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"Alptransit per noi è la Mirafiori del Ticino"
di
Stefano Guerra
«Alptransit per noi è un po’ la Mirafiori del Ticino dal punto di vista sindacale. Può essere paragonata alla Monteforno. Con la grossa differenza che i lavoratori dell’acciaieria di Bodio qui hanno costruito la loro vita, mentre quelli che oggi scavano la trasversale ferroviaria del Gottardo appena possono tornano a casa loro». Matteo Pronzini conosce meglio di ogni altro sindacalista la storia e le persone dei cantieri Alptransit di Bodio-Pollegio e Faido-Polmengo. Il segretario responsabile della sezione Bellinzona/Biasca e Moesa del sindacato Unia li frequenta assiduamente dal ’99, quando in Leventina arrivarono i primi lavoratori impegnati nello scavo della galleria ferroviaria più lunga del mondo. In questi sei anni i cantieri Alptransit sono diventati un terreno privilegiato dell’azione sindacale. Oggi un buon 90 per cento dei 773 lavoratori è sindacalizzato: fra di loro il 75 per cento circa è iscritto a Unia, il restante 20 per cento al sindacato di ispirazione cristiana Ocst. Quattro funzionari di Unia si alternano quotidianamente sui cantieri di Bodio-Pollegio e Faido-Polmengo, dove sono concentrati quasi 700 dei 5mila iscritti che fanno capo alla locale sezione del sindacato. L’impegno nei prossimi anni non diminuirà, anzi. «Già oggi – osserva Pronzini – su 8mila operai edili occupati nel Cantone, un migliaio lavora sui cantieri Alptransit: una percentuale molto alta. Nei prossimi anni la sfida per il sindacato sarà portare a livello regionale il grosso impegno che oggi abbiamo a livello di sezione. Fino al 2020, infatti, i cantieri sotterranei avranno un peso importante in Ticino: ci sarà il Monte Ceneri [l’avvio dei lavori in sotterranea è previsto nel 2007, ndr], l’installazione della tecnica ferroviaria sui cantieri di Bodio e Faido, la Vedeggio-Cassarate, la circonvallazione di Agno, forse quella di Roveredo... A più di vent’anni dall’ultima grande opera [la galleria autostradale del Ceneri, ndr], i cantieri sotterranei tornano ad essere cruciali, non solo dal punto di vista numerico ma anche da quello politico».
In che senso?
Sono cantieri gestiti da ditte fra le più grandi in Svizzera come la Zschokke Locher, un’impresa che detta il ritmo della politica contrattuale in questo paese. Non a caso a inizio anno proprio l’amministratore delegato della Zschokke aveva auspicato di poter lavorare anche il sabato. Ed è ciò che puntualmente si verificherà in virtù dell’accordo raggiunto a fine maggio sul rinnovo del Contratto nazionale mantello (Cnm) dell’edilizia. Per noi questi cantieri sono luoghi strategici, dove costruire le premesse per far pressione sul padronato e sulle autorità nell’interesse dei lavoratori.
In cosa differisce il lavoro sindacale sui cantieri Alptransit da quello che fate nel resto dell’edilizia?
Innanzi tutto con Alptransit stiamo sperimentando da qualche anno ciò che capiterà in futuro nell’edilizia in Svizzera: la presenza di una “nuova” immigrazione, caratterizzata da persone che non provengono più soprattutto dai paesi del sud dell’Europa (Italia, Portogallo, Spagna), ma in primo luogo dalla Germania (in particolare dall’ex Ddr e dal bacino della Ruhr) e dalle zone periferiche dell’Austria. Una buona parte di esse provengono da regioni molto industrializzate, e non più da zone rurali come capitava un tempo. In genere si tratta di lavoratori che hanno una grande coscienza sindacale, e – per quanto riguarda in particolare i germanici e gli austriaci – delle buone qualifiche. Per noi era importante cominciare ad accumulare esperienza sindacale con questi lavoratori. C’è poi l’aspetto numerico. Per la prima volta nell’edilizia abbiamo dei cantieri che raggruppano centinaia di persone. Fare lavoro sindacale su cantieri del genere implica delle capacità di gestione non facili da acquisire: non è come nell’edilizia, dove spesso ti ritrovi su cantieri piccoli e dove tra l’altro non si lavora a turni come avviene sui cantieri Alptransit.
Quali difficoltà avete incontrato all’inizio?
Quello dei lavori in sotterranea – con le problematiche del lavoro a turni, della sicurezza, ecc. – era un settore che non conoscevamo. Abbiamo dovuto recuperare un’esperienza che era andata persa dopo gli ultimi trafori al San Gottardo [1969-1980, ndr] e al Monte Ceneri [scavi terminati nel 1984, ndr]. Nei rapporti con i lavoratori non abbiamo avuto difficoltà. Dall’inizio abbiamo scelto di tutelarli nel migliore dei modi, anche quando le loro esigenze andavano a cozzare contro le leggi. È stato il caso della Legge federale sul lavoro, pensata per i lavoratori che abitano in Svizzera, che fissa un massimo di sette giorni consecutivi di lavoro a turni. Come Sei allora accettammo che si andasse oltre, contravvenendo alla legge. Sono stati i lavoratori stranieri a chiedercelo: non traevano alcun beneficio dai giorni di riposo passati qui, e volevano avere più giorni a disposizione da passare a casa con le loro famiglie. Quindi è stata concessa loro la possibilità di accumulare i giorni di riposo acquisiti superando il limite dei sette giorni consecutivi di lavoro.
Com’è stato l’approccio con i lavoratori?
In genere i lavoratori germanici e austriaci non avevano una grande fiducia nel sindacato, avendo avuto in passato cattive esperienze nei loro paesi. Abbiamo perciò dovuto guadagnarci la loro fiducia, dimostrare dall’inizio con i fatti che alla base del nostro lavoro c’erano i loro interessi: per questo da subito abbiamo avuto una presenza quasi quotidiana sui cantieri, una cosa alla quale non erano abituati. Nei primi tempi non è stato facile, anche perché ogni settimana arrivavano nuovi lavoratori: un sacco di riunioni, tantissimo materiale distribuito, ore e ore passate a spiegar loro come leggere una busta paga svizzera, come comportarsi in determinate situazioni... La fiducia l’abbiamo conquistata anche attraverso delle vertenze sindacali (come quella che ci ha opposto a una ditta che non voleva riconoscere alcune spese riconosciute nel contratto) oppure battendoci affinché le ditte riconoscessero ai lavoratori i salari corretti in base ai diplomi ottenuti. Siamo intervenuti, e poco a poco le cose sono andate a posto. Ora i salari dei lavoratori qualificati – sono in particolare i germanici e gli austriaci, mentre gli italiani hanno in genere un’esperienza empirica maggiore – impiegati dalle ditte che sono arrivate in Svizzera (la Hochtief o la Alpine Mayreder) sono più alti di quelli dei lavoratori della Zschokke e della Csc. È la dimostrazione che con un Ccl di obbligatorietà generale che regola i salari, e con una presenza sindacale costante sui cantieri, l’arrivo di lavoratori dall’estero non provoca dumping di alcun tipo.
Il sindacato disponeva di funzionari con un’esperienza nel settore dei lavori in sotterranea?
Erano pochi ad avere un’esperienza in questo campo. Purtroppo siamo giunti impreparati a questa scadenza. Dal Ticino chiedemmo alla centrale di istituire in seno al sindacato una sezione specifica per i lavori in sotterranea. Senza successo. Non abbiamo potuto sfruttare l’esperienza sindacale accumulata negli anni precedenti, ad esempio sui cantieri della nuova trasversale del Lötschberg i cui lavori erano iniziati qualche anno prima rispetto a quelli al San Gottardo. Aldilà di interventi puntuali e necessari su alcuni cantieri (ad esempio a Sedrun e, per quel che riguarda il Lötschberg, a Ferden), la direzione nazionale non ha mai fatto di Alptransit un asse strategico della politica sindacale.
Su quali aspetti i lavoratori oggi sollecitano maggiormente il sindacato?
Ve ne sono parecchi. Dal rispetto del tempo di viaggio a Bodio [oggi il trenino impiega circa un’ora e mezza, andata e ritorno, dal cantiere ai due fronti di scavo, ndr] al caldo e all’umidità, dal rispetto dei turni e dei piani di lavoro alle indennità per vitto e alloggio, da questioni contrattuali di vario tipo a quella della sicurezza. Importante è anche la questione delle indennità per lavori usuranti. Mai prima d’ora era stata scavata una galleria con tanti chilometri di distanza tra il portale di accesso e il fronte di scavo, e con 2mila metri di roccia tra il livello di scavo e la cima della montagna. Ciò comporta innumerevoli e inediti problemi geologici, di calore, umidità, ecc. Si è confrontati con situazioni nuove, come ad esempio il cambio dei dischi delle fresatrici, effettuato a temperature elevatissime. Perciò noi proponiamo un aggiornamento dell’appendice 12 del Cnm, affinché i lavori usuranti di questo tipo siano indennizzati in maniera adeguata. I lavoratori, dal canto loro, vorrebbero poter ricevere un attestato da produrre all’assicurazione nel caso in cui dovessero insorgere delle malattie legate a questi lavori usuranti. È solo un esempio, che dimostra qual è l’esperienza, la coscienza sindacale di questi lavoratori con i quali noi – a differenza di quanto avviene di norma nel resto dell’edilizia – riusciamo ad avere un rapporto quasi alla pari.
Esistono margini di miglioramento del vostro lavoro sindacale sui cantieri Alptransit?
Sì, certo. Si tratta innanzi tutto di riuscire a strutturare e ad organizzare la presenza dei lavoratori. Avere cioè dei delegati, dei comitati, delle assemblee regolari. La presenza sindacale ruota ancora molto attorno a noi sindacalisti. Sarebbe auspicabile che i lavoratori camminassero con le proprie gambe. Si tratta di una sfida difficile, ma tenuto conto dell’esperienza lavorativa e sindacale di molti di loro, non è un’impresa impossibile.
Pubblicato il
08.07.05
Edizione cartacea
Anno VIII numero 27-30
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