«Cihan si preoccupava sempre di cosa stesse accadendo attorno a lei. Aveva a cuore i bambini, soprattutto quelli rimasti soli. Ricordo che un giorno ha ospitato a casa un bimbo trovato a rovistare nella spazzatura. Era così: umile e ricca di umanità». Hevi Dar, giornalista di Hawar News Agency (ANHA)- agenzia stampa fondata nel 2013 in Belgio su iniziativa di alcuni giornalisti curdi- ricorda così Cihan Bilgin, collega scomparsa da poco. «Apprendeva in fretta e trasmetteva ogni cosa a noi colleghi. Era benvoluta da tutti», aggiunge Hevi Dar, che seduta nel suo ufficio a Qamishlo, nel nord est della Siria, a stento trattiene l’emozione. Lo scorso 19 dicembre, vicino alla città di Sarren, a nord di Aleppo, un drone turco ha mirato all’auto su cui Cihan Bilgin viaggiava insieme ad un altro collega curdo, Nazim Destan. I due giornalisti stavano rientrando a Kobane dopo aver lasciato la diga di Tishreen, che da tre mesi è al centro degli scontri fra i mercenari dell’Esercito Nazionale Siriano (SNA) guidati dalla Turchia, e le Syrian Democratic Forces (SDF). «Che dire di Nazim? L’ho conosciuto dieci anni fa mentre stavamo documentando le battaglie per la liberazione dei territori che ora formano l’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Est (DAANES) dall’ISIS. Prima di trasferirsi in Siria, Nazim era stato arrestato in Turchia per aver documentato i legami fra il governo turco e lo Stato Islamico. Ci siamo salutati dicendo che ci saremo rivisti presto, ma questo non accadrà più», dice la reporter. «Gli attacchi del governo turco vanno avanti da tempo, ma ultimamente si sono intensificati. Io arrivo da Afrin e non posso tornare nella mia terra» aggiunge Dar ricordando gli sfollati interni dal cantone di Afrin; oggi costretti a scappare anche da Tal Rifaat e Shehba occupate dalle milizie filo-turche a dicembre. «Non è la prima volta che la Turchia si scaglia contro la nostra agenzia» - dice Dar ricordando i colleghi deceduti negli ultimi annia causa delle operazioni architettate dalla Turchia nel nord della Siria. Una lunga listaa cui una settimana fa si è aggiunto Egid Roj, reporter assassinato alla diga di Tishreen da un drone che ha ferito anche diversi manifestanti. «Ci accusano di essere terroristi, ma siamo solo giornalisti. Il nostro lavoro è mostrare la realtà» continua Dar. Dilyar Jizire, co-presidente dell’Unione dei media del Nord Est della Siria, ha dichiarato alRojava Information Centerche Turchia ed SNA siano spaventate dal lavoro dei media, che possono svelare le violazioni dei diritti umani e i crimini commessi contro la popolazione locale e la stampa. Non a caso, l’ultima classifica sulla libertà di stampa di Reporter Senza Frontiere pone la Turchia al 158° posto su 180 Paesi analizzati. «Ad Afrin, ad esempio, le donne sono soppresse per evitare che abbiano un ruolo centrale nella rivoluzione», dice Hevi Dar. Un report diHuman Rights Watch,illustra come nelle aree occupate il giornalismo e l’attivismo mediatico siano scoraggiati dal clima di terrore che si respira. «Lo Stato turco fa di tutto per zittire specialmente le giornaliste», continua la giornalista. Un’indagine di Women Freedom Presspubblicata a settembre 2024 mostra come in Turchia, nel 54% dei casi, ad essere incriminate con l’accusa di terrorismo siano giornaliste curde o reporter che coprono la situazione curda. «La repressione della voce delle donne spesso oltrepassa i confini», ricorda ancora Hevi Dar.Ali Riza Guney, ambasciatore per la Turchia nel Kurdistan Iracheno, dove negli ultimi anni si è consumato il maggior numero di omicidi ai danni di attiviste e giornaliste curde, ha affermato che si può colpire ovunque un obiettivo vicino al PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan, bandito da Turchia, UE ed Usa come organizzazione terroristica). «Noi però siamo forti e motivate. Lotteremo, e continueremo ad andare avanti con il nostro lavoro nonostante tutto», conclude Hevi Dar. |