Il progetto premiato ad Ascona per un nuovo centro turistico e culturale piace a molti per la sua qualità architettonica e piace a pochi per la sua mole. Una grande sala di 1’200 posti per concerti e congressi posa sopra un edificio rettangolare di tre piani contenente l’ingresso, gli uffici, il negozio, la sede della polizia al piano terreno e generosi spazi espositivi per mostre d’arte nei piani superiori, Gli architetti inglesi Adam Caruso e Peter St. John hanno battuto sul finale i loro colleghi finalisti, l’anglo-irachena Zaha Hadid e lo zurighese Peter Märkli, per il carattere deciso e imponente del loro progetto (tutto in un solo blocco) e per l’alto gusto del loro disegno. Essi si sono rivelati degni successori della grande modernità architettonica anglo-sassone (Smithson, Stirling, …) che ha sempre evitato le composizioni e le simmetrie perentorie, le maniere un po’ scolastiche e i volumi semplificati degli architetti continentali (nordici esclusi). Gli inglesi in genere commettono “errori”, infrangono i precetti, compiono innesti strani e ibridazioni inedite tra antico e moderno, in maniera sottile. Sono insomma degli empirici ricercati che arrivano qualche volta a sfiorare il dandysmo. Ma queste sono questioni d’architettura un po’ sofisticate. Qui interessa in primo luogo la questione del territorio. La nuova “corona” di Ascona supererà l’esile campanile del Papio, si eleverà come una montagna scintillante di marmo di Peccia al di sopra dei tetti dell’antico borgo: una sorta di elegante gigante, fuori dalle dimensioni storiche dei paesi del Verbano. Ora l’arrivo dei giganti architettonici è ormai imminente un po’ dappertutto. A Campione d’Italia il mostro è già arrivato. Con un disegno virtuoso e misure eccezionali, raggiunge quasi le vicine rocce di Pugerna e le soprastanti devastate rovine dell’antico monastero (oggi porcile) di Sant’Evasio. A Giubiasco arriverà prossimamente, se gli attivisti del Mai non riusciranno a fermarlo prima. Nella “metropoli alpina” di Davos sorgerà presto sullo Schatzalp una torre residenziale di 105 metri d’altezza (costo: 160 milioni di franchi, disegno dei bravi architetti basilesi Herzog e De Meuron) definita dal governo grigionese un’”unione riuscita tra tradizione e modernità”. Di questo passo, nel giro di una trentina d’anni, il territorio si presenterà pressappoco così: sui fondivalle strade, svincoli, rotonde, autosili, grandi centri commerciali, case d’appartamenti trasformate in bordelli di massa, centri per asilanti, scuole, capannoni ed esposizioni di automobili. Sulle fasce pedemontane ville, villette, villettine, villini e villoni. Qua e là grumi di vecchi tessuti (i nuclei storici) assediati da ogni parte e rosicchiati subdolamente al loro interno. A partire dai 600 metri di altitudine fino alle cime delle montagne, strade e stradine d’accesso, piste, impianti di risalita, slittovie, baracche e rustici del tempo libero, falconare, tralicci ed antenne di ogni foggia e dimensione, antichi oratori e cappellette per le sagre d’agosto. In mezzo a tutto questo, ogni tanto, un gigante: un evento architettonico per stupire: secondo quanto ha scritto Mario Botta sul Corriere della sera del 25 gennaio 2006: «È del poeta il fin la maraviglia, sosteneva quattro secoli fa Giovan Battista Marino, al culmine dell’estetica barocca. Ma forse si potrebbe sostenere lo stesso oggi, anche in riferimento all’architettura... E chi non riesce ad emozionarci?… (sempre il Marino): chi non sa far stupir vada alla striglia». Qualcuno dirà che esagero. Può anche darsi ma le esagerazioni servono spesso per rivelare, con tono un po’ più energico, la realtà.

Pubblicato il 

17.02.06

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