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Assalto al salario minimo europeo

L’avvocato generale dell’UE sostiene l’annullamento della direttiva chiesto dalla Danimarca, ma sindacati e giuristi contestano: dietro il ricorso si muove una potente lobby imprenditoriale

Per l’Europa sociale l’anno è iniziato con una botta: il 14 gennaio, l’avvocato generale dell’UE Nicholas Emiliou ha raccomandato alla Corte di giustizia europea di annullare la direttiva sul salario minimo. Una richiesta a sostegno di un ricorso della Danimarca contro il Parlamento e il Consiglio dell’UE, in quanto la loro direttiva sul salario minimo minerebbe l’autonomia delle parti sociali nazionali.

 

Secondo le prime valutazioni giuridiche, la causa non dovrebbe avere successo: per Claire Kilpatrick e Marc Steiert dell’Istituto universitario europeo di Firenze, le argomentazioni di Emiliou poggiano su piedi d’argilla. Anche la Confederazione europea dei sindacati (CES) ritiene improbabile che la Corte di giustizia europea accolga il ricorso. La direttiva mira piuttosto, attraverso misure di politica sociale, a garantire un “tenore di vita dignitoso” a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori in Europa. Ciò comprende progetti per garantire a un maggior numero possibile di salariati la protezione di un contratto collettivo di lavoro. Inoltre, i Paesi che hanno salari minimi legali in futuro devono adeguarli regolarmente e fare in modo che garantiscano il minimo esistenziale. E poiché questa disposizione va applicata, tutti i Paesi dell’UE saranno obbligati a rafforzare la protezione dei salari.

 

Tuttavia, l’esito della causa rimane aperto, soprattutto perché dietro l’attacco alla direttiva sul salario minimo c’è una potente lobby. Sin dall’inizio, BusinessEurope, che riunisce 41 associazioni nazionali di rappresentanza delle imprese (tra cui l’Unione svizzera degli imprenditori), ha giocato tutto sul piano giuridico. E nella procedura legislativa ha fallito miseramente.

 

Per l’avvocato Emiliou, è compito del tribunale dell’UE risolvere i problemi derivanti da formulazioni poco chiare nei trattati dell’Unione, poiché essa è fondata sullo stato di diritto. Opportunisticamente non cita il valore della democrazia, che nel Trattato europeo è menzionato prima dello Stato di diritto.

 

Il fatto che le parti sociali preferiscano misure di politica sociale e del lavoro a livello nazionale o europeo non dipende da principi astratti, ma dall’orientamento delle misure proposte. La Corte di giustizia europea dovrebbe quindi accettare il risultato del processo legislativo dell’UE. A questo dibattito democratico hanno partecipato non solo il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri, ma anche la CES e BusinessEurope in qualità di parti sociali, nonché molti parlamenti nazionali. Tra l’altro, anche Nicholas Emiliou, in qualità di ex rappresentante permanente di Cipro nel Consiglio dei ministri, è stato coinvolto in questo processo politico, che ora attacca in sede legale.

Pubblicato il

06.02.2025 13:41
Roland Erne
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