Anna Biscossa

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Sono forti perché, pur non essendo molte (per lo meno in alcune professioni), sanno muoversi in perfetta solitudine in mezzo ad uno stuolo di maschi molto spesso in piena tempesta ormonale.
Sono forti perché lavorano nel cantiere, in squadra. E chi conosce il cantiere, sa che non è un ambiente facile, per i giovani in generale, per le giovani donne in particolare.


Sono forti perché sanno risolvere molto spesso, usando la testa e trovando soluzioni adeguate, le situazioni in cui la loro forza fisica non sembra essere sufficiente (mentre i ragazzi, per dimostrare di essere forti, dimenticano troppo spesso di avere la testa e si rovinano la schiena).
In alcuni casi, queste donne forti si adeguano e adattano il loro modo di essere all’ambiente di lavoro, agli atteggiamenti, ai linguaggi, agli approcci, alle mentalità prettamente maschili.
Mascherano cioè il loro essere donne dietro un’immagine che permette loro di vivere un po’ più tranquillamente, meglio confuse in mezzo a tanti uomini.


Altre mostrano invece con orgoglio e cipiglio il loro essere donne, senza paura, senza compromessi, senza alcuna concessione, mantenendo colleghi di lavoro e compagni di scuola alla necessaria distanza.
Di solito sono apprezzate, a volte invidiate, quasi sempre temute e tenute a loro volta a distanza. A molta distanza! Questa loro solidità, questa loro indipendenza di giudizio, questa loro autonomia non piace molto e, soprattutto, fa un po’ paura ai colleghi!
Poi ci sono le donne sagge che, pur essendo capaci, molto indipendenti e autonome, mostrano ai loro colleghi di voler collaborare con loro e di aver bisogno di loro. Senza vergogna ma anche senza sottomissione alcuna. Sono spesso le preferite dai colleghi.


Tutte queste mie donne, al di là del loro atteggiamento nei confronti degli uomini intorno a loro, fanno davvero tenerezza quando le si vede insieme: si cercano, si sostengono, si aiutano reciprocamente, se possibile collaborano tra loro.
E sono proprio queste mie donne a conquistare molto spesso (per non dire sempre!), in sede di esami di fine tirocinio, le migliori valutazioni e a ottenere i risultati più lusinghieri.
Perché allora queste giovani donne devono essere già destinate a guadagnare meno dei loro colleghi (e le statistiche, ma anche la pratica quotidiana, ce lo dimostrano); perché, quando sarà il momento giusto per loro, dovranno fare i salti mortali per riuscire a conciliare la loro maternità con il lavoro (per mancanza di strutture sul territorio, per un’assicurazione maternità davvero “magrina”…); perché dovranno accettare tutto ciò, senza arrabbiarsi per questo stato di cose?
Quanto tempo dovrà passare ancora prima di veder scomparire queste disparità?
La strada è ancora tanta, troppa per poterci permettere di aspettare pazientemente, quasi in silenzio, che la stessa sia percorsa.


Una bella, radicale e profonda accelerazione è più che mai necessaria, soprattutto di fronte ad una crisi che andrà a colpire come sempre soprattutto i più deboli e quindi ancora loro.
Stiamo facendo abbastanza per queste giovani donne? Me lo chiedo spesso!

 

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