Home
Rubriche
Dossier
Multimedia
Archivio
Contatti
Amore per la politica?
di
Sergio Savoia
Ogni tanto qualcuno avverte l’impellente necessità di tirar fuori, di solito a mezzo stampa, la famosa disaffezione dei cittadini dalla politica. In sostanza, alla gente non interesserebbe la politica (la tesi è questa) a causa di motivi vari, quasi sempre riconducibili alla pochezza dei partiti, dei politici, alle istituzioni (ovviamente "lontane dal cittadino"). In Svizzera, poi, abbiamo l’aggravante generica "dell’eccessivo ricorso alle urne", che genererebbe nel colto come nell’inclita una sorta di rifiuto, una specie di sazietà elettorale. Il tutto naturalmente viene confrontato con un’età dell’oro durante la quale la partecipazione e l’entusiasmo per la politica era allo zenith. Benché questa età dell’oro sia difficile da situare, constatiamo che essa si situa in momenti diversi a seconda di chi la celebra. Il ’68, per i cinquantenni; il ’77 per gli over 40, gli anni ’40 per i nonni; lo sciopero del ’18 per i vegliardi... Se mi permettete il lusso di dire la mia, vorrei dichiarare che non credo a queste panzanelle. Da che mondo è mondo coloro che si sono interessati alla politica attivamente, gettando il cuore oltre l’ostacolo, fuggendo l’abbraccio soffocante delle cure quotidiane, sono sempre stati pochi. Certo la partecipazione al voto era forse maggiore, ma non è da quella che si può dedurre l’amore o il disamore per la politica. Tra la res publica e "lo particulare" la maggioranza ha sempre scelto il secondo. Possiamo scandalizzarcene e possiamo invocare un ritorno ad un’età dell’oro della coscienza politica che esiste solo nei ricordi e nei miti. Oppure potremmo interrogarci sul perché uomini e donne preferiscano seguire piuttosto che condurre, essere guidati, sballottati e travolti, piuttosto che prendere in mano il proprio destino. Ma siamo nel campo della psicologia e della filosofia, più che in quella della politica. In fondo Marx e Lenin lo sapevano e lo teorizzavano: le masse, nelle rivoluzioni, vengono bene in foto e alla televisione. Servono per la coreografia. Ma sono sempre poche, a volte pochissime persone, che suonano la musica.
Pubblicato il
04.05.01
Edizione cartacea
Anno IV numero 15
Rubrica
Parabole e paraboliche
Articoli correlati
Nessun articolo correlato