La mobilitazione dei lavoratori ha indotto il Parlamento federale ad approvare con urgenza aiuti statali alle acciaierie in difficoltà, ma la Steeltec di Emmenbrücke (Lucerna) non intende rinunciare al suo piano di ristrutturazione e ai licenziamenti di massa. Una prospettiva inaccettabile per i sindacati e per i lavoratori, che chiedono di essere sentiti dai vertici societari e che venerdì si riuniranno in assemblea per decidere i prossimi passi. “È mancanza di riconoscenza nei confronti dei lavoratori”, affermano i sindacati Unia e Syna, Società impiegati commercio Svizzera ed Employés Suisse in una nota congiunta in cui si sottolinea l’“insensatezza” della decisione dell’azienda lucernese controllata dal Gruppo Swiss Steel. Ciò alla luce del successo ottenuto grazie alle lotte degli operai della Stahl di Gerlafingen (Soletta) e della stessa Swiss Steel dello scorso autunno in difesa dei loro impieghi e del mantenimento di un’industria d’importanza strategica come quella del riciclaggio dell’acciaio. Una mobilitazione andata avanti per settimane (con manifestazioni a livello locale e a Berna) e che è riuscita a smuovere la politica: in dicembre le Camere federali, peraltro contro il parere del governo, hanno infatti approvato con procedura d’urgenza una modifica della legge sull’approvvigionamento elettrico che introduce la possibilità per l’industria siderurgica di farsi rimborsare una parte delle tariffe per l’utilizzo della rete elettrica, una spesa che incide molto sui suoi bilanci. Per Swiss Steel questo significa, tenuto conto anche degli aiuti cantonali, di uno sgravio di circa 25 milioni di franchi sull’arco di quattro anni, sottolineano le organizzazioni sindacali portando ad esempio la Stahl di Gerlafingen, che ha rinunciato ai licenziamenti e optato per l’introduzione del lavoro ridotto. Si può ristrutturare senza licenziare Swiss Steel invece, a conclusione della procedura di consultazione, ieri in serata ha confermato l’intenzione di sopprimere 130 posti di lavoro nel sito produttivo di Emmenbrücke, che si dovrebbero tradurre in una cinquantina di licenziamenti (contro gli 80 previsti in un primo tempo) da qui a fine marzo. Una decisione in contraddizione con la prospettiva degli aiuti stanziati dalla Confederazione e dal Cantone, si sottolinea nel comunicato in cui peraltro si ricorda anche come durante la consultazione i sindacati e le associazioni dei dipendenti abbiano presentato proposte pertinenti che consentirebbero una ristrutturazione senza licenziamenti. “Che è anche il senso dell’attuale piano sociale, che prevede esplicitamente il pensionamento anticipato”, affermano. “Considerando il numero di dipendenti di età superiore ai 60 anni che hanno diritto al pensionamento anticipato e la fluttuazione naturale del personale, entro la fine del 2026 sarebbe insomma possibile ridurre i posti di lavoro senza licenziare nessuno”, scrivono i sindacati. I lavoratori non ci stanno Il fatto che Swiss Steel voglia proseguire con i licenziamenti dimostra una “mancanza di riconoscenza nei confronti dei lavoratori e mostra un’evidente debolezza strategica”, si legge ancora nel comunicato congiunto dei sindacati, che ribadiscono la necessità di attendere gli effetti delle misure di sgravio federali e cantonali. Di qui l’invito a un confronto diretto trasmesso al CEO Frank Koch e all’azionista di maggioranza Martin Haefner. L’assemblea del personale, dal canto suo, si riunirà nella giornata di venerdì per valutare la situazione. |