Ogni trionfo, come quello recente di Alinghi nella Coppa America, lascia sempre un indotto positivo; l’immagine dello sport svizzero è uscita rafforzata e consolidata. Mi sono però chiesto quanti nuovi velisti si siano avvicinati ad una disciplina che alle nostre latitudini ha una scarsa tradizione. Non abbiamo un mare e non abbiamo mai avuto dei campioni in grado di competere ai massimi livelli internazionali: ebbene, questo eccezionale successo di una imbarcazione costruita in Svizzera e pilotata da una “multinazionale” di atleti ha inevitabilmente portato alla ribalta, anche da noi, uno sport che non ha mai beneficiato di grossi spazi mediatici. L’enorme impatto di Alinghi sta suscitando un altrettanto elevato interesse di nuovi potenziali velisti? Oppure questa affermazione non riuscirà ad incrementare il numero di praticanti di un’attività che continuerà ad essere considerata come una disciplina per pochi privilegiati? Sono delle domande alle quali oggi è difficile dare una risposta esatta, ma che gli appassionati elvetici della vela dovranno prima o poi affrontare per capire cosa è restato concretamente di quello che è stato un risultato storico per il nostro sport. Lasciamo l’acqua azzurra di Alinghi e passiamo in acque più torbide: dopo il grave dissesto finanziario del Fc Lugano, ecco affacciarsi, con i suoi bilanci in rosso, la profonda crisi del Bc Lugano. Sappiamo tutti cosa è successo ai due ex presidenti di questi due gloriosi club e siamo coscienti che gli attuali dirigenti stanno facendo, con sforzi immani e ammirevole impegno, il possibile per tentare di risanare delle situazioni estremamente precarie e difficilmente risolvibili in una piccola realtà come la nostra. Quando parlo di ristretto contesto, penso ai possibili e richiestissimi sponsor, tanti, tantissimi, “ammalati” e quindi inevitabilmente costretti a fare delle scelte. Non è facile trovare dei rimedi ad una situazione che, in alcuni casi, è sfuggita di mano e non è agevole reperire in Ticino quelle risorse – umane e economiche – che permettano ad ogni società sportiva di far quadrare i conti a fine anno, di andare avanti dignitosamente e senza particolari affanni. È insomma tempo che tutti i club rivedano gli obiettivi e le ambizioni: il lavoro con e per i giovani è sicuramente la miglior premessa per il buon funzionamento, ma spesso questa lodevolissimo impegno non è sufficiente per garantirsi “da vivere”. Ci vogliono degli aiuti e dei contributi finanziari – privati e pubblici – e sarebbe auspicabile pure un intervento scolastico in favore di una sana cultura ed educazione sportiva. Dei valori come il rispetto dell’avversario, l’accettazione della sconfitta e l’esclusione – in campo e fuori – di ogni forma di violenza devono trovare spazio anche nelle aule scolastiche.

Pubblicato il 

14.03.03

Edizione cartacea

Rubrica

Nessun articolo correlato