Le ultime tre adesioni al Forum sociale europeo, tra le oltre 450 organizzazioni sociali di ogni tipo (compresa la Confederazione europea dei sindacati e l’italiana Cgil) sono: gli scout dell’Agesci, l’Azione Cattolica e i Focolarini, rete di gruppi (“focolari”, appunto) ecclesiali. Eppure, il Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, intitolava la sua edizione toscana di domenica 27 ottobre “Già arrivati a Firenze 200 no global a rischio”. E in città la tensione è tale che alcuni presidi hanno seriamente pensato di chiudere le loro scuole, tra il 6 e il 10 di novembre, per salvaguardare i loro alunni: salvo – dopo aver incontrato il Forum sociale fiorentino –, decidere all’opposto di condurre le scolaresche alla Fortezza Da Basso, sede principale del Fse, per far vedere ai ragazzi cosa è la democrazia. Nel convento delle Carmelitane scalze sulle pendici della collina di Fiesole, da dove si gode di uno straordinario panorama della città, tra le ventuno sorelle che vivono in clausura, la notizia di possibili disordini e invasioni è stata invece portata dal muratore che sta facendo qualche lavoro di restauro: a tranquillizzarle è stato un visitatore, che ha loro raccontato della massiccia presenza cattolica, dei missionari comboniani, saveriani e della Consolata. I giornali scrivono, d’altra parte, che il 70 per cento dei negozianti ha intenzione, nei giorni del Forum, di chiudere bottega: dimenticando di precisare che il “referendum” riguardava i soli iscritti alla Confcommercio (di centro-destra), che raccoglie il 40 per cento dei commercianti fiorentini, essendo il restante rappresentato dalla Confesercenti (legata alle sinistre). I ragazzi del Forum fiorentino hanno percorso strada per strada, e negozio per negozio, per proporre ai titolari di esporre un cartello che dice “Firenze città aperta”: un modo per intavolare una discussione, per chiedere loro di praticare prezzi speciali per le decine di migliaia di partecipanti al Fse, per suggerire di devolvere il 10 per cento dei guadagni al bilancio del Forum europeo, che, a parte i servizi offerti dal Comune e dalla Regione Toscana (la Fortezza Da Basso, una parte delle traduzioni e un certo numero di computer per il centro media), è interamente auto-finanziato dai partecipanti. Iscriversi costa tra i 10 e i 30 euro, a seconda del reddito (auto-dichiarato), e le spese dei delegati balcanici, dell’Europa dell’est e del Maghreb sono a carico delle diverse reti nazionali. Si prevede di non spendere più di un milione di euro (1,5 milioni di franchi). Ma perché la tensione è schizzata così in alto, a proposito di un evento figlio legittimo del festoso Forum sociale mondiale di Porto Alegre e che non ha nulla in comune con i “contro-vertici”, come quello in occasione del G8 di Genova? Chi arrivasse oggi a Firenze, poniamo, dalla Svizzera, avrebbe la sensazione della vigilia di una guerra. Tensioni inutili La crisi di nervi generale è cominciata martedì 15 ottobre, alle ore 14,30, nella prefettura di Firenze, durante una riunione per concertare soluzioni organizzative, tra le istituzioni e il coordinamento del Fse. Stefano Kovac, genovese che per tanti anni ha percorso le strade della guerra jugoslava portando aiuti e parole di pace, si è rivolto al prefetto di Firenze, Achille Serra. «Secondo alcune indiscrezioni – ha detto – il governo si appresterebbe a sospendere il Trattato di Schengen, ostacolando l’arrivo al Forum sociale europeo dei non italiani. Se così fosse, non potremmo che interrompere la riunione». Il prefetto, nervosissimo, risponde: «In questo momento, non posso né confermare né smentire». I quattordici delegati alla trattativa con autorità locali e delle forze dell’ordine, allora, si alzano in piedi. Il presidente della Regione Toscana, Martini, tenta di mettere un cerotto: «Certo, sarebbe gravissimo – dice – ma questa riunione è troppo importante per interromperla…». Ma i delegati del coordinamento per il Fse escono dalla sala. Il prefetto Serra esce a sua volta di corsa, lasciando cadere parole, dirette ai giornalisti che aspettano fuori, da cui tutti capiscono che è furioso non con quelli del Forum, ma con il governo. Sospeso il trattato di Schengen Nei giorni successivi, il sottosegretario agli interni, Mantovano (Alleanza nazionale), precisa che il governo si limiterà ad applicare un articolo del Trattato di Schengen (il numero 2, comma 2) che permette controlli dei documenti alle frontiere, ma che sono da escludere i respingimenti di massa che si verificarono nei giorni di Genova, quando interi treni francesi e spagnoli e navi greche furono bloccate nelle stazioni e nei porti (con scontri sulle banchine di Ancona). Lo stesso ripete, alla Camera, il ministro degli interni, Pisanu (Forza Italia), il quale aggiunge che vi sono segnalazioni dei servizi segreti secondo cui un certo numero di “violenti”, che non appartengono al Forum europeo, potrebbe approfittare dell’occasione: la notizia, però, è generica. Il ministro aggiunge anche alcune parole dal significato pesantissimo: non saranno impiegati, a Firenze, agenti di polizia sotto inchiesta per i fatti di Genova. Sembra un segnale diretto al capo della polizia, De Gennaro, il solo, tra i massimi responsabili della polizia, restato al suo posto dopo Genova, e forse non a caso il primo a parlare di Schengen. Guerra interna Il prefetto di Firenze, Serra, è da molti indicato come possibile sostituto di De Gennaro, e un disastro, nei giorni del Forum, affonderebbe questa candidatura. Ma insomma, ascoltate queste risposte, gli organizzatori hanno ripreso le riunioni “tecniche” con prefettura, questura, ecc. Senonché, il giorno dopo il primo intervento di Pisanu alla Camera, il Corriere della Sera, che ha fin lì quasi ignorato il Forum sociale europeo, esce aprendo la prima pagina con un titolo che parla di “rinvio” del Fse. Due intere pagine vogliono dimostrare che il governo sta cercando di ottenere, dal parlamento, un voto che chieda appunto lo spostamento in un’altra città, o il rinvio, e in sostanza la cancellazione, del Forum europeo. Questo, di fronte al grande pericolo di una nuova Genova, della calata dei black bloc, delle divisioni e lotte per la leadership dentro il movimento, ecc. Da quel momento, comincia un “dibattito” dai toni isterici, in cui da una parte si sospetta che la maggioranza voglia un voto per dividere l’opposizione, non tutta simpatizzante del Fse (sindaco e presidente regionale sono dei Ds, mentre la Margherita, partito di Rutelli, è stata critica); dall’altra, si fa notare che un voto tale, da parte del Parlamento, equivarrebbe a ledere un principio di base della Costituzione, la libertà di riunione, e che non ha precedenti nella pur turbolenta storia repubblicana. Pisanu, pressato dai giornalisti, risponde: «Chiedete al Corriere della Sera». E l’editorialista de La Repubblica, Curzio Maltese, interpellato da Carta, risponde: «Quello del Corriere non è giornalismo, è fiction». Infine, il presidente della Camera, Casini, concorda con tutti i partiti un nuovo dibattito, con audizione di Pisanu, ma senza alcun voto finale. Che invece i parlamentari toscani di Forza Italia minacciano di chiedere. Il tutto, a non più di una settimana dal Forum. Quel che è certo, è che nel frattempo il numero delle iscrizioni al Fse ha avuto un’impennata. Anche questo è tipicamente italiano: volete impedire il Forum?, si sono detti in moltissimi, bene, ecco un’ottima ragione per andarci. Cinque giorni di confronto e di festa L’apertura del Forum sociale europeo è in agenda per la serata di mercoledì 6 novembre, e sarà qualcosa di molto simile a quelle grandi feste popolari che sono gli atti inaugurali del Forum sociale mondiale di Porto Alegre. Dalla mattina successiva, un numero imprevedibile di delegati, che nel frattempo si sono iscritti attraverso il sito www.fse-esf.org, pagando una quota proporzionale al loro reddito, parteciperà per tre giorni a centinaia di conferenze, seminari e workshop. La stima iniziale diceva: ventimila persone. Oggi la sensazione generale è che il numero potrebbe duplicare o triplicare. È sicuro, comunque, che centinaia di migliaia di persone saranno a Firenze sabato 9, nel pomeriggio, per quella che si annuncia come la più grande manifestazione, e la prima europea, per la pace e contro la guerra in Iraq. I delegati al Fse verranno da tutti i paesi europei, con una prevalenza di francesi, spagnoli e greci, ma con presenze consistenti dai paesi balcanici e dai paesi dell’est Europa, nonché dai paesi del sud del Mediterraneo. Il concetto di Europa che il Forum ha è, infatti, molto più ampio dei confini dell’Unione europea. E include anche la Svizzera, naturalmente. In molti paesi si sono creati “social forum”: è accaduto a Parigi e a Barcellona, a Madrid e ad Atene, e così via. Il programma del Fse è incardinato su tre “assi” tematici: il liberismo economico e sociale, la guerra e la pace, la democrazia e i diritti. Su ciascuna di queste aree tematiche si terranno sei conferenze, due per ciascuna delle tre mattinate di dibattiti. Questa è la parte “ufficiale” del programma, così come le nove conferenze "pre-serali” (dalle 18,30), divise a loro volta in “dialoghi” (con le istituzioni e la politica), “alternative” (l’economia sociale, la nonviolenza e la democrazia partecipativa), le “finestre sul mondo” (divise per aree geografiche). Auto-promossi sono invece gli oltre cento seminari, che impegneranno la prima parte del pomeriggio di giovedì 7 e venerdì 8 (sabato c’è la manifestazione) e che sono il luogo di costruzione di reti europee nei diversi campi, dall’immigrazione, alla democrazia locale, alla informazione “dal basso”, alla finanza etica, al commercio equo... Infine, i workshop, o gruppi di lavoro, che saranno a loro volta centinaia, proposti dalle più varie organizzazioni e associazioni, e che sono, con i seminari, il vero cuore del Forum. I programmi sono consultabili in www.carta.org. L’epicentro delle tre giornate sarà la bellissima e grandissima Fortezza Da Basso, dove per una volta invece delle sfilate di moda si vedranno le sfilate della società civile: le centinaia di stand espositivi in cui si potrà trovare tutta l’editoria indipendente o il miele della Selva Lacandona o l’artigianato non consumista; le performance dei non-artisti attratti dalla “chiamata alle arti”, manifesto dell’arte non commerciale; il centro media, 150 computer a disposizione dei giornalisti e per accedere al quale sarà gentilmente chiesto se si è disposti a condividere con gli altri il proprio lavoro. Ma il Forum invaderà, festosamente, anche la Stazione Leopolda, il Palazzetto dello sport (dove hanno chiesto di poter organizzare un loro meeting i “Disobbedienti” dei centri sociali, che faranno anche una tv via satellite) e molti altri luoghi dentro e fuori della città. Scuole attrezzate a ospitare workshop e letti a castello, cinema utilizzati per proiettare giorno e notte tutta la produzione video e cinematografica del movimento, e dodici comuni della provincia che, a loro volta, ospiteranno delegati e incontri del Forum. Tutti sperano che il Forum sociale europeo sia un gigantesco happening, un’esplosione di comunicazione e di creatività, quanto di più lontano dai plumbei congressi politici. Le premesse ci sono.

Pubblicato il 

01.11.02

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