Oltre frontiera si ferma il traffico, si riscopre il gusto antico di aggirarsi in città senza rischiare di essere travolti da un mezzo meccanico a spinta fossile. L’aria nelle città italiane sarebbe inquinata dalle polveri fini al punto tale che le amministrazioni cittadine, certamente non inclini all’ecologismo estremista, mettono mano all’ultimo tabù sociale rimasto: quello della libera circolazione motorizzata. Questo succede anche a pochi passi dal nostro confine: a Como, Varese, Novara… Da noi invece no! Chiaramente le polveri fini, non dotate dei necessari documenti, sprovviste di autorizzazioni, e senza un chiaro motivo per voler entrare nel nostro paese, devono essere state fermate alla frontiera dai solerti funzionari che difendono, a costo della vita, i sacri confini. Forse la ramina ha delle qualità che ignoravamo: essa è probabilmente in grado di bloccare il CO, di filtrare le polveri, concedendo a Stabio un’aria molto migliore di quella che si respira a Cantello. Oppure la spiegazione è un’altra. Dio è ticinese, o più probabilmente svizzero tedesco, e sta organizzando i venti, gli elementi e tutto il creato in funzione di un unico risultato: la difesa del nostro spazio aereo dalla minaccia dell’inquinamento. Che la pianura lombarda, peccaminosa e gaudente soffochi pure, dev’essersi detta l’adirata divinità. Ma che sia salvata l’operosa Svizzera timorata di Dio. Altrimenti che altre spiegazioni potrebbero esserci per il fatto che mentre nel nord Italia le città vengono ripetutamente chiuse al traffico, da noi si continui a respirare come se ci trovassimo in un sanatorio in Tibet? Mi chiedevo queste cose, nell’altro senso, anche nell’86, ai tempi di Chernobyl, quando le trote erano pericolose da pescare in Svizzera e del tutto innocue in Italia. Anche lì certamente ci doveva essere qualche spiegazione. Forse le trote italiane avevano una dieta meno sana, oppure quelle svizzere godevano di uno statuto di neutralità che, pur risalendo al 1815, evidentemente le aveva protette dai nano-curies e dallo stronzio. Ora, quindici anni dopo, siamo alle solite. Paesi distanti poche decine di metri, città lontane tra loro qualche chilometro, emettono regolamentazioni diametralmente opposte, quasi che si trovassero rispettivamente in Australia e al Polo Nord. Io non ho niente, contro le polveri fini. D’altronde, sono fini. Fossero grossolane, mi darebbero più fastidio. Ma quel che mi urta veramente è sentire ricominciare il balletto idiota sulle soglie di rischio, i limiti dell’ordinanza federale, e altre amenità di questo tipo. Insomma, oltre che avvelenati, siamo anche delicatamente presi per i fondelli. Perché quel che stanno facendo è cercare di farci credere che l’aria di Chiasso è migliore di quella di Como. Magari tra un paio di settimane ce la faranno: per ora non siamo ancora intossicati abbastanza.

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18.01.02

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