Argo 1, è dumping di Stato

La logica del minor prezzo produce illegalità. Le responsabilità del committente sulle conseguenze dai risvolti penali.

L'arresto del titolare-direttore dell'agenzia di sicurezza Argo 1 scoperchia la superficialità del Dipartimento di Paolo Beltraminelli nell'attribuire dei mandati a ditte sconosciute purché siano a prezzi stracciati, con buona pace dello sfruttamento del personale, della concorrenza sleale, della qualità delle prestazioni e dei richiedenti l'asilo che lo subiscono. In modo molto anomalo, tutto è stato taciuto al Governo, Gran consiglio e ai cittadini. Delle conseguenze di quel prezzo stracciato, ne scriviamo nelle righe che seguono. Sulle ombre di quel mandato, vi rimandiamo all'articolo correlato "storia di un mandato sospetto" sulla destra.

 

Il 22 febbraio il direttore operativo di Argo 1 è stato arrestato dalla procuratrice Margherita Lanzillo per i reati ipotizzati di usura e sequestro di persona. Lo stesso giorno la Procura federale ordina l’arresto di un dipendente della medesima agenzia di sicurezza accusato di propaganda per lo Stato Islamico. L’arresto del presunto simpatizzante dell’Isis è dovuto a segnalazioni dall’Italia per contatti con altri indagati. Quello del titolare-direttore dell’Argo 1, detto il Capitano, è frutto di segnalazioni in Procura rese dai dipendenti sostenuti da sindacalisti di Unia. La goccia che ha fatto traboccare il vaso e spinto i dipendenti a rompere lo stato di sottomissione al Capitano, è stato il trattamento riservato a un ragazzo minorenne richiedente l’asilo.  Rientrato alticcio al Centro di Camorino, il ragazzo è stato ammanettato a un tubo di una doccia e lasciato così per diverse ore. A ergersi giudici sulla punizione da infliggere al ragazzo, sarebbero stati il Capitano e due agenti della polizia cantonale presenti sul posto. Il Ministero pubblico sta indagando per accertare le singole responsabilità del Capitano e dei due agenti di polizia. Inoltre, la Procura sta verificando se altri episodi simili siano accaduti nei centri affidati alla Argo 1 dal Cantone.


Scoppia così lo scandalo Argo 1, una ditta nata quando il Dipartimento sanità e socialità diretto da Beltraminelli le ha affidato dei mandati per 3,4 milioni di franchi di cui non c’è traccia nei conti cantonali. In un periodo in cui molte famiglie sono state messe in difficoltà per dei tagli voluti dalla maggioranza politica, la popolazione s’indigna nel vedere la superficialità e leggerezza con cui il Dss spende tre milioni di franchi senza controlli.


Vi è però da chiedersi: quei 3,4 milioni di franchi di mandato diretto corrispondono al giusto prezzo? Perché se stracciato (come ammesso da Beltraminelli) è lo stesso Cantone a creare dumping e concorrenza sleale nel ramo. Peggio ancora, si creano le premesse per indurre le persone a delinquere perché economicamente è difficile sopravvivere, impossibile guadagnarci.


La tariffa oraria concordata tra Dss e Argo 1 era di 35 franchi. «La paga minima del Ccl, obbligatoria per legge per quel tipo di servizio è di circa 26 franchi» spiega Oswaldo Formato, responsabile di Unia Ticino per il settore. «Riuscire a coprire gli oneri sociali, le spese amministrative, di gestione aziendale e ricavarci un profitto nei nove franchi rimanenti, è una missione impossibile». In altre parole, un committente che pratica un simile prezzo istiga l’appaltatore a delinquere se vuole sopravvivere o trarre guadagno. Cosa che i dirigenti Argo avrebbero fatto. In che modo? Il primo era impiegare gli agenti molte più ore di quelle autorizzate (tipo turni di 10-12 ore per sei o sette giorni la settimana), saldandogli poi una parte di ore coi crismi di legge e la parte restante in nero. Il guadagno sta nel mancato pagamento degli oneri sociali e nelle ore attribuite in modo fittizio ai due titolari quando invece quei turni erano coperti dai dipendenti. Il Capitano, ora in carcere, si attribuiva spesso oltre 300 ore mensili, equivalenti a lavorare dieci ore per trenta giorni consecutivi. Anche l’altro titolare, l’amministratore unico, figurava nei turni sebbene, stando alle testimonianze, non ne avesse mai svolto uno.


Sul piano penale, la Procura pare intenzionata a derubricare l’ipotesi di usura nei confronti del Capitano, privilegiando gli aspetti penali e civili derivanti dal pagamento in nero. Reati per cui, oltre al Capitano, anche l’amministratore unico di Argo 1 risulterebbe tra gli indagati.


A detta delle testimonianze, l’attribuzione delle ore consentiva di mantenere i dipendenti in stato di forte sudditanza. Chi osava accennare una minima contrarietà allo stile di conduzione del Capitano il mese seguente veniva punito con zero ore e dunque senza pagnotta da portare a casa. «Quando assieme ai colleghi abbiamo vuotato il sacco in Procura, ho provato un gran sollievo. Oggi ho perso il lavoro, ma ho ritrovato la dignità. Vivevo in una bolla, incapace di reagire per paura di perdere tutto» afferma un ex dipendente della Argo 1.


Scoppiato il bubbone, quegli stessi ex dipendenti oggi alla ricerca di lavoro vengono male accolti quando citano il nome del loro ex datore di lavoro. Eppure era stata proprio la loro professionalità a indurre i comuni di Lumino e Lavizzara a esprimere quei giudizi lusinghieri sull’operato della Argo 1 riferiti da Beltraminelli. «I meriti conferiti all’azienda sono da attribuire agli agenti che hanno lavorato bene, tessendo dei buoni rapporti coi rifugiati e la popolazione locale, facendo anche da tramite. Quando poi le angherie non erano più rivolte unicamente nei loro confronti, ma estese ai richiedenti e ai minorenni, sono scoppiati e noi li abbiamo aiutati» spiega il sindacalista Formato.

Pubblicato il

16.03.2017 11:04
Francesco Bonsaver

Storia di un mandato sospetto

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