Donne in lista. Il Partito socialista si presenta alle prossime elezioni cantonali con una buona rappresentanza femminile. Ma perché è così difficile convincere le donne a candidarsi? Di questo e della campagna in corso abbiamo parlato in quest’intervista con Pepita Vera Conforti del Coordinamento Donne della Sinistra e candidata al Gran Consiglio per il Ps Per il Partito socialista ci sono 30 donne candidate, l’obiettivo era quello di riuscire a candidarne 45 (il 50 percento delle candidature in toto): come giudica questo risultato? È un risultato che non mi stupisce, nonostante l'appassionante e coraggiosa discesa in campo della presidente Anna, questa campagna sembra troppo prevedibile per suscitare emozione. Dobbiamo anche ricordare che quattro anni fa il risultato elettorale fu decisamente deludente con due sole elette, benché le candidate fossero più di oggi, a conferma della difficoltà per le donne di ritagliarsi uno spazio pubblico, se questo non le è già stato riconosciuto a livello professionale. Gli studi a questo riguardo indicano alcuni fattori determinanti per l'elezione di una donna: generalmente titolo universitario (non sempre è il caso per gli uomini) e una posizione professionale importante in questo quadro la carriera all'interno del partito non sempre conta. Non credo di dire nulla di nuovo affermando che spesso sono le grandi lobby economiche (di categoria), sociali (a sinistra le grandi associazioni sindacali,..), religiose (per es. CL), sportive (associazioni di caccia,…) ecc. che possono mobilitare realmente voti e difficilmente le donne riescono ad avere posizioni importanti in questi contesti se non assumono caratteristiche e ambizioni considerate “maschili”, e non sempre basta. Si dice che mettere in cima alla lista un candidato gli dia, comunque, maggiore visibilità che non metterlo in mezzo. Pensa che, nel caso di donne candidate, questo stratagemma potrebbe aiutarle ad essere maggiormente votate? Anche questo può essere uno stratagemma, come i "santini", le liste mirate e la presenza sulla lista del Consiglio di Stato, decisamente più efficace in quanto permette una maggiore visibilità mediatica. Paradossalmente ci troviamo di fronte un partito che ha al proprio vertice tre donne e a livello nazionale un gruppo ben profilato al femminile e proprio per questo risulta difficile far capire la necessità di un'ulteriore potenziamento della presenza femminile. Dall'altra, se abbassiamo lo sguardo dal vertice, ci accorgiamo della necessità di agire più incisivamente affinché le donne possano assumere ruoli importanti nell'amministrazione e in generale nella gestione della cosa pubblica. I dati sono solo da leggere, anche in Gran consiglio di 15 deputati socialisti solo 5 sono donne (di cui 3 subentrate nel corso della legislatura). Quindi in queste elezioni l'obiettivo minimo è confermare almeno questo numero. Ad ogni elezione si ripresenta il “problema” della presenza femminile nelle liste. Perché, secondo lei, questa resistenza delle donne ad esporsi ed impegnarsi attivamente nella politica? L’attività di un partito è poco consono all’organizzazione del tempo delle donne scandito dal lavoro e dalla famiglia, gli orari delle riunioni e l'impegno richiesto possono diventare a certi livelli totalizzanti, gli argomenti sono spesso trattati con un tipo di linguaggio astratto e tecnico che sembra avere una scarso effetto concreto sulla vita delle persone, inoltre si resta spesso sconcertate per il non detto, per quel tatticismo della politica che ci fa sembrare sempre un po' ingenue, almeno fino a quando non se ne impara la sintassi (e non sempre è un bene). Forse per questo le donne sono più inclini a impegnarsi in percorsi dove si riconoscono immediatamente utili alla comunità. Infatti le donne non si disimpegnano ma sono capillarmente presenti lavorando nei comuni e sul territorio. Molte associazioni sociali (es. il recente Movimento dei senza voce, Sos donna, e la storica Acsi, ecc.) sono nate su iniziative femminili, i comitati di genitori sono retti nella pratica dall'impegno delle madri, il volontariato sociale e politico è spesso luogo di attività per le donne ma questo non si trasforma automaticamente in visibilità partitica e sociale. È però vero che questo gran lavorare delle donne non sempre corrisponde a ruoli di responsabilità e di potere, c'è una difficoltà a "esporsi" su un territorio ancora incerto e insidioso, quello storicamente e culturalmente del potere (piccolo o grande) identificato con la figura e con modi maschili. Oggi è su questo piano che possiamo agire, fornendo strumenti e sostegno, incitando ad avere coraggio. Crede che con le donne si vada affermando un altro modo di far politica? Non so rispondere a questa domanda che ricalca la questione se è praticabile una politica al femminile. Personalmente ho piacere a lavorare con le donne, avverto la medesima tensione etica, un linguaggio comune e appassionato, uno sguardo sui problemi che, anche quando è differente e conflittuale, è sempre alla ricerca di soluzioni utili e praticabili. Con gli anni, dopo il primo grande e necessario slancio femminista del '68, inizialmente anche molto normativo pur nella trasgressione, abbiamo imparato ad accettare le differenti ambizioni personali, le diverse storie politiche e personali del mondo femminile, e forse anche a ridere di più di noi stesse. Però mi rendo conto che quello che mi ferisce sempre come donna è constatare che socialmente il successo a una mia simile, anche quello politico, è decretato solo a condizione che sappia ricalcare schemi e modalità maschili mantenendo un rassicurante aspetto femminile in tailleur. Quali sono le battaglie e i successi ottenuti grazie alla presenza delle donne in politica negli ultimi anni? Recentemente la conquista importante è sicuramente stata la depenalizzazione dell'interruzione di gravidanza e in generale una maggiore attenzione alla politica familiare, integrando, per ora solo a livello di studi e proposte politiche, tematiche sociali, economiche e fiscali. Inoltre si sono intensificati gli studi su problematiche considerate ancora tabù come la violenza domestica e le molestie sessuali sul posto di lavoro. Non si può però parlare di grandi vittorie se pensiamo che il coinvolgimento politico di molte donne e uomini a favore dell'assicurazione maternità è rimasto ancora solo un principio costituzionale, o che i salari femminili sono ancora in media 1/4 inferiori di quelli maschili, o che l'organizzazione del lavoro costringe ancora molte donne a scegliere tra lavoro e famiglia…. Come candidata al Gran Consiglio, quali sono a suo parere i temi prioritari che vanno affrontati urgentemente? Il programma del partito mette al centro della propria riflessione la comunità Ticino, una comunità che in questi anni si è parzialmente sfilacciata arrivando con il fiato corto ad affrontare una nuova crisi economica e grandi cambiamenti, con una grande perdita del senso della responsabilità nei confronti delle generazioni future. È quindi importante recuperare questa dimensione solidale e soprattutto etica della politica possibile solo nel rispetto delle regole democratiche. In questo quadro dove il rilancio economico non può prescindere dai bisogni della collettività, ritengo urgente proporre il tema del riequilibrio delle opportunità concrete offerte a donne e uomini. La politica familiare diventa uno strumento indispensabile se riesce a incidere anche sull'organizzazione dei tempi di lavoro, sui congedi parentali per uomini e donne, su salari che rispettino la dignità delle persone, sulla scuola e naturalmente ridistribuendo risorse anche alle strutture di accoglienza ancora carenti in Ticino. Di una maggiore sicurezza beneficerebbero sicuramente le donne ma anche tutta la comunità.

Pubblicato il 

14.02.03

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato