Alesia, tracce di un mito

52 avanti Cristo. Giulio Cesare ha appena subito un terribile rovescio militare. A Gergovia gli arverni hanno inflitto gravi perdite alle legioni romane e massacrato quasi tutta la cavalleria. Cesare conduce undici legioni, 65 mila uomini, verso Ginevra per congiungersi con gli ultimi alleati rimasti in terra gallica: gli allobrogi. L’imboscata è nell’aria. Presso un fiume la cavalleria gallica guidata da Vercingetorige sbarra il passo ai romani, che però contrattaccano con successo e obbligano gli aggressori a ripiegare su Alesia. Cesare assedia la cittadella fortificata ed erige a sua volta un doppio sbarramento di fortificazioni che da una parte racchiude gli 80 mila galli asserragliati ad Alesia e dall’altra protegge dal certo arrivo di truppe di rinforzo raccolte presso tutti i popoli della Gallia circostante. L’assedio si prolunga. I viveri scarseggiano. La disperazione spinge i galli ad espellere i non combattenti, comprese le donne e i bambini, che muoiono tutti imprigionati tra i due schieramenti. Alla fine Cesare vince la battaglia e con essa la resistenza delle popolazioni galliche. Ma dove si trova Alesia? La questione è spinosa perché attorno alle vicende di Vercingetorige e dei suoi eroici combattenti è cresciuta un’intricata selva di valori simbolici, interpretazioni ideologiche e motivi di orgoglio nazionale. Negli ultimi 150 anni ogni governo francese ha cercato di addomesticare il mito della “prima battaglia di Francia”. Sotto Napoleone III, nel 1858, si scoprono ad Alise-Sainte-Reine, in Borgogna, le vestigia di una fortificazione gallica. La topografia del luogo non corrisponde alle descrizioni che ne fa Cesare nel suo racconto delle guerre contro i galli. Ma l’opportunità di dare ai francesi un simbolo forte dell’eroica resistenza contro l’invasore (i prussiani incombono sul Reno) è troppo allettante perché i dettagli topografici siano di qualche peso. Anche l’imbarazzante inesistenza di prove archeologiche che in quel luogo sia mai avvenuta una battaglia può essere superata con il miracoloso ritrovamento di una grande quantità di armi, oggi ritenute di provenienza incerta. Gli archeologi dell’epoca hanno dato una lustratina al mito per conto dell’imperatore. Un Vercingetorige sfortunato e tradito dai suoi è invece l’immagine del mito proposta dal maresciallo Pétain, capo del governo collaborazionista durante la seconda guerra mondiale e, manco a dirlo, strenuo difensore del sito ufficiale di Alesia. Con de Gaulle il mito cambia bandiera e rappresenta l’eroica resistenza contro i tedeschi, ma resta intoccabile. Un mito nazionale è più storico della realtà storica e resisterà probabilmente anche all’evidenza archeologica che porrà Alesia altrove. A Syam, forse, nel Giura Francese, che sembra corrispondere alla descrizione di Cesare e pare disporre di validi argomenti che però, noblesse oblige, gli archeologi non hanno ancora avuto modo di verificare.

Pubblicato il

14.09.2005 12:30
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