affari e diplomazia

ll Trans Adriatic Pipeline (Tap) è un progetto di gasdotto che intende trasportare miliardi di metri cubi di gas da Shah Deniz, in Azerbaigian, fino in Puglia. È stato lanciato nel 2003 dalla Elektrizitäts-Gesellschaft Laufenburg (Egl), società elvetica oggi assorbita da Axpo, il gruppo pubblico appartenente a diversi cantoni della Svizzera tedesca. Un progetto controverso e pieno d'insidie, per proseguire il quale è stato necessario poter contare su buoni appoggi politici. Sostegni che la Confederazione non ha certo lesinato. Non senza qualche ambiguità.

Baku, capitale dell'Azerbaigian, 14 novembre 2011. Doris Leuthard è ricevuta dal presidente Ilham Alijev. Un incontro che suggella le buone relazioni tra i due paesi e che vede al centro dei colloqui il tema dell'energia. Nell'ottica di «migliorare la sicurezza di approvvigionamento di gas della Svizzera», si legge nel comunicato stampa della Confederazione, «l'obiettivo prioritario della visita è quello di sostenere il progetto Trans Adriatic Pipeline che coinvolge l'impresa svizzera Egl oltre alla norvegese Statoil e alla tedesca E.On-Ruhrgas».

 

Tre mesi prima, la consigliera federale argoviese era già stata in Turchia, altro paese strategico con il quale bisognava negoziare un accordo di transito del gas. Nel suo discorso ufficiale, la Confederazione ha sempre giustificato il suo sostegno al Tap con ragioni di natura energetica. Ma difficilmente il gas arriverà in Svizzera: semmai esso servirà ad alimentare a basso costo le tre centrali italiane nelle quali Axpo detiene una partecipazione.


Egl gode di un sostegno particolare all'interno del Consiglio federale: dal 2002 fino al giorno in cui fu eletta in Governo, nel 2006, Doris Leuthard è stata infatti membra del suo consiglio di amministrazione. Ma non è solo la ministra dell’energia ad adoperarsi a favore della società elettrica. Il lettore forse ricorderà la foto di Micheline Calmy-Rey, velata, a fianco del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. Era il 2008, e quella discussa visita a Teheran era stata fatta proprio per suggellare un contratto gasiero tra la compagnia di Stato iraniana e la Egl. Un accordo, primo nel suo genere tra un'impresa occidentale e l'Iran, che fu possibile solo grazie ai contatti diplomatici che il Dipartimento federale degli affari esteri aveva stabilito in Iran. Il gas sarebbe dovuto transitare dal Tap ma, in seguito alle pressioni americane, il contratto fu sospeso nel 2010.


Dopo l'Iran, il sostegno governativo al progetto si focalizza su uno Stato con cui la Svizzera intrattiene relazioni sempre più strette: l'Azerbaigian. Entro il 2013, il governo azero deve decidere a chi concedere l'appalto per la realizzazione dell'infrastruttura di trasporto del gas. E in corsa, oltre al Tap, vi sono altri due progetti. La posta in gioco è enorme: si tratta di un affare da diversi miliardi di franchi.


Così, con il gasdotto in sottofondo, le relazioni tra i due Paesi si rafforzano. Nel 2008 viene aperta l'ambasciata elvetica a Baku mentre a Berna, sotto la Cupola, viene creato il gruppo parlamentare Svizzera - Azerbaigian il cui segretariato è stabilito a Baden (Ag), presso la sede della Axpo. I consiglieri federali si recano più volte sulle rive del Mar Caspio, accolti da governanti rinomati per l'alta propensione alla corruzione e il non rispetto dei diritti umani (vedi articolo a pagina 3). Ma poco importa. È la realpolitik in salsa elvetica. Dopo la crisi con la Libia, la Confederazione ha trovato nell'Azerbaigian il partner che ha sopperito a circa il 30% delle importazioni di petrolio prima garantite da Tripoli. E il progetto della Egl – si continua a dire Berna – potrebbe garantire importanti forniture di gas. Ma se la Svizzera è interessata all'Azerbaigian, l'Azerbaigian ha dal canto suo le proprie pedine da muovere in Svizzera. Dal 2007 la Socar, l’azienda petrolifera di Stato, vero e proprio veicolo di ricchezza del clan al potere, ha installato a Ginevra la sua antenna di trading. Inoltre, due giorni dopo la citata visita a Baku della Leuthard (accompagnata per l'occasione anche dal direttore generale di Egl, Hans Schulz), la Socar annuncia l'acquisto delle 170 stazioni di servizio Esso della Svizzera. 

La scelta vincente (di Axpo)

Nel marzo 2013, Michael Hoffmann, rappresentante del Tap, aveva sottolineato l'importanza del sostengo pubblico: «L'inclusione del Tap nell'agenda prioritaria del Consiglio federale ha permesso di fare aumentare l'importanza del progetto tra gli altri principali partner politici implicati». Pochi mesi prima, l’argoviese Walter Steinmann, direttore dell’Ufficio federale dell’energia, si era recato anch’egli a Baku per promuovere il Tap. Così, forti di questo sostegno, nel giugno 2013 il progetto svizzero vince l’appalto: sarà la Tap Ag, società basata nel Canton Zugo, a condurre il progetto.


La ditta rivoluziona subito la sua struttura: Socar e Bp con il 20% e Total con il 10% entrano nel pacchetto azionario. Poi arriva la belga Fluxys (19%) e la spagnola Enegas (16%) che rimpiazzano E.On e Total, nel frattempo uscite di scena. E Axpo? La società svizzera ha drasticamente ridotto la sua partecipazione, passando dal 42,5% al 5%. Una vendita che le ha permesso di guadagnare un bel gruzzoletto considerando che, con la recente vendita del suo 20% di azioni all'italiana Snam, la norvegese Statoil ha incassato circa 130 milioni di euro. Oggi la Tap Ag è sempre più sotto influenza azera, tramite il presidente del cda e una piccola sagl di Zugo, la AzTap GmbH, di proprietà di una società di Baku direttamente controllata dal clan politico al potere in Azerbaigian.


No Tap

In Italia, intanto, il gasdotto continua a far discutere. Nel settembre 2014, la Commissione di valutazione d’impatto ambientale (Via) ha autorizzato il progetto. Ma il decreto ministeriale è condizionato dal rispetto di 53 prescrizioni tecniche, gran parte delle quali devono essere assicurate prima dell’inizio dei lavori. Per ora soltanto tre di queste prescrizioni sono state avallate dalle autorità. Se il progetto ha il sostegno governativo, a livello locale sono già attivi diversi gruppi No Tap che si oppongono all’opera. La Svizzera, dal canto suo, continua a sostenere il gasdotto: lo scorso mese di marzo, la Segreteria di Stato dell’economia, ha concesso un prestito di 6,6 milioni di franchi all’Albania per ammodernare le sue strutture gasiere e garantire la realizzazione del ramo albanese del Tap.

 

Tra grosse perdite e prestiti pubblici

 

A fine 2014 le perdite della Tap Ag si attestano a circa 121 milioni di franchi. Lo si legge nel bilancio 2014 della società. Ma dal documento che area ha potuto consultare emerge una realtà ancora più inquietante. Gli esperti della Deloitte, società incaricata dell'analisi dei conti, dapprima mettono in guardia: «Il progetto è soggetto ad una serie di rischi che possono variare nel corso del tempo». Viene poi messo nero su bianco che esistono dei pericoli «connessi ai permessi, a motivi politici o tecnici che possono comportare ritardi nella tabella di marcia del progetto o eccedenze di spesa che potrebbero indurre gli azionisti a concludere che il progetto non sia realizzabile». Un'eventualità che potrebbe condurre i soci a «decidere di liquidare la società». I revisori sottolineano inoltre come la costruzione del gasdotto «tocca delle regioni con delle situazioni politiche instabili» e che «il progetto potrebbe fare fronte a side geologiche inattese». Insomma, anche se Axpo comunica che le prime forniture del gas attraverso il Tap dovrebbero giungere in Europa nel 2020, il progetto sembra basarsi su pilastri finanziari fragili. In questo contesto la Banca europea d'investimenti (Bei) potrebbe intervenire e accordare un prestito. Questo istituto pubblico, appartenente agli Stati europei (ma non alla Svizzera), ha lanciato una discussione lo scorso mese di agosto per un prestito di due miliardi di euro: si tratterebbe del più grande credito mai accordato dalla banca!

Pubblicato il 

16.12.15
Nessun articolo correlato