione e la cassa malati): per una persona sola, da 1’076 a 960 fr./mese. Sino ad oggi, la base di calcolo era il tenore di vita del 20 per cento più povero della popolazione; ora quello del 10 per cento. Con i nuovi limiti, i poveri “diminuiranno”: è come truccare il termometro per ridurre gli ammalati.
La seconda riforma deriva dalla cattiva coscienza per la prima. Viene introdotto un “supplemento d’integrazione” (da 100 a 300 fr./mese) per ogni persona di oltre 15 anni che si impegna a fornire una “controprestazione”: formazione, apprendistato, programmi di occupazione, volontariato... Chi non può “meritarsi” il supplemento (perché ammalato, invalido, anziano, oberato dalla cura dei figli, o perché non vi sono “programmi d’inserimento” in cui coinvolgerlo) ha comunque diritto al supplemento minimo. In definitiva, tutti ne beneficieranno, salvo i “recalcitranti”. Questo supplemento compensa la riduzione del forfait. Il problema è che ne può beneficiare solo chi ha un “reddito disponibile residuale” (Rdr: reddito netto meno premio cassa malati e pigione) inferiore al fabbisogno di base di 960 fr./mese ed è ammesso all’assistenza. Conviene quindi avere meno di quel reddito soglia: la disponibilità finale sarà maggiore di quella di chi ne ha poco di più.
La terza riforma mira a ridurre i beneficiari di prestazioni incentivandoli a lavorare. L’incentivo adottato è chiamato “franchigia sul reddito da lavoro”: chi contribuisce alla copertura del suo fabbisogno lavorando riceve una prestazione maggiorata (da 400 a 700 fr./mese) rispetto a chi non lavora. L’incentivo così concepito è assurdo. Infatti, se un lavoratore consegue un reddito netto di 2’000 fr./mese e paga 200 fr. di cassa malati e 800 di pigione, il suo Rdr è di 1’000 fr.: più dei 960 fr. del fabbisogno di base, ed è quindi escluso dall’assistenza. Se invece guadagnasse 1’900 fr., il suo Rdr sarebbe di 900 fr. e potrebbe beneficiare delle prestazioni: 60 fr. di prestazione ordinaria (960 - 900) e 400 fr. di “franchigia”: il suo Rdr salirebbe a 1’360 fr. (900+60+400), più di quello del lavoratore escluso dall’assistenza!
Decisamente, la formula magica per risparmiare sui poveri e investire nella loro autonomia non è ancora stata trovata…
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