Il fenomeno dell'architettura ticinese, vanto del Cantone negli anni addietro, sembra scricchiolare. Parrebbe che alcuni esponenti di quella scuola estetica definita, forse impropriamente, «razionalismo ticinese», stiano, negli ultimi tempi, involvendo in una fase di reiterata decadenza, sia formale, e quindi puramente architettonica, sia strutturale, interna. Nel momento cioè della mancanza di carburante creativo, corrisponderebbe un'impennata dell'azione politica di alcuni architetti, tendente al diritto esclusivo del settore, al nepotismo, alla torbida assegnazione di certi mandati, e così via. Il che porterebbe all'annientamento del dibattito artistico. Ovviamente, è noto che un architetto non vive solo di momenti espressivi, ma che deve anche concentrarsi sulla promozione della propria opera tramite relazioni pubbliche e contatti manageriali. Il gioco però si fa nauseante quando si superano i limiti della decenza, e cioè quando si approda, a suon di «gomitate», ad uno stato di «monopolio» di alcuni professionisti (l'espressione «monopolio» è dell'architetto bellinzonese Filippo Broggini ed è apparsa in una lettera aperta su «laRegione» prima e in una sua intervista su «il Caffè» poi). Abbiamo chiesto così al presidente della Sia sezione Ticino (Società svizzera degli ingegneri e degli architetti), Attilio Panzeri, di far luce laddove il buio si fa adombrante. C'è sempre stato chi ha monopolizzato un certo settore dei mandati. Questo dunque non è un fatto attribuibile unicamente alla storia contemporanea, ma soprattutto al passato. Quindi condivido in parte quello che ha detto Broggini. Comunque vero è che c'è il monopolio, e ci sono gli architetti del potere. Questo però non comporta il fatto che siano tutti incompetenti. Anzi, fra essi, alcuni buoni architetti contribuiscono a divulgare, appunto, una buona cultura. Il che serve anche a sensibilizzare la committenza. Quanto poi al fatto che ad un esaurimento della creatività e ad un conseguente abbassamento della qualità dell'architettura espressa, porti ad un inasprimento e difesa della posizione politica di alcuni architetti, cosa può dire? Credo che valga lo stesso discorso appena espresso: non siamo di fronte ad una novità. Tuttavia, con l'avvento della nuova legge sulle commesse pubbliche le cose stanno cambiando e la maggior parte dei mandati verranno attribuiti tramite il concorso di progettazione. Di conseguenza, tutti avranno le medesime opportunità per accedere ai mandati pubblici. Oltre all'intervento di Broggini già citato, sulla stampa ticinese sono sorte alcune allarmate prese di posizione contro il fenomeno Mario Botta, presunto capostipite di una presunta lobby architettonica, appoggiata da personalità politiche cantonali di primo piano, quali il sindaco di Lugano Giorgio Giudici (anch'egli architetto), e in passato il Consigliere di Stato Giuseppe Buffi. In un articolo di Lauro Tognola accolto dal «Corriere del Ticino» giovedì 11 aprile 2002, leggiamo: «Mario Botta deve la sua ingombrante fortuna cantonale alla felice combinazione delle circostanze complici: ministro della cultura "alleato fedele e punto di riferimento " (parole pronunciate alla Rsi da Botta dopo la morte di Buffi) , appoggi trasversali, sostegno interpartitico, paralisi del senso critico indotto dal timore di apparire culturalmente sprovveduti o gelosi del successo, convivialità interfamiliare, e connivenze tribali (l'Accademia è nata e cresce più o meno così), servilismo ufficiale, propensione dei poteri politici a concedere il rispetto selettivo delle leggi, mezzi di informazione sempre pronti all'incensatura ben oltre i limiti della decenza. È pur vero che le circostanze non si combinano da sole per favorire le ambizioni. Perciò va riconosciuto al frenetico Mario Botta il diabolico dono, commerciale in senso lato, di aver saputo manipolare il Ticino affinché tutto concorresse a procurargli prestigio sproporzionato al valore e potere esecutivo». Che effetto le fanno queste parole? Difficile capire qual è l'elemento che ha scatenato l'acredine di Tognola nei confronti di Mario Botta, il quale non è mai stato onorato di un vero mandato pubblico nella sua terra. Inoltre non bisogna togliere i meriti di Botta. L'Accademia di architettura è nata anche attorno al suo carisma e al suo impegno. Quando scrissi, e fui uno dei primi architetti a farlo, in favore dell'Accademia, che allora non era nemmeno un embrione, mi tirai addosso l’ira di tutta la categoria. Lo sforzo di Botta per metterla in piedi non fu dunque facile. Infine, se all'estero si parla di architettura ticinese, è grazie a questo professionista che ha spalancato le porte del Ticino verso il mondo intero. E veniamo allora all'Accademia di Mendrisio, altro nodo spinoso. Ovviamente pensiamo alle dimissioni di Kurt Forster, urlate con l'ormai noto «Botta mi giocava contro». Ma pensiamo anche, smorzate le luci degli atti clamorosi dei vertici, ad un insistente brusio nei corridoi: molti studenti si starebbero lamentando, ma rigorosamente in privato, di tutta una serie di questioni poco chiare. Dai favoritismi nell'assegnazione dei posti di assistenti ad una tendenza alla provincializzazione dell'insegnamento. Inoltre, per ritornare a Filippo Broggini, così si è sfogato su «il Caffè»: «L'Accademia è un fungo nel deserto. Non un centro di sperimentazione... Dobbiamo capire che un’università non deve produrre affari ma cultura. Dobbiamo lavorare per i giovani, metterli in condizione di confrontarsi a livello internazionale, invece insegniamo loro a fare i soliti cubetti in cemento armato». L’Accademia riflette dunque uno stato di tensione generale? Il problema è che non esiste un’università che non accolga una certa nicchia di potere. E l’Accademia, tentando di farsi strada con l'acquisizione di certi mandati, è entrata inevitabilmente in concorrenza con altri professionisti del ramo. Personalmente non conosco i motivi che hanno spinto il direttore Forster ad un gesto così forte. Sarebbe perciò auspicabile che l'opinione pubblica venisse informata. Invece nessuno ne parla. Né i politici, né gli studenti, né i docenti. Qual è il tabù? Oltre a questi aspetti, di potere e «politici», della questione, vi sono poi quelli estetici e formali, forse sempre meno ancorati alla ricerca di nuovi linguaggi e nuove soluzioni, e sempre più collusi con il monumentalismo e l'autocelebrazione, figli degni di un senile complesso di onnipotenza vagamente venato di provincialismo. Citiamo, fra i tanti, qualche fragoroso esempio: la rotonda a Locarno (Galfetti) e il suo muraglione adiacente, Piazzale alla Valle a Mendrisio, la pensilina dei bus e il San Carlino a Lugano (griffati Botta), Piazza del sole a Bellinzona (sorprendentemente Vacchini), il Cardiocentro luganese (prevedibilmente Camponovo). Ebbene, simili ingombranti fiaschi architettonici, denoterebbero avvilimento e povertà di contenuti. È corretto affermare che alcuni fra questi architetti ticinesi non hanno più niente da dire sul territorio, dimostrandosi semmai abili nel deturparlo? È successo che fra gli esempi citati, tanti mandati siano stati attribuiti con i soliti criteri. Certi altri invece, sono stati oggetto di concorsi, alcuni ortodossi, alcuni viziati da poca trasparenza, ai quali noi architetti ci siamo indegnamente adeguati. Purtroppo la nostra categoria accetta dei rischi per necessità. Comunque sia, sul nostro territorio (ma succede anche a livello nazionale e internazionale) sono ben visibili alcuni esempi di incondivisibile architettura fuori scala e opulenta, non attribuibile a chi produce buona architettura. Questo denota anche che, ricalcando una felice espressione di Botta, la tendenza in atto in questo momento nell’architettura cantonale è il caos. C’è chi guarda a Nord, magari verso l’Austria, chi verso il Portogallo di Siza, dove con pochi mezzi economici vengono prodotte architetture stupende. Per terminare vorrei ricordare anche i giovani, che nella politica di attribuzione dei mandati praticata fino ad oggi, non sono sempre riusciti a trovare lo spazio che la loro opera, a volte, meriterebbe. Per questo, ma anche per avviare, dalle lementele, dei dibattiti, li invito ad aderire alle associazioni che si battono per l’etica dell’architettura.

Pubblicato il 

03.05.02

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