Venticique anni, una bella tappa quella che l’Associazione cultura popolare (Acp) di Balerna ha festeggiato lo scorso 12 gennaio. E l’anniversario diventa occasione per ritrovarsi e far conoscere un progetto globale di vita sorretto dall’idea che un mondo nuovo è possibile ma che per cambiarlo bisogna cominciare dalle piccole realtà. Oggi si sta ritornando all’utopia che animò la nascita dell’Acp, datata 5 dicembre 1975, quando un gruppo di persone alla ricerca di un modello di vita individuale e collettivo alternativi, decisero che era tempo di dare concretezza alle idee che andavano maturando. Femministe, anarchici, socialisti, ecologisti e pacificisti: erano questi i primi volti dell’associazione che intendeva trovare nuovi spazi politici, di espressione e azione al di fuori degli steccati di partito. Persone con un’energia straordianaria – Nives Riva, Pio Cavadini, Vittorio Gentile e, in tempi più recenti, Rita Beltrami, Rezio Sisini e Reto Medici – hanno fatto sì che l’associazione resistesse anche nei momenti difficili. Radici salde sorreggono oggi l’Acp che, pur nella sua metamorfosi, è diventata un importante punto di riferimento per la cultura cantonale. Anche Reto Medici, attuale presidente dell’associazione, approdò all’Acp nel 1978 dalle fila del Wwf ticinese (di cui è stato socio-fondatore). E come lui altri ecologisti che condivisero in seno all’associazione la forte spinta antinucleare che animava i suoi membri. L’Acp fu tra fondatori del Movimento antiatomico ticinese molto attivo in quegli anni. «Tutte quelle forze - racconta Reto Medici - emergenti dal fermento a sinistra del Partito socialista erano caratterizzate da una forte discussione. Il guaio è che spesso si tendeva a sottolineare le differenze fra le diverse realtà e non gli elementi che li univano. In controtendenza, anni dopo, l’Acp cercò di affermarsi cercando di evidenziare gli aspetti di coesione all’interno del gruppo. Per scelta politica, e nel rispetto della nostra autonomia, non ci siamo mai agganciati ad un partito di sinistra pur collocandoci in un’area – di sinistra appunto – che in molti casi aveva condiviso le stesse battaglie». Un’autonomia pagante che ha permesso all’Associazione di muoversi con agilità. Oggi l’Acp risponde ad un progetto che abbraccia l’uomo nella sua globalità, chi vi aderisce cerca di far sì che una migliore qualità di vita sia condivisibile da più persone possibili. Questo significa una maggiore attenzione alla salute – fisica e spirituale –, all’ambiente, alle scelte quotidiane che possono condizionare scelte economiche piuttosto che altre. Scelte ideali che sfociarono in attività, oggi particolarmente strutturate e forti. Partivano le prime esperienze di autogestione. «Ne cominciammo a discutere – spiega Medici – agli inizi degli anni Ottanta con l’apertura del ristorante naturista-macrobiotico «La Meridiana» (1980). C’erano tra di noi alcuni che decisero di cambiare completamente vita, abbandonando la professione svolta fino a quel momento per dedicarsi ad un’attività all’interno dell’Acp. Naturalmente ciò che si richiedeva era di rispondere a quelle spinte che avevano permesso di aprire una libreria, il ristorante, un negozio. Non una qualifica specifica nel campo.Il motto di allora era che “tutti devono saper fare tutto”. A quel tempo, fra coloro che gestivano «La Meridiana», c’erano tre anarchici molto conosciuti in Ticino: Paolo Soldati redattore del periodico anarchico, il “Bac” di Bellinzona e Roberto Visaio». L’esperienza dell’autogestione entrò in crisi quando le cifre in rosso del ristorante cominciarono a pesare. Secondo l’Associazione anche il ristorante doveva essere gestito in modo tale da far pareggiare i conti. Coloro che non condividevano questa linea, fra cui gli anarchici, se ne andarono. Da quel momento si cambiò rotta e dall’autogestione si passò ad una gestione oculata del ristorante. Una gestione adottata anche per tutte le altre attività, costole dell’Acp quali: il Centro Alchemilla, la libreria, la Bottega del Mondo. Ma allora dov’è andato a finire quel bagaglio prezioso – si chiedeva Sergio Agustoni (vedi area n°01 dell’11.01.02) –, «Che resta dell’autonomia e dell’autogestione di cui l’Acp è stata protagonista, in campo imprenditoriale, sociale, culturale, ecologico, femminista e politico in senso lato?». «È rimasta ancora una forte spinta ideale – ci dice Rezio Sisini, membro del Comitato –. Sono cambiati i tempi e anche il nostro impegno politico che si esprime in modi diversi, proponendo incontri su tematiche quali le dipendenze da gioco. Resta costante la nostra autonomia da circuiti puramente commerciali. Per questo preferiamo rinunciare a sponsor che possono condizionale le nostre scelte e contiamo soprattutto sul volontariato, sui sussidi provenienti da enti pubblici». Ma anche il «tessuto umano» dell’Acp stessa è cambiato. «Molti membri – spiega ancora Sisini – sono attratti più da una ricerca di una qualità di vita personale migliore che da tematiche sociali e politiche. Sono persone che vanno sensibilizzate attraverso canali diversi da quelli di una volta. Con le nostre feste, le rassegne teatrali ma anche i cicli di conferenze e di musica jazz. Anche questo è un modo di far politica, di portare tematiche sociali con delle modalità nuove. Tenendo conto che oggi, l’Acp è costituita da un’amalgama più composita di un tempo. Ciò non toglie che ultimamente molti di noi sono tornati a formare gruppi di lavoro per discutere e preparare incontri o serate di forte impatto politico. Come quella di oggi sul G8 (vedi riquadro, ndr). Rispettiamo l’autonomia di appartenenza dei membri ma non ci tiriamo indietro quando si tratta di prendere posizione su questioni importanti. L’abbiamo fatto in favore del servizio civile e della scuola pubblica e lo faremo ancora».

Pubblicato il 

18.01.02

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