Il 24 settembre è deceduto un vero "Maître à penser". Il suo nome? Gérard Horst alla nascita; Michel Bosquet quando scriveva su Le Nouvel Observateur; André Gorz quando collaborava con Les Temps Modernes di J.P. Sartre, e come autore di straordinari saggi che spaziano fra filosofia, sociologia, economia, ecologia e politica. Per quarant'anni, Gorz è stato un faro per la sinistra "critica" francese ed europea: da Stratégie ouvrière et néocapitalisme del 1964 a L'immatériel del 2003, passando per Écologie et politique, Capitalisme, socialisme, écologie e molti altri titoli celebri, tradotti anche in italiano.  
Oggi tutti sono ambientalisti, pochi sono ecologisti. L'ecologia politica, di cui Gorz è un padre nobile, è una corrente politica in controtendenza con il sentire comune: per la destra e la sinistra non vi può essere benessere e giustizia sociale senza crescita economica sostenuta. L'ambientalismo, o "ecologia dei mezzi", per dirla con Wolfgang Sachs, non mette in discussione il dogma della crescita, la vuole solo rendere "sostenibile": energie rinnovabili, tecnologie a emissioni ridotte, riciclaggio dei rifiuti, incentivi e disincentivi fiscali... Utile ma insufficiente, e non priva di rischi, secondo l'ecologismo, o "ecologia dei bisogni". I limiti dell'ambientalismo sarebbero tre: lo spreco di una risorsa fondamentale, il tempo di vita, assorbito in misura abnorme dal lavoro necessario a prevenire e riparare i guasti ambientali indotti dalla crescita economica; l'aumento della disuguaglianza, fra paesi e classi sociali, poiché la "sostenibilità" ecologica dei processi produttivi e dei prodotti li rende più cari, e accessibili solo ai privilegiati; il rischio di "eco-autoritarismo" per imporre comportamenti "sostenibili".
Secondo la visione ecologista, la crescita quantitativa, oltre un certo livello, riduce la qualità della vita e minaccia la continuità delle specie viventi. La risposta sta nell'autolimitazione dei consumi, della produzione e del tempo di lavoro. La crescita della produzione globale dovrebbe essere inferiore a quella della  produttività (produzione per ora lavorata), così da rendere possibile la riduzione del tempo di lavoro. Grazie al maggior tempo liberato dal lavoro costretto è possibile un contenimento del consumo di merci (che compensa sovente la scarsità di tempo e la frustrazione del lavoro alienato) e lo sviluppo di attività che soddisfino i bisogni propri e di familiari, amici e vicini grazie ad uno scambio di servizi retto dalla reciprocità. L'ecologia politica propugna poi una parziale dissociazione del reddito dalla quantità di lavoro, con strumenti innovativi (oggi la dissociazione avviene per chi possiede quote importanti di capitale investito).
L'alternativa ecologista è certamente in sintonia con i tempi storici, non necessariamente con quelli politici. Tuttavia, la crisi manifesta del socialismo "produttivista" consiglia una riflessione, cominciando magari con la rilettura critica di André Gorz.

Pubblicato il 

09.11.07

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