La Svizzera è davvero il paese del cioccolato e degli orologi a cucù? Forse è più vero che la Svizzera è il paese delle banche. Ma il settore è in crisi, strozzato dal cattivo andamento delle borse e amnistie fiscali estere. All’inizio degli anni Novanta c’erano in Svizzera 592 banche. Nel 2000 erano circa 375. La crisi è tuttora in corso. E un nembo incombe all’orizzonte: gli analisti prevedono che il 15-20 percento degli impieghi saranno soppressi nei prossimi tre anni. Così la crisi si porta via un’altra certezza elvetica: il posto in banca è un posto sicuro. Non più. E il personale come vive questo momento? «Gli impiegati si difendono bene moralmente, nonostante la situazione», afferma Marie-France Goy, segretaria centrale dell’Asib (Associazione svizzera degli impiegati di banca). Signora Goy, possiamo fare il punto della situazione attuale per quanto concerne il taglio di impieghi nel settore bancario? Attualmente hanno annunciato la soppressione di 2’200 - 2’300 posti di lavoro. Una cosa ancora in corso d’opera. Dapprima vengono annunciati i licenziamenti, indi si procede. Chi è stato vittima delle precedenti ristrutturazioni ha ritrovato lavoro o la maggior parte si trova oggi in disoccupazione? Prima del 2001 si trattava più che altro di un ridimensionamento. Chi andava in pensione non veniva rimpiazzato, ad esempio. Gli altri, approfittando della buona congiuntura economica, ritrovavano abbastanza agilmente un posto. Oggi ci sono contemporaneamente tagli del personale causati da ristrutturazioni e dal cattivo andamento della borsa. A questi problemi si aggiungono le soppressioni di impieghi per effetto dell’amnistia fiscale varata da Giulio Tremonti. Quest’ultima davvero non era nei nostri programmi. Le ristrutturazioni nelle banche erano già previste da tempo ma si sperava di riuscire a realizzarle senza licenziamenti. Purtroppo ora non è possibile. Quindi il peggio deve ancora arrivare? Sì, effettivamente lo temiamo. Purtroppo. Negli ultimi anni molte banche si sono orientate quasi esclusivamente sul “private banking”. Dunque molti impiegati saranno specializzati in questo servizio specifico. Oggi che la gestione patrimoniale ha subito un contraccolpo a causa degli scudi fiscali esteri. Chi oggi è disoccupato e ha queste competenze specifiche che chances ha di ritrovare lavoro in Svizzera? In positivo possiamo dire che si tratta di persone che hanno una buona formazione professionale, basi solide e una buona esperienza lavorativa. Queste sono delle carte vincenti per riuscire a ritrovare lavoro, magari in altri rami di attività bancaria. Chiaro che non sarà un processo rapido. C’è inoltre la possibilità di riciclarsi nel settore privato, come manager. Per gli impiegati di banca sarà soprattutto problematica la questione dei salari. I salari nelle banche erano più alti e perciò gli impegni finanziari erano maggiori. Evidentemente le prestazioni che le banche mettono a disposizione degli impiegati creano problemi quando l’impiego viene a mancare. È il rovescio della medaglia. Non sarebbe comunque meglio differenziare maggiormente l’attività delle banche, evitando di concentrarsi troppo sulla gestione patrimoniale? Le persone che ne hanno le possibilità professionali, perché hanno una buona formazione di base, dovrebbero indirizzarsi verso altre specializzazioni (i crediti, il commercio, i cambi,…). In prospettiva si tratterà di indietreggiare nella carriera per poi ripartire verso l’alto. I licenziamenti si giustificano anche di fronte agli utili che le banche continuano a realizzare? È una fortuna che le banche continuino a realizzare degli utili perché se no i licenziamenti sarebbero più numerosi. Se un’impresa non realizza utili significa che non è in buona salute. Comunque non si tratta più di quegli utili spettacolari di qualche anno fa. È vero che negli anni dell’euforia borsistica sono state impiegate molte persone mentre oggi paghiamo in parte il prezzo di un sovradimensionamento passato? Per certi versi è vero. Tuttavia va anche detto che all’epoca dell’euforia borsistica serviva davvero più personale per gestire un volume d’affari consistente. Ragion per cui si procedeva con assunzioni rapide. In due anni si sono creati migliaia di posti di lavoro. All’epoca era difficile immaginarsi quello che sarebbe capitato in seguito. Delle tre principali piazze finanziarie svizzere, ossia Zurigo, Ginevra e Lugano, quale è stata maggiormente danneggiata dalla crisi in termini di impieghi? È difficile stabilirlo. Molto a corto termine il più toccato è il Ticino, soprattutto dallo scudo Tremonti, più che dalla crisi borsistica. Ma anche la piazza finanziaria ginevrina, piuttosto orientata sulla gestione patrimoniale, è molto colpita. Zurigo, per contro, è più diversificata, ed è riuscita ad attutire il colpo un po’ meglio. Paragonando le due amnistie fiscali, quella italiana e quella tedesca, quale ha toccato di più la finanza svizzera? Tutti sono stati toccati dalle amnistie fiscali. La situazione peggiore si è registrata a Lugano, dove sono rimaste danneggiate anche le banche romande e svizzero tedesche che hanno uffici in Ticino. Ci sono banche che hanno chiuso questi uffici o hanno trasferito le proprie attività oltralpe. Grandi e piccole banche sono state colpite allo stesso modo da questa crisi? Dipende dalle attività che praticano. Se la banca piccola si occupa di gestione patrimoniale di clienti italiani è stata maggiormente colpita. Lo stesso dicasi per una banca grande nella medesima situazione. La differenza è che le banche grandi hanno potuto aprire degli uffici in Italia o delle succursali recuperando così dei capitali. Questo è un bene per la banca ma non serve molto dal punto di vista degli impiegati che non hanno potuto seguire i capitali. Quale avvenire prevede per gli impiegati di banca? La crisi durerà ancora molto? È difficile dirlo. Non siamo molto ottimisti. Si parla della fine dell’anno prossimo. Ci sono molte banche in Svizzera romanda che hanno limitato i bonus piuttosto che licenziare. Speriamo che funzioni. Di certo non è una misura che si possa adottare per tempi troppo lunghi. Dopo 10 mesi devono comunque licenziare. Cosa ne pensa dell’ipotesi dei tempi parziali per evitare di sopprimere posti di lavoro? Personalmente la trovo una buona idea. La nostra associazione aveva lanciato questa proposta già nel 1996-7 quando c’erano le prime avvisaglie della crisi. Ma non abbiamo ricevuto alcun riscontro positivo da parte dei nostri iscritti. Abbiamo praticamente dovuto abbandonare l’idea che non era vista con favore dal personale. Una cosa che oggi rimpiango perché, grazie ai tempi parziali, avremmo sì dei salari un po’ più bassi, ma avremmo anche potuto salvare degli impieghi. È difficile cambiare la mentalità della gente, in special modo quando le cose vanno bene e c’è la possibilità di aumentare il proprio stipendio. Allo stato attuale delle cose credo che la spartizione dei tempi lavorativi troverà sempre meno resistenze, soprattutto se la crisi durerà ancora a lungo. È chiaro che la gente si impegna finanziariamente, fa dei progetti e quindi non vede di buon occhio un abbassamento dello stipendio. È stata pure ventilata l’ipotesi di una diminuzione lineare dei salari… Non sarebbe equo visto che gli aumenti di stipendio non sono lineari. Sono ricette che sembrano molto semplici ma in realtà sono difficili da applicare. E nel caso dei quadri bancari? Loro avranno una riduzione dei bonus. I loro stipendi saranno piuttosto stagnanti visto che per essi gli aumenti salariali erano appunto rappresentati dai bonus. D’altro canto abbassando gli stipendi dei quadri bancari si rischia poi che questi se ne vadano altrove… Sì, soprattutto se sono bravi. Capita che altre banche facciano delle offerte, in special modo quelle che si occupano di gestione patrimoniale e curano un loro portafoglio di clienti. Molto spesso col quadro bancario se ne vanno anche i clienti che facevano capo ai suoi servizi. Abolizione del segreto bancario: quali i rischi per i lavoratori È un braccio di ferro tra Svizzera e Unione europea (Ue) l’abolizione del segreto bancario. Non solo con la Svizzera, a dire il vero. Ci sono anche tre membri dell’Ue che non demordono su questo punto: Belgio, Lussemburgo e Austria. La Svizzera non vuole concedere il libero scambio di informazioni sui conti bancari di cittadini europei che andrebbe contro la propria legislazione sulla confidenzialità dei rapporti tra banche e clienti. In compenso Berna propone l’introduzione di una tassa alla fonte di un massimo del 35 per cento sui redditi da risparmio da ristornare ai paesi di provenienza dei capitali. Il tutto sempre nell’ottica della lotta all’evasione fiscale. E se l’Ue tornasse alla carica pretendendo l’abolizione del segreto bancario? Quali sarebbero le ripercussioni in termini di lavoro di tale cambiamento? Ci risponde Marie-France Goy, segretaria centrale dell’Asib (Associazione svizzera degli impiegati di banca): «Il costo in impieghi dell’abolizione del segreto bancario nessuno osa tradurlo in cifre. Secondo le stime il numero di posti persi varierebbe dai 15 mila ai 25 mila per il solo settore bancario. A questi sono da aggiungere anche gli impieghi che verrebbero persi a causa dell’indebolimento dell’attività bancaria in settori come quello alberghiero e la ristorazione, la formazione (scuole professionali, di specializzazione e universitarie), l’informatica, il settore immobiliare». Ma le conseguenze si sentirebbero anche dal punto di vista delle entrate fiscali nelle principali piazze finanziarie del paese. Secondo gli esperti, il settore finanziario, nel senso ampio del termine, garantisce introiti fiscali pari a 24 miliardi di franchi a Confederazione, cantoni e comuni. Praticamente il 21 per cento delle entrate totali. Le banche da sole partecipano nella ragione del 12 per cento. La soppressione del segreto bancario colpirebbe soprattutto le piazze finanziarie particolarmente specializzate in gestione patrimoniale, ossia Ginevra, Lugano e Losanna. Quanto a Zurigo, lì l’attività bancaria è piuttosto orientata sul “commercial and investment banking”. Infine, secondo un rapporto del Créa (Istituto universitario di Losanna), i problemi sarebbero purtroppo altrettanto gravi persino se l’abolizione del segreto bancario avvenisse in maniera lenta e graduale. bina

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21.02.03

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