La formazione continua dev'essere un diritto per tutti. Non soltanto per i manager ultracinquantenni. È infatti quanto mai necessaria per le persone non qualificate. Lo sostiene l'Unione sindacale svizzera (Uss) che lunedì ha presentato le sue tesi sull'argomento. Il tema è di stretta attualità: all'inizio del 2009 il Consiglio federale dovrà decidere se e come intende proporre al parlamento l'emanazione di una Legge sulla formazione continua. L'Uss la vuole, e pone delle richieste molto precise (cfr. riquadrato). L'obiettivo del cartello sindacale è di eliminare le discriminazioni che l'attuale sistema tende ad accentuare: per il presidente dell'Uss Paul Rechsteiner «l'attuale sistema aumenta le disuguaglianze generate dalla formazione di base». La palla ora è nel campo dei poteri pubblici, del padronato e dei sindacati. A Confederazione e Cantoni l'Uss chiede di raddoppiare il loro impegno finanziario, che è oggi di 140 milioni. Ne abbiamo parlato con Peter Sigerist, segretario centrale dell'Uss, incaricato del dossier della formazione.

L'Unione sindacale svizzera con una conferenza stampa ha lanciato lunedì una campagna per la formazione continua. Peter Sigerist, lei è segretario centrale all'Uss e responsabile del dossier della formazione: in ambito formativo è questa oggi la vostra priorità?
Direi che formazione di base e formazione continua sono per noi importanti allo stesso modo. Ora abbiamo lanciato una campagna sulla formazione continua, ma i dati concernenti la mancanza di posti d'apprendistato indicano che anche la formazione di base dev'essere un campo d'intervento prioritario per i sindacati.
Una rivendicazione sindacale del tutto nuova è quella del bilancio professionale (cfr. riquadrato). A quali bisogni dovrebbe rispondere?
È una novità ed è al contempo una priorità ed un'urgenza. Se introduciamo un diritto per tutti alla valutazione delle proprie competenze permettiamo a tutti di riconoscere le loro lacune e di farvi fronte con corsi adeguati. Penso ad esempio all'analfabetismo funzionale, di cui molti soffrono pur non essendone coscienti, cosa che ne limita molto non solo gli sbocchi professionali, ma anche la qualità di vita in generale. Leggere, scrivere e saper fare qualche calcolo solo con grande difficoltà può pesare molto nella vita professionale e quotidiana e nella propria percezione di benessere.
Nell'ambito della formazione continua come si situa oggi la Svizzera nel contesto internazionale?
Le statistiche dimostrano che siamo in mezzo al gruppo. Ma siamo in coda al plotone, assieme ad altri Paesi, per l'offerta formativa rivolta a persone con una formazione scarsa e lacunosa, quelle che dunque più ne avrebbero bisogno. Ecco perché abbiamo sottolineato la necessità di conferire un vero diritto alla formazione continua a tutti e non solo a coloro che già hanno un diploma universitario. Perché oggi per uomini che lavorano al 100 per cento al livello del management le possibilità formative non mancano, anzi, e le imprese concedono volentieri il tempo necessario. Tutt'altro è il discorso per le persone meno formate.
Dunque i lavoratori migranti sono i più interessati dalla campagna?
Non solo loro, ma loro forse più che altre categorie. Ma dobbiamo agire anche sul piano politico, e se ci rivolgiamo a coloro che hanno il diritto di voto dobbiamo anche dire che fra coloro che hanno problemi di analfabetismo funzionale, sorprendentemente molti sono svizzeri. E questo è un aspetto importante da sottolineare se vogliamo che le nostre richieste siano accolte dal parlamento e, se del caso, dal popolo.
Se la Svizzera fa una brutta figura nel confronto internazionale, di chi è la responsabilità maggiore: dei poteri pubblici o dell'economia privata?
Direi di entrambi. Un'analisi che abbiamo fatto sui Contratti collettivi di lavoro (Ccl) in nove rami professionali rivela che già soltanto a livello di diritto alla formazione continua ci sono forti disparità fra un Ccl e l'altro. Non solo, anche laddove ci sono dei diritti codificati nero su bianco nei Ccl (ad esempio 3 giorni all'anno di congedo pagato come nell'orologeria), questi sono raramente applicati. Dobbiamo dunque agire su due livelli: da un lato migliorare la codificazione dei diritti nei Ccl, dall'altro insistere nella pratica perché di questi diritti i lavoratori e le lavoratrici possano effettivamente beneficiare. È per questo che nell'ambito della nuova Legge sulla formazione continua vogliamo che sia codificato il principio che questo diritto è garantito a tutti. Il compito è quindi sia dei poteri pubblici che dell'economia.
Ci sono dei cantoni migliori di altri?
Certamente. Il cantone faro in questo ambito è Ginevra, che si è dotato di una Legge sulla formazione continua che prevede anche degli incentivi finanziari per coloro che decidono di migliorare la loro istruzione e che hanno un reddito che non supera i 60 mila franchi all'anno. È una legge giovane, ha appena tre anni, ed è in corso una valutazione dei primi risultati ottenuti. Ma un primo dato importante emerso è che questi incentivi finanziari hanno spinto in particolare proprio persone che finora non avevano mai beneficiato di un'offerta di formazione continua a seguirne una.
Questa vostra campagna mira anche a dare gli strumenti alla manodopera locale per "difendersi" dalla concorrenza sempre più agguerrita che viene dalla libera circolazione delle persone?
Diciamo che ogni individuo meglio formato è in grado di difendersi meglio (se conosce i suoi diritti li può rivendicare collettivamente) e di farsi valere con più efficacia sul mercato del lavoro. In questo senso promuovere la formazione della manodopera locale le permette di avere migliori argomenti da spendere sul mercato del lavoro nei confronti di potenziali concorrenti che dovessero arrivare dall'estero. Però bisogna stare attenti a non avere una concezione troppo stretta della formazione. Essa non deve mirare solo a migliorare le opportunità di trovare un'occupazione sul mercato del lavoro (la cosiddetta "employability"), come dice il padronato. La formazione deve anche fornire gli strumenti per poter vivere bene in una società (ad esempio conoscenza e uso dei diritti politici) e nella vita quotidiana (ad esempio essere in grado di capire il foglietto illustrativo che accompagna un medicinale o saper compilare la dichiarazione dei redditi).
Come giudica oggi la qualità della formazione continua?
Difficile da dire, e questo è un grosso problema. A livello di formazione continua (che è una formazione informale e si svolge fuori dalle strutture pubbliche) c'è un mercato che per l'87 per cento è in mano a privati di cui non sempre si conosce la qualità dell'offerta. In una nuova Legge federale sulla formazione continua vogliamo quindi che lo Stato garantisca la qualità dell'offerta di formazione continua attraverso dei processi di certificazione.
Le prime reazioni del padronato alle vostre proposte sono state piuttosto scettiche.
Per l'economia la questione dell'aggiornamento professionale e della formazione continua dev'essere risolta dai partner sociali nei Ccl. Ma è un approccio del tutto insufficiente, viste le difficoltà e le resistenze che incontriamo quando vogliamo fare dei veri passi avanti. Per questo vogliamo una nuova Legge che regoli tutto il settore, legge a cui il padronato è ferocemente   contrario. Il governo deciderà all'inizio del 2009 se intende sottoporre al parlamento un progetto di nuova Legge sulla formazione continua. L'anno prossimo ci aspetta quindi una battaglia politica molto importante.


Per sapere a che punto si è

La misura più innovativa proposta dall'Unione sindacale svizzera (Uss) nell'ambito della formazione continua è l'introduzione di un diritto individuale all'allestimento di un bilancio professionale ogni 5 anni. Questo diritto potrà esser fatto valere durante tutta la vita lavorativa, in particolare dagli ultracinquantenni. Il bilancio professionale sarà stilato gratuitamente da un servizio specializzato sulla base di due colloqui e dovrà indicare alla lavoratrice o al lavoratore che lo richiede in quale misura le sue qualifiche attuali sono rivolte al futuro e quale formazione continua o riconversione professionale è indicata. Il bilancio professionale sarà allestito al di fuori dell'azienda, ad esempio presso gli uffici di orientamento professionale. Il costo di questa misura è stimato in 8 milioni di franchi all'anno. Essa dovrebbe essere affiancata da un sistema di certificazione della formazione professionale acquisita sul campo ma non documentata da nessun diploma. Gli sforzi che si fanno oggi in questo senso devono essere intensificati e coordinati anche in vista di un riconoscimento internazionale. Secondo l'Uss le competenze acquisite in maniera informale dagli adulti devono poter dare accesso ai diplomi federali senza che sia necessario seguire l'abituale iter formativo. Infine dev'essere allestita un'offerta di formazione di base per permettere il recupero di competenze quali la lettura e la scrittura, la matematica elementare, un seconda lingua o capacità metodologiche e sociali. Particolare attenzione va posta alla popolazione migrante.

Pubblicato il 

12.09.08

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