Alta tensione sul mandato Aet

Acquisizioni, partecipazioni azzardate e gestione a briglia sciolta da parte dell'Azienda elettrica cantonale (Aet) non hanno fatto troppo discutere in un passato neppure troppo remoto. Forse non è corretto. Diciamo che se ne parlava. Ma fra il dire e il fare c'era sempre stato di mezzo il mare. In fondo c'era chi vedeva di buon occhio anche un'eventuale privatizzazione – affossata poi dai "no" in votazione – dell'azienda pubblica che ha il mandato di approvvigionare di energia elettrica le economie domestiche e le imprese ticinesi. Poi l'anno scorso, alla luce di acquisizioni e partecipazioni estere la tensione si è acuita. Ha fatto scrivere fiumi di inchiostro l'operazione in Albania, ma anche l'impegno in Metanord o ancora l'investimento in centrali che producono energia elettrica tramite il carbone in Germania. Ha fatto scalpore pure la partecipazione in Reninvest, una società anonima al cui timone siede l'ex direttore dell'Aet Paolo Rossi.
Stupore e interrogazioni erano fioccate anche in Parlamento, che si è in seguito convinto della necessità di una "commissione del controllo del mandato pubblico dell'Aet" votando l'iniziativa parlamentare Arn. Ma con una legge (la Laet) che proprio sul mandato pubblico ha ben poco da dire – «l'azienda ha per scopo la produzione e il commercio di energia» – c'era anche ben poco da stupirsi sulle operazioni effettuate dai vertici che si sono sempre appunto difesi con la compatibilità rispetto al mandato e con la necessità di agire secondo la segretezza degli affari.
Il vento sembra ora aver cambiato direzione. Alcuni osservatori dicono che la nuova direzione dell'Aet abbia deciso – ad esempio – di disimpegnarsi da alcune partecipazioni, anche se il commercio di energia resterà centrale anche in futuro. Ma a cosa serve questa nuova Commissione  di controllo? Quali sono i suoi poteri e quali i limiti? L'abbiamo chiesto a Werner Carobbio, presidente del nuovo organo di controllo composto da cinque membri della Commissione speciale dell'energia.

Werner Carobbio lei presiede la nuova Commissione di controllo del mandato pubblico dell'Aet. Per la sorveglianza dell'azienda cantonale non era sufficiente la già esistente Commissione speciale dell'energia?
La creazione della commissione di controllo dell'Aet è stata rivendicata con forza negli ultimi due anni della passata legislatura, in particolar modo dal gruppo socialista e dal sottoscritto. La necessità di questo controllo era emersa in relazione alle problematiche partecipazioni estere dell'azienda cantonale. Ma anche in relazione ad altri aspetti, come l'impegno in Metanord. Quando si chiedevano informazioni o chiarimenti su fatti sensibili i vertici (allora il partente Mauro Dell'Ambrogio e l'ex direttore Paolo Rossi, ndr) opponevano la questione della segretezza degli affari. Abbiamo quindi deciso di creare un gruppo più ristretto, vincolato al segreto d'ufficio al quale l'Aet è tenuta ora a dare informazioni. La goccia che fece traboccare il vaso e che portò la maggioranza a convincersi della necessità di una sorveglianza più stretta è stata la famosa partecipazione in Albania di Aet.
D'accordo. La nuova commissione deve controllare che l'Aet rispetti l'articolo 2 della legge che ne regola l'attività. Un articolo in cui non si dice molto di più del fatto che l'azienda cantonale ha per scopo la produzione e il commercio di energia. Un mandato piuttosto ampio e che in fondo l'Aet ha rispettato in questi anni: ha commerciato e prodotto energia. Cosa c'è da controllare se il mandato è così generico?
È un problema che era sorto anche quando nacque l'iniziativa che ha poi portato fino alla creazione della Commissione. Per la sorveglianza della gestione normale dell'azienda esiste appunto la Commissione speciale dell'energia che analizza i consuntivi annuali. Oltre a ciò esiste un altro organo di emanazione parlamentare che sono i revisori che controllano i conti. Cosa serve allora la nuova commissione come lei mi ha chiesto? La nuova funzione non è quella di sorvegliare la gestione corrente. Se ci focalizziamo sul lato commerciale: ci si può chiedere più precisamente se certe operazioni per il commercio dell'energia siano compatibili con il mandato pubblico dell'Aet che è quello di assicurare l'approvvigionamento energetico del cantone a prezzi adeguati. I tempi sono cambiati: una volta l'azienda agiva su un piano più locale, mentre ora deve spaziare su un mercato molto più ampio. Questo vuol dire però che ci vogliono anche nuove regole del gioco. Faccio un esempio concreto: una volta l'Aet ha investito in Germania in centrali che producono energia utilizzando il carbone. È compatibile questa partecipazione con il mandato dell'Aet?
Ma non esiste proprio un problema a questo livello? Mi spiego. Voi dovete controllare un'azienda che ha un mandato pubblico molto generico. Anche questi esempi di partecipazioni rientrano nella voce "commercio di energia". Non servono nuove regole o un mandato più preciso, piuttosto che nuovi organi di controllo?
Nessuno contesta il fatto che l'Aet possa commerciare energia. Ma questa libertà non deve portare l'azienda a focalizzarsi sulle partecipazioni e sul commercio dimenticandosi del suo ruolo produttivo e di fornitore di energia elettrica sul proprio territorio. Non vogliamo che si azzardi con operazioni rischiose volte al guadagno di corto termine lasciando perdere la sua attività principale, cioè la produzione e la fornitura di energia per i ticinesi. La Commissione, insieme al Consiglio di Stato e all'Aet sta discutendo l'adozione di un documento del mandato pubblico dove si vuole definire meglio le garanzie che deve dare l'impresa. Non siamo una commissione d'inchiesta, ma un organo di controllo. Questo non vuol dire che non terremo gli occhi aperti e che non segnaleremo le anomalie se e quando ci saranno.
Avete l'appoggio anche dei vertici dell'Aet?
Mauro Dell'Ambrogio prima di lasciare l'incarico e il nuovo direttore (Reto Brunett, successore di Paolo Rossi, ndr) hanno collaborato per la stesura di questo documento.
Supponiamo che Aet decida di investire in una partecipazione che la commissione ritiene non adeguata al suo mandato pubblico. Cosa potete fare concretamente per intervenire?
Prima di tutto, e questa è una novità, l'Aet è tenuta ad informarci sulle sue operazioni in maniera tempestiva. La Commissione può chiedere anche ulteriore documentazione o chiedere di sentire dei dipendenti dell'Aet passando per il tramite della consiglio d'amministrazione dell'azienda. Se riteniamo che l'investimento è in contrasto con il mandato pubblico abbiamo tre possibilità. Primo: chiedere all'Aet di cambiare strategia. Se ciò non fosse sufficiente possiamo coinvolgere la Commissione speciale dell'energia o addirittura il Consiglio di Stato per un intervento.
L'Aet è un'azienda cantonale che deve però operare con una logica di mercato. Non teme che la sua commissione metta i bastoni tra le ruote dell'azienda?
No. È vero che l'Aet è un'azienda commerciale, ma non solo. È anche vero che ha un mandato pubblico che fissa dei paletti. All'Aet non è chiesto di operare massimizzando il profitto, ma di fornire un servizio pubblico. Sono conscio del fatto che i cambiamenti attuali del mercato aprono degli scenari che non erano conosciuti. Ma la Commissione potrà essere utile per controllare il mandato pubblico anche alla luce di questi nuovi scenari.
Come dovrà mutare il ruolo dell'Aet?
Queste sono scelte politiche che deve avere il coraggio di attuare il Consiglio di Stato. Sono anni che spingiamo per un chiaro piano delle politiche energetiche, ma per ora non se n'è fatto nulla. Si dovrà ad esempio scegliere se investire o meno i proventi dell'Aet, o una loro parte, per attuare un piano di una società che consuma meno energia, anche attraverso altre tecnologie. Non si può chiedere all'azienda di avere questo ruolo. Qui è la politica ad essere latitante. Attualmente l'Aet fornisce energia a prezzi competitivi alle aziende locali. In futuro, in teoria, potrebbe decidere in un libero mercato di vendere quell'energia sul mercato dove le rende di più. Ma ciò sarebbe in contraddizione con il mandato pubblico.
Non crede che in fondo questa commissione non sia altro che un "contentino" dato in pasto al parlamento per non affrontare in maniera più approfondita il tema della politica energetica cantonale?
No. Per parlarci chiaramente: molto dipenderà anche da come opererà e dal coraggio e dal rispetto della segretezza che avrà la Commissione. Non può essere solo un contentino perché in passato c'erano forti resistenze a questa sorveglianza.

Pubblicato il

21.12.2007 03:00
Can Tutumlu