Accordo ratificato dalla maggioranza dei muratori, ma non sono mancate le voci critiche

«Un accordo è sempre figlio dei rapporti di forza sul campo» Dario Cadenazzi, Unia

Dopo le settimane di mobilitazioni degli edili nelle diverse regioni del paese, nella notte inoltrata di lunedì 28 novembre le delegazioni sindacali e qualla padronale hanno trovato la quadratura del cerchio al rinnovo del Contratto mantello dell’edilizia (Cnm).

 

«Il nuovo Cnm introdurrà semplificazioni nell’organizzazione dell’orario di lavoro e miglioramenti che aumenteranno l’attrattiva del settore. I salari effettivi verranno aumentati di 150 franchi dal 1° gennaio 2023 e i salari minimi di 100 franchi. Diversi argomenti controversi come la limitazione del tempo di lavoro e di viaggio o la migliore protezione in caso di intemperie saranno trattati nell’ambito di un gruppo di lavoro congiunto» si legge nella nota stampa sindacale.

 

L’accordo deve ancora superare lo scoglio dei rispettivi organi decisionali. Il 13 gennaio si riuniranno gli impresari costruttori, mentre lo scorso sabato l'accordo è stato ratificato dalla cinquantina di delegati del sindacato Syna. Altrettanto hanno fatto la maggioranza dei 150 delegati di Unia riuniti a Berna nel fine settimana, esprimendosi favorevolmente per l’accordo.

 

«Nel corso della Conferenza professionale, diversi lavoratori hanno espresso critiche e incomprensione sull’importo dell’aumento salariale, in ragione del persistente boom che sta vivendo il settore da qualche anno e dell’aumento del costo della vita. Molti di loro hanno inoltre sottolineato che la crescente pressione dovuta alle scadenze e ai ritmi di lavoro serrati continua a rappresentare un grosso problema sui cantieri» si legge nel comunicato di Unia diramato al termine dell’assemblea dei delegati.

 

Dei punti critici dell’accordo nazionale e del futuro del ccl cantonale, ne parliamo con Dario Cadenazzi, responsabile Unia Ticino edilizia e membro della delegazione nazionale alle trattative col padronato.

 

Dario Cadenazzi, il Parlamento degli edili di Unia ha dato il suo via libera all’accordo, esprimendo al contempo delle rimostranze per il risultato ottenuto.

Le critiche principali vertevano sul fatto che le iniziali rivendicazioni operaie non si sia riusciti a portarle a casa. Al contempo era chiaro a tutti che un accordo è forzatamente un compromesso. E che il compromesso è figlio dei rapporti di forza sul campo. Non ci sono scorciatoie magiche. Detto questo, possiamo affermare che le mobilitazioni operaie hanno certamente fermato l’offensiva padronale sulla flessibilità estrema, ma non sono riuscite a imporre le nostre rivendicazioni. Lo stesso si può dire degli aumenti ottenuti. I 150 franchi d’aumento generali e i 100 franchi del salario minimo coprono solo una parte del carovita fissato al 3.3% dalle autorità federali. Una cifra del rincaro inferiore alla realtà, poiché non include l’aumento dei premi cassa malattia, una delle principali spese dei lavoratori. Con altrettanta onestà, va detto che dall’altra parte del tavolo negoziale, c’era il vuoto contrattuale. È la mia quarta partecipazione alle trattative del rinnovo contrattuale. Mai come questa volta, l’ipotesi del vuoto contrattuale è stata posta sul tavolo con insistenza dal padronato. Lo hanno fatto fin da subito, a trattative nemmeno iniziate, quando nel 2021 presentarono a mezzo stampa uno studio in cui si teorizzava la fattibilità per il settore di rimanere senza contratto.

Nelle trattative quest’anno, il padronato ha costantemente minacciato la folle ipotesi di lasciare l’edilizia principale senza regole se non fosse passata la loro idea di flessibilità, quella di introdurre le 58 ore di lavoro settimanali. Alla fine dei conti, l’accordo raggiunto scongiura l’eventualità del vuoto contrattuale e della flessibilità estrema, senza al contempo migliorare le condizioni d’impiego come chiesto dagli operai. Un compromesso accettato dalla chiara maggioranza dei delegati edili di Unia lo scorso sabato. 

 

Concluse le trattative nazionali, rimane da chiarire la questione del contratto cantonale ticinese, in scadenza a fine anno…

Le due organizzazioni sindacali da mesi sollecitano il padronato ticinese nell’avviare delle trattative affinché non si arrivasse a cinque minuti dalla scadenza del contratto cantonale. Purtroppo hanno sempre rifiutato i nostri inviti ad incontrarsi, preferendo attendere l’esito nazionale. Ora ci aspettiamo una loro proposta nei prossimi giorni. Da quel che intuiamo, sarebbero intenzionati a chiedere maggiore flessibilità sul piano cantonale, una flessibilità storicamente minore rispetto a quella nazionale. Non voglio anticipare nulla. Alla proposta concreta, risponderemo nei tempi adeguati previsti dal nostro iter democratico, che prevede un'ampia consultazione e discussione con gli operai.

Pubblicato il

12.12.2022 17:25
Francesco Bonsaver