«Non serbo rancore e non auguro il male a nessuno perché voglio essere in pace e serena con me stessa, ma mi piacerebbe, un giorno, vederlo in faccia Stephan Schmidheiny. E vorrei che lui provasse a stare con un malato di mesotelioma dall’inizio alla fine della malattia. Forse capirebbe». Così ci diceva il 9 dicembre 2009, in occasione della prima udienza del primo grande processo Eternit di Torino contro il miliardario svizzero, la storica presidente dell’Associazione dei familiari e delle vittime dell’amianto (AFEVA) di Casale Monferrato Romana Blasotti Pavesi, morta mercoledì all’età di 95 anni, dopo una vita segnata dal dolore e interamente spesa a lottare. Parole tanto semplici quanto profonde che ben raccontano la grandezza di questa donna coraggio, che ha visto un’intera famiglia morire ammazzata dall’amianto dell’Eternit e divenuta un simbolo, in Italia e nel mondo, della battaglia per la giustizia. Una battaglia per le vittime, ancora tutta da combattere (in Italia come altrove), ma che quel giorno di 15 anni fa, con l’avvio del processo Eternit, visse uno dei momenti più alti.

 

In particolare per la “Signora Romana”, come veniva chiamata: «Attendevo questo giorno da 28 anni», cioè da quando l’amianto fece la prima vittima nella sua famiglia, il marito Mario, ex operaio dell’Eternit morto di mesotelioma. Fu il primo di una serie di lutti: due anni dopo, nel 1983, le toccò seppellire la sorella Libera e poi, nel 1989, il nipote Enrico, nel 2003 la cugina Anna e nel 2004 la figlia Rosa. Tutte vittime dello stesso male incurabile e con la sola “colpa” di aver respirato l’aria di Casale Monferrato. «Sono stati ventotto anni di lotta dura e sofferta, molto sofferta. Non ho nemmeno saputo piangere la morte di mia figlia: ormai non avevo già più le lacrime», ci raccontava. Ma la sofferenza non l’ha mai piegata. «Io non mi lascio vincere dall’emozione, perché voglio continuare ad avere tanta rabbia per andare avanti a combattere. Non è certo questo il momento di cedere, visto oltretutto che oggi godiamo del grande sostegno e dell’aiuto dei giornali, delle radio, delle televisioni, degli scrittori eccetera. Mi auguro (se Dio mi darà la forza, dato che ho già ottant’anni) di poter continuare a gridare fino alla fine la mia grande voglia di giustizia, di giustizia, perché la meritiamo».

 

Ha continuato a gridarlo ancora per tanti anni, presenziando ai processi, a manifestazioni, convegni, rilasciando interviste. “È stata un importantissimo esempio per la lotta all’amianto, non solo per la nostra comunità ma anche a livello internazionale. Le sue enormi sofferenze, causate dall’amianto criminale che ha colpito ripetutamente la sua famiglia, purtroppo con tante altre, le ha trasformate in un lungo impegno di lotta. Con la sua grande forza, umanità e determinazione, ha sostenuto la risposta da dare, con la partecipazione dei famigliari delle vittime e dei cittadini, alla tragedia dell’amianto: Giustizia, ricerca e cura, bonifica”, ricorda Bruno Pesce, figura storica dell’AFEVA e compagno di tante battaglie.

 

Romana Blasotti Pavesi è diventata un punto di riferimento per le vittime della tragedia dell’amianto ben oltre la sua Casale Monferrato (che oggi, in occasione dei funerali ha istituito il lutto cittadino) e i confini italiani, come attestano i numerosi messaggi di cordoglio che da tutto il mondo stanno giungendo all’AFEVA: “Romana è stata un'ispirazione per gli attivisti di tutto il mondo” scrive il coordinatore di Canada Senz’Amianto; “È stato un faro di speranza, una guida impavida nella difesa della verità, della giustizia e di coloro che erano nelle stesse condizioni”, ricorda invece l’associazione americana ADAO. “Ricorderemo sempre questa donna straordinaria di cui abbiamo ammirato il coraggio, la tenacia e la dignità di fronte alle abiette manovre del miliardario Schmidheiny. La sua testimonianza al processo di Torino ci ha commosso e impressionato. Il suo esempio rimarrà, per le vittime dell’amianto di tutto il mondo, come un invito a continuare la lotta” è invece il messaggio inviato dall’associazione nazionale francese per la difesa delle vittime dell’amianto ANDEVA.

 

Anche a chi scrive resta il ricordo di una persona unica e con una forza straordinaria: in ogni incontro, che fosse per un’intervista o per una chiacchierata, ci colpiva la sua capacità di guardare sempre oltre il suo immenso dolore e a quello della sua città. Concludiamo allora questo breve ricordo con una delle tante dichiarazioni che siamo andati a spulciare nel nostro archivio e che ben la raccontano. Era la vigilia della sentenza di primo grado del maxiprocesso di Torino: «Una condanna è sicuramente necessaria, ma la mia grande speranza è che questa immane tragedia venga compresa da quegli industriali che, nel nome del profitto, continuano ancora oggi a causare la morte di lavoratori e cittadini e a fare così tanto male alle famiglie». Che la terra le sia lieve, Signora Romana!

 

Pubblicato il 

13.09.24

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