Debito odioso. «Anche George W. Bush usa questa formula quando parla del debito pubblico iracheno», menziona, con disappunto, Jean Ziegler, relatore delle Nazioni Unite per il diritto all’alimentazione. “Debito odioso” è lo slogan che gli altromondisti hanno scandito a Porto Alegre.
Appropriazione indebita? Non proprio: la dottrina del “debito odioso” risale al diciannovesimo secolo. Ma nella bocca del presidente degli Stati Uniti risuona come una “grande ipocrisia”, se si considera che i Grandi del mondo, riuniti attorno al tavolo del G8, stringono i paesi del Terzo Mondo nella morsa del debito, senza risolversi ad annullarlo, come richiedono le Organizzazioni non governative (Ong).
Le promesse non sono state, fin qui, mantenute. Le organizzazioni gemelle Jubilee Research e Jubilee Debt Campaign, coadiuvate dal Cafod (braccio britannico di Caritas internazionale), rilevano che, dal 1998 a oggi, i paesi del G8 hanno cancellato un terzo dei 100 miliardi di dollari che si erano impegnati ad annullare, mentre il debito dei paesi in via di sviluppo ha subito una impennata di circa 400 miliardi in sei anni, passando da 2 mila e 200 a 2 mila e 600 miliardi di dollari.
Le Ong urlano nel deserto che l’eliminazione del fardello del debito permetterebbe ai paesi poveri di destinare risorse finanziarie a settori quali la sanità e l’agricoltura. Molti hanno capito che la soluzione più efficace per “aiutare” gli Stati in difficoltà consiste nel tirare un tratto sull’esposizione debitoria del Sud nei confronti del Nord. Ma pochi agiscono. La ragione di questa passività è «più politica che economica», lascia intendere Eric Toussaint, presidente del Cadtm (Comitato per l’annullamento del debito del terzo mondo). L’economista belga è intervenuto, con Jean Zieagler e Susan George, in un colloquio organizzato a Ginevra, il 30 maggio, dall’associazione Attac, e ha animato il “Tribunale internazionale del debito” che si è tenuto anch’esso nella città di Calvino, per la prima volta in un paese del Nord.
I paesi del Sud attendono che il G8 trasformi le promesse in realtà. Nel comunicato finale gli otto Grandi eludono abilmente il capitolo del debito impegnandosi, invece, a venire in soccorso dell’Africa. Gli altermondialisti denunciano l’escamotage che i paesi ricchi operano amalgamando cancellazione del debito e aiuti alle popolazioni povere del continente africano. «L’unica soluzione risiede nella decisione unilaterale di smettere di rimborsare il debito», dichiara a questo proposito Eric Toussaint. I paesi ricchi tergiversano? «Che i paesi poveri agiscano !», esorta l’economista. Cifre alla mano l’economista dimostra che «se l’America latina avesse interrotto il pagamento del debito, nel 1996, rinunciando quindi agli investimenti internazionali, avrebbe realizzato, nel 2002, un risparmio di 83 miliardi di dollari». «Anche i paesi poveri degli altri continenti, asiatico e africano, avrebbero tratto un vantaggio finanziario netto – quantificabile in centinaia di miliardi di dollari – se avessero deciso di chiudere il rubinetto», chiosa Eric Toussaint.
Oltre ad essere ingiusto, il debito che i paesi ricchi fanno gravare sui paesi poveri è anche economicamente «stupido». E «cinico». Un rapporto della Banca mondiale, pubblicato in aprile, mostra infatti che, se i paesi in via di sviluppo raggiungono un debito complessivo di circa 700 miliardi di dollari, il doppio di questa somma – 1’400 miliardi – è stato versato da cittadini facoltosi, residenti in questi stessi paesi, nelle banche del Nord. L’emorragia delle risorse finanziarie viene effettuata con la complicità dei governi, sospettano le Ong. «I libretti bancari sono spesso intestati a ministri e parlamentari», suggerisce un analista. Le statistiche della Banca mondiale indicano, ad esempio, che i residenti facoltosi dell’America latina hanno depositato negli istituti di credito dei paesi ricchi oltre 310 miliardi di dollari, mentre gli Stati del continente sudamericano sono debitori, globalmente, per circa 230 miliardi. «Da dove vengono questi soldi?», chiede un militante.
Grazie ai fondi depositati nelle casseforti dei paesi ricchi, «i governi del Nord tengono per la barba i signori del Sud», analizza da parte sua Eric Toussaint. «Ecco in che modo immobilizzano gli Stati poveri. Ecco perché questi paesi non riescono a prendere la decisione di interrompere il rimborso del debito». Lo schema è chiaro. I cosiddetti «cittadini facoltosi», che spesso siedono nei governi dei paesi poveri e in via di sviluppo, trasferiscono somme astronomiche (frutto della corruzione?) nelle banche del Nord. Somme che i paesi del Nord – quelli del G8 – bloccherebbero se gli Stati del Sud decidessero di non rimborsare i debiti. Una “minaccia odiosa” ma efficace. Così la questione del debito pubblico dei paesi in via di sviluppo rimane irrisolta.
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