Assassinare Arafat?

Le notizie di questi ultimi giorni dal Medio Oriente ci mettono a confronto con una prassi che si pensava del tutto dimenticata. Il governo israeliano, presieduto da Ariel Sharon, propone non solo la deposizione di Arafat, ma anche la sua eliminazione fisica, se ciò si rivelasse indispensabile per la sopravvivenza e la sicurezza dello stato d’Israele. In genere si è sempre detto «governo ladro», ora si dovrebbe dire «governo assassino»? Sono in molti nel mondo oggi a pensarlo e la condanna morale del discorso ufficiale israeliano è molto diffusa, e non solo a sinistra. Proprio mentre scrivo mi arriva la notizia di un tentativo fatto all’Onu di formulare una risoluzione che condanni chiaramente i propositi del governo israeliano mettendono in una situazione di illegalità rispetto al diritto internazionale. C’è anche chi si aspetta perlomeno un’astensione da parte degli Stati Uniti qualora tale risoluzione passasse ai voti. Ma torniamo con i piedi per terra: un amico africano con cui discuto di queste cose mi dice senza mezzi termini che gli Stati Uniti non potranno astenersi, ma dovranno votare chiaramente contro una tale risoluzione, anche se diplomaticamente potrebbero trarre vantaggio da una posizione più elastica al riguardo. Perchè ? La risposta è facile: come possono gli Stati Uniti dare lezione di moralità politica se il loro presidente ha chiesto esplicitamente la liquidazione fisica di Sadam Hussein e ne ha ucciso due figli in circostanze non ancora del tutto chiare. Non intendo evidentemente difendere o ancora peggio assolvere la dittatura irachena. Voglio solo attirare l’attenzione sul fatto che la richiesta pubblica e ufficiale di morte dell’avversario politico è entrata nei costumi anche di antiche repubbliche e non sembra più essere argomento di scandalo. Non rimane che costatare anche una logica del tutto degenere: se si chiede la morte dell’avversario politico e non si ricorre a una procedura democratica e legale, allora è facile anche combattere la creazione di tribunali internazionali che prevedono processi equi anche ai dittatori più feroci e criminali. Allora tutto è bloccato? Penso di no, non solo a causa di un ottimismo endogeno a chi crede in ideali etici, ma anche per motivi strategico-politici. Il momento è propizio. Gli Stati Uniti hanno bisogno di un aiuto militare e politico per gestire la polveriera del medio oriente senza perdere la faccia. Un’Europa intelligente potrebbe alzare il prezzo della propria collaborazione non tanto in termini di contropotere quanto di richiesta di standard etici minimi nella gestione dei conflitti che lacerano il mondo.

Pubblicato il

19.09.2003 13:00
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