A briglie sciolte

Sono in Kyrgyzstan per il progetto italo-ticinese che vuole svilupparvi la diagnosi ed il trattamento del cancro del seno. Il Kyrgyzstan è un paese montagnoso, chiamato anche “la Svizzera dell’Asia”, schiacciato tra il Kazakhstan e la Cina, da cui è separato dalla catena del Tien Shan (con picchi che sfiorano gli 8.000 metri). Il Kyrgyzstan è uno dei paesi che fanno parte del cosiddetto “Helvetistan”, quel consorzio che permette alla Svizzera di essere rappresentata nel direttorio della Banca Mondiale. Nonostante ciò e malgrado che il progetto stia andando alla grande, tanto che speriamo di farne un modello da proporre ai paesi poveri, dopo averci fornito un aiuto tramite l’Ambasciata di Biskek durante i primi due anni, ora la cooperazione svizzera si è chiamata fuori con scuse poco convincenti. Ma se Berna fa orecchie da mercante (per ripicche politiche?), Pechino non dorme.


Un anno fa avevo presentato questo progetto nella capitale cinese ad un convegno nel quale si discuteva cosa fare di oncologico a margine del faraonico progetto della nuova Via della Seta. L’Accademia delle Scienze Mediche Cinesi decise quindi di cooperare anche finanziariamente, per cui una loro delegazione ci ha raggiunti in Kyrgyzstan ed in quattro e quattr’otto abbiamo convenuto un notevole potenziamento del progetto. Ciò nell’ambito di quel ramo della nuova Via della Seta che, uscendo dalla Cina, passa per il Kyrgyzstan per arrivare poi fino in Germania. La delegazione cinese era diretta da You-Lin Qiao, il più noto epidemiologo cinese nel settore del cancro, mia vecchia conoscenza.


You-Lin mi accompagna poi nel Sinkiang cinese a visitare Kashgar, lo snodo principale di diversi rami nella storica Via della Seta, che dalla fine del primo secolo a.C. ha collegato le due superpotenze di allora, Roma e la Cina. Durante quasi 1’500 anni, fino cioè alla conquista dell’Asia Centrale da parte degli eserciti musulmani, da qui è passata la maggior parte dei commerci tra Est e Ovest. Kashgar è situata vicino alle pendici della catena del Pamir e alla fine del terribile deserto del Takla Makan, termine che nella locale lingua turcofona significa “chi entra non vi esce”. Questo deserto è difatti tristemente noto per le sue terribili tempeste di sabbia, che oltre ad innumerevoli carovane nella storia hanno completamente sommerso diverse dozzine di città. Kashgar ha un fantastico nucleo storico, dove si fondono stili architettonici veneziani, bizantini e cinesi e conta oggi un po’ meno di mezzo milione di abitanti, non essendo quindi nella toponomastica cinese neanche una piccola città, ma solo un grosso borgo. Quasi il 90% degli abitanti di Kashgar sono uiguri, popolazione turcofona e di fede islamica, che rappresenta anche quasi la metà dei 25 milioni di persone che popolano l’enorme Regione Autonoma del Sinkiang.

 

Questa regione, in gran parte desertica e scarsamente popolata, nella storia non è sempre stata cinese, essendo stata spesso coinvolta nel “Grande Gioco” tra impero britannico, russo e cinese per il controllo dell’Asia centrale. Anche qui si notano ora fenomeni di radicalizzazione, ciò che ha ravvivato sentimenti di indipendenza e ha scatenato varie sommosse. Le misure di sicurezza sono quindi eccezionali, la presenza della polizia asfissiante e, proprio durante la mia permanenza il governo cinese ha pubblicato un decreto legislativo, che regola la “rieducazione degli estremisti”. Secondo fonti non verificabili, sarebbero dozzine di migliaia gli uiguri racchiusi e sottoposti a queste misure. Pechino sta facendo investimenti colossali per sviluppare il Sinkiang e tra questi forse il principale è uno dei tanti progetti della nuova Via della Seta. E qui rientra in gioco Kashgar, da cui partirà (i lavori sono già iniziati) il “corridoio sino-pachistano” nel quale Pechino investirà 60 miliardi di dollari in autostrade, ferrovie, porti, terminal petroliferi e che collegherà appunto la “perla del Sinkiang” con il porto pachistano di Gwadar.

 

Il Presidente Xi Jingpin, il cui culto della personalità è in continuo aumento, sta scommettendo il suo posto nella storia con questi faraonici progetti. E potrebbe anche darsi che ci riesca. Allora Kashgar, oggi città sonnolente e i cui tesori artistici sono stati in gran parte saccheggiati dagli occidentali e si ritrovano oggi nei musei europei, potrebbe tornare ad essere uno snodo fondamentale dei traffici internazionali.

Pubblicato il 

18.10.18
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