Addio cara cassiera

Le macchine self-service rubano il posto di personale appositamente formato

Le nuove tecnologie cambiano il mondo del lavoro. È successo con la prima rivoluzione industriale; è successo con l’automazione; sta succedendo con l’informatica e la digitalizzazione. La robotica predomina ormai nell’assemblaggio industriale, ma anche in molti servizi, persino nelle cure e nell’assistenza medica. Le trasformazioni attuali sono sotto gli occhi di tutti, ma non sempre ci si accorge di come e quanto profondamente possano incidere nella vita di ciascuno di noi e dei lavoratori in particolare.

Prendiamo, per esempio, il commercio al dettaglio. Le casse self-service consentono alla clientela di scansionare personalmente i prodotti e poi procedere alla transazione di pagamento. L’operazione può avvenire in due differenti modi: con il “self-scanning” il cliente, quando prende dagli scaffali gli articoli che vuole acquistare, li scansiona personalmente con un lettore mobile e poi paga ad un’apposita cassa; con il “self-checkout” il cliente scansiona gli articoli acquistati servendosi della cassa automatica all’uscita dal punto vendita.


Le casse self-service non sono una novità. Negli Usa sono diffuse da tempo. In Svizzera la Migros le aveva sperimentate, senza successo, già nel 1965 a Zurigo-Wollishofen. Oggi il self-scanning è operativo in 176 filiali Migros e 170 filiali Coop. Per quanto finora sia Coop che Migros abbiano assicurato che non vi saranno soppressioni di posti di lavoro e licenziamenti, è chiaro che i sindacati sono preoccupati. In un documento di Unia vengono formulate cinque tesi a proposito delle conseguenze dei nuovi sistemi di cassa: 1) avanza il processo di razionalizzazione; 2) aumentano gli investimenti per lo sviluppo e l’informatica; 3) aumenta la produttività e l’efficienza del commercio al dettaglio a scapito delle condizioni di lavoro e con orari di apertura dei negozi sempre più lunghi e deregolamentati; 4) smantellamento strisciante dei posti di lavoro; 5) cambia il profilo professionale del personale addetto alla cassa.


Ce n’è abbastanza per mettersi in allarme. Ed incominciare a formulare delle rivendicazioni puntuali affinché i benefici della crescente produttività ricadano anche sul personale, le nuove forme di organizzazione del lavoro siano trasparenti, l’estensione dei compiti abbia riscontro anche a livello salariale, le modifiche dei profili professionali avvengano con il necessario miglioramento della formazione continua e del perfezionamento, non venga trascurata la protezione della salute.


Sul tema, abbiamo intervistato la dottoressa Ursula Stöger, collaboratrice scientifica dell’Università di Augusta (Augsburg, in Germania) nelle ricerche di socioeconomia del lavoro e delle professioni, relatrice al convegno di Unia del prossimo 2 dicembre.

Dottoressa Stöger, per i sindacati le casse self-service rappresentano uno smantellamento strisciante di posti di lavoro. I datori di lavoro sostengono che non vi sarebbero licenziamenti diretti e riduzione di personale. Che cosa invece ha constatato lei finora?
La strategia del taglio dei costi del personale viene perseguita oggi dalle aziende non con una soppressione diretta di posti di lavoro, ma piuttosto mediante l’utilizzo del lavoro a tempo parziale e l’abbassamento delle retribuzioni. L’uso delle casse self-service serve a sostenere queste misure; e la procedura dell’incasso viene assunta direttamente dalla clientela. L’ideale è che il cliente paghi con carta di credito, di modo che il personale alle casse non abbia più a che fare con denaro contante e venga sgravato di questa responsabilità. Il lavoro alle casse si trasforma così da attività finora di piena responsabilità, in un compito che si impara rapidamente e non richiede alcuna formazione. In tal modo l’azienda giustifica per questo lavoro un compenso minore, da fissare anche nel contratto collettivo. I costi del personale vengono risparmiati anche con la riduzione delle ore di lavoro di ogni singolo dipendente nell’ambito dell’occupazione a tempo parziale. Finora, con l’impiego di casse self-service, le imprese non hanno potuto rinunciare al personale, poiché la sua presenza è necessaria per eliminare i problemi nell’uso degli apparecchi, per rispondere alle domande dei clienti, per controllare l’acquisto di alcolici e per la sorveglianza. Se in seguito a sviluppi futuri si arriverà ad una riduzione di personale, si vedrà. Dipende naturalmente da diversi fattori, tra i quali l’evoluzione dei salari reali e del commercio via Internet.

In ogni caso, con l’introduzione delle casse self-service, come cambiano le mansioni ed il profilo professionale dell’attuale personale addetto alla cassa?
La loro attività, in passato qualificata, sparisce. Il lavoro che rimane diventerà un compito semplice che non richiede una lunga formazione, avrà una funzione ausiliaria in caso di difficoltà dei clienti alle casse e un ruolo di sorveglianza. Compiti da svolgere spesso in piedi, poiché sparisce il posto a sedere alla cassa e, per quanto ne so, anche presso alcune delle rimanenti casse tradizionali dove pure si lavora in piedi.

Le modifiche dei profili professionali di addetti alla vendita necessitano, come sostiene il sindacato Unia, di «un più approfondito esame», di «accompagnamento tecnico» e di una «valutazione esterna» da parte di una scuola universitaria professionale?
Per quanto ne so, non esistono ancora studi dettagliati in materia. Importanti sarebbero delle ricerche sui cambiamenti dei profili professionali e sulle relative conseguenze per il personale (evoluzione delle qualifiche, carichi di lavoro), come pure sull’evoluzione dei posti di lavoro, in modo specifico sull’evoluzione dei volumi di lavoro nel commercio al dettaglio in generale. Oltre a ciò, sarebbero però da sviluppare anche progetti per la creazione di posti di lavoro che comportino per gli occupati delle attività poco onerose, qualificate e stimolanti. Una osservazione che accompagni l’introduzione delle casse self-service sarebbe necessaria anche al fine di permettere agli attori della politica del lavoro (i sindacati e, come in Germania, i consigli di fabbrica) di influire tempestivamente sugli sviluppi. L’esperienza dimostra che un intervento a favore dei lavoratori è molto difficile dopo che una nuova tecnologia è già stata introdotta. Importante sarebbe una codecisione già durante il processo di introduzione di una nuova tecnologia.

Quali aggiustamenti del profilo professionale (formazione continua, perfezionamento ecc.) sono necessari?
Con l’impiego di casse self-service un grande problema è che le attività superstiti non richiedono una formazione professionale. Occorrerebbe invece una qualifica nell’uso delle tecnologie, in particolare nel caso di disturbi dello svolgimento del lavoro causati dalle stesse tecnologie. Sono anche indispensabili, nel contatto con la clientela, qualifiche nel campo delle capacità sociali e comunicative, per esempio quando si ha a che fare con clienti arrabbiati. In Germania, contro le attuali strategie d’impiego del personale, il sindacato unitario dei servizi chiede i cosiddetti posti di lavoro misti, nei quali gli addetti ruotano nelle diverse mansioni (cassa, sistemazione scaffali, vendita e consulenza). Il cambio di mansioni può contribuire a ridurre il peso del lavoro ripetitivo; e possono così sorgere nel commercio al dettaglio posti di lavoro attrattivi, con mansioni diversificate ed elevate esigenze di qualifica nell’assistenza alla clientela, riferita alla consulenza ed ai gruppi di clientela distinti per lingua, livello d’istruzione, età. Inoltre, con l’aumento dei compiti di consulenza, cresceranno certamente, accanto alla richiesta di competenze sociali, anche le qualifiche tecniche (conoscenza dei materiali, origine dei prodotti).

Perché le casse self-service sono impiegate in Svizzera dai leader di mercato Coop e Migros, mentre in Germania questi sistemi «mettono ansia», come scrive Die Welt (3.3.2015)?
Le reazioni in Germania all’impiego di casse self-service sono miste. Una parte della clientela ne approva l’introduzione. È stato constatato, per esempio, che il tempo d’attesa percepito soggettivamente è minore che presso le casse tradizionali, benché la procedura d’incasso duri più a lungo che con una cassiera esperta. Il tempo d’attesa sembra più breve se la clientela collabora. Vi sono però anche clienti per i quali gli acquisti sono un’esperienza positiva se nel negozio hanno a che fare con persone e non con macchine. Alcuni di essi trovano che, se hanno difficoltà davanti a una macchina, se sorgono problemi o se hanno domande, sia una seccatura dover aspettare il personale. Un altro problema è dato dal fatto che i clienti devono adeguarsi alla logica della macchina. Anche questo può favorire atteggiamenti negativi verso una nuova tecnologia. Alle casse self-service nei negozi di alimentari, per esempio, occorre mettere la merce già scansionata sulla bilancia a scopo di controllo. Se ci si dimentica di farlo, appare un segnale di errore che produce irritazione.

Pubblicato il

19.11.2015 15:11
Silvano De Pietro