Acque troppo tranquille

Quando si salpa in acque tranquille c'è il rischio di farsi sorprendere da una bufera. E di non sapere poi come scongiurare il naufragio. La campagna di avvicinamento alla doppia votazione federale del 26 novembre s'è svolta finora senza scossoni. Tanto che fra i sostenitori del doppio Sì c'è una certa apatia. Mentre gli avversari della Legge sugli assegni famigliari e del fondo di coesione per i paesi dell'Est hanno messo in campo tutto il loro arsenale di slogan, di paure e di emozioni. Così i fronti più motivati pare siano proprio quelli dei contrari – che potrebbero trasformare questa motivazione in un successo alle urne.
L'opposizione all'armonizzazione degli assegni famigliari è guidata dal padronato, ma vi hanno aderito anche Udc e Plr. Si tratta di una coalizione capace di farsi maggioranza. Con argomenti inconsistenti e pretestuosi, che mirano soltanto a raccogliere il maggior numero di oppositori possibile con i motivi più astrusi. L'alternativa agli assegni famigliari che il padronato propone è da un lato vaga ed inconsistente ("migliori condizioni quadro per le famiglie": già, ma quando si tratta ad esempio di costituire un'efficace rete di asili nido questa stessa destra si defila); dall'altro l'alternativa è la solita, vecchia ricetta degli sgravi fiscali per le famiglie, quegli sgravi che fanno risparmiare molto di più i ricchi che i poveri e che tolgono risorse allo Stato che così non ha più i mezzi per attuare una vera politica di sostegno alle famiglie. In realtà i figli costano. Lo sanno bene i tanti, i troppi che in Svizzera devono rifare più volte i conti per arrivare con la loro famiglia alla fine del mese. E non sono soltanto i più poveri. Definire allora "un lusso" un assegno di 200 franchi per figlio, come fa il padronato, è di pessimo gusto. Tanto più adesso che l'economia tira, che i dividendi degli azionisti si moltiplicano e che i titoli in borsa volano.
Contro il miliardo di coesione in teoria si è esposta soltanto l'Udc e tutto quanto pullula alla sua destra. Il terreno per questa campagna il partito di Christoph Blocher se l'è preparato in occasione dei precedenti appuntamenti elettorali sul tema dell'integrazione europea. Gli argomenti e le paure sono quindi gli stessi. Con in più l'insidia che stavolta c'è da pagare. Certo, si tratta del prezzo per permettere alle nostre aziende di accedere ai mercati dell'Europa dell'Est in piena crescita. Ma si tratta soprattutto di un contributo alla stabilità economica, politica e sociale di quell'area. Soltanto se i cittadini dell'Europa dell'Est vivranno in paesi con del lavoro a condizioni accettabili, delle democrazie funzionanti e delle reti di sicurezza sociale efficienti, allora non avvertiranno la necessità di venire in Europa occidentale a cercare lavoro – poco importa a quali condizioni. Per porre un argine al dumping sociale e salariale in Svizzera occorre dunque in primo luogo che una diga sia costruita là. Votare No al miliardo di coesione significa invece accettare che il mercato del lavoro sia ridotto a condizioni da far west – all'Est come in Svizzera. E questo certamente non dispiacerà a molti imprenditori che si nascondono dietro l'Udc.
Le acque in vista del 26 novembre sono tranquille. Conviene prepararsi alla bufera. E andare a votare due volte Sì per evitare un doloroso naufragio.

Pubblicato il

17.11.2006 00:30
Gianfranco Helbling