La libera circolazione e accordi bilaterali. Bastano queste parole perché ogni lettore abbia avuto di riflesso una sua opinione già ben definita. Per molti i bilaterali sono la sciagura, per altri un'opportunità, per altri ancora la soluzione "meno peggio". Ogni posizione ha probabilmente un fondo di verità. Tra i residenti in Ticino, tra i lavoratori, la percezione dominante sembra essere negativa. È fondamentale però capire se si tratta della sola percezione o se invece sia supportata da fatti reali. A volte la percezione di un problema lo fa apparire più grave di quanto lo sia in realtà. Ne è un esempio la sicurezza alle cose e alle persone. I dati dicono che la criminalità è in calo, eppure la percezione popolare è che l'insicurezza sia aumentata. Capire se i bilaterali producano un peggioramento o un miglioramento delle condizioni di lavoro dei salariati cantonali è fondamentale per definire le strategie di tutela dei lavoratori, indipendentemente dal loro statuto, la loro nazionalità e il genere a cui appartengono.
Assume quindi una rilevante importanza lo studio sull'impatto della libera circolazione elaborato dall'Osservatorio ticinese del mercato del lavoro redatto da Siegfried Alberton (vicedirettore Istituto ricerche economiche) Giuliano Guerra e Oscar Gonzalez (entrambi collaboratore scientifici Ire).
Il documento ricco di 72 pagine fornisce numerosi dati oggettivi sull'impatto degli accordi bilaterali nei sei anni in cui sono stati  progressivamente introdotti. Ne scaturisce un quadro ben documentato, nel quale però occorre leggere tra le righe. L'astuzia che porta i furbi a districarsi tra le maglie degli accordi della libera circolazione sfugge anche ad uno studio ben articolato come quello dell'Osservatorio del mercato del lavoro presentato giovedì  in conferenza stampa a Bellinzona.
Sugli argomenti sfuggenti ai fini statistici e le furbate varie, vi rimandiamo all'articolo a fondo pagina.
Nella prima parte invece sono trattati i risultati principali scaturiti dallo studio dell'Osservatorio.
In sintesi, non ci sono stati sconvolgimenti della struttura economica e del mercato del lavoro in Ticino dall'introduzione dei bilaterali. Ci sono però alcuni "ma" di cui occorre tener conto: il buon contesto economico in cui sono stati introdotti i bilaterali e il fatto che la libera circolazione delle persone è in realtà funzionante da un solo anno. Dallo studio inoltre si denotano alcune zone problematiche emergenti, perlomeno a livello di tendenze. Tra queste le agenzie di collocamento e il settore del commercio.

La prima considerazione essenziale dei risultati dello studio dell'Osservatorio del lavoro è che l'analisi dell'impatto degli accordi bilaterali è stata fatta in un periodo di crescita economica. Il sistema ha retto, non ci sono stati sconvolgimenti nel mercato del lavoro cantonale, ma tutto ciò è successo in un contesto di vacche (quasi) grasse. Ora che all'orizzonte si profila una recessione economica molto importante, non è detto che il sistema regga allo stesso modo.
Seconda considerazione importante contenuta nello studio: «le misure di accompagnamento hanno fatto emergere problematiche sul mercato del lavoro preesistenti e non collegate alla libera circolazione». Infatti, i bassi salari presenti in un certo tipo d'industria locale esistevano prima dell'introduzione della libera circolazione. L'economia a rimorchio fondata sullo sfruttamento della manodopera a buon mercato di oltre confine è presente dal dopo guerra in Ticino. Ed è per questo, dimostrano gli autori dello studio, che la popolazione di lavoratori frontalieri è aumentata in corrispondenza ad una crescita dei posti di lavoro nel periodo osservato. Storicamente però i frontalieri sono i lavoratori che pagavano per tutti durante i periodi di recessione. Quando c'era la crisi, i permessi non venivano più rilasciati. In questo modo la disoccupazione locale appariva statisticamente più bassa. Nel caso della prossima crisi, dicono i ricercatori, si dovrà osservare come il sistema reagirà senza più "l'ammortizzatore" dei frontalieri. 
Una terza considerazione è che la libera circolazione non solo ha reso evidenti dei fenomeni già presenti nell'economia cantonale, ma li ha accelerati. Primo fra tutti, la flessibilità del lavoro. In generale la flessibilità la possiamo tradurre in due forme: esplosione del lavoro temporaneo tramite le agenzie interinali e il diffondersi del tempo parziale. I dati raccolti dall'Osservatorio lo attestano. «Si può infatti notare come il 41 per cento di tutte le nuove domande di frontalieri sono concesse a donne. Oltre il 45 per cento delle donne frontaliere lavora part‐time, mentre la percentuale relativa agli uomini si attesta al 30 per cento circa. Emerge così una caratteristica importante dei nuovi frontalieri: la flessibilità del lavoro».
Il lavoro del part-time diventa sempre più frequente nel settore del commercio dove spesso, aggiungiamo noi, in assenza di un contratto obbligatorio e di controlli efficaci, lavorare part-time può significare lavorare su chiamata.  Gli autori dello studio avvertono di un altro pericolo nel settore della vendita: «Situazione potenzialmente problematica, infine, quella registrata nel ramo del commercio, dove la tendenza di lungo periodo mostra un aumento generale della manodopera impiegata, ciò che effettivamente si verifica tra gli stranieri ma non tra gli svizzeri». In altre parole, i nuovi posti di lavoro vengono occupati da stranieri, quando prima li occupavano anche gli svizzeri. I motivi nello studio non sono stati indagati.
Un altro fattore «problematico» emerso dallo studio è la vera è propria esplosione di impieghi attraverso le agenzie interinali. Anche in questo caso, l'economia ticinese al pari di quella europea, faceva già uso di questa forma di lavoro detta "atipica". Dall'introduzione dei bilaterali però si è assistito ad un boom di agenzie interinali sul territorio cantonale. Se continuano a nascere, significa che c'è da far soldi. Di sicuro per chi è proprietario delle agenzie di lavoro temporaneo. Guardando infatti la tabella a lato, i già bassi salari versati senza il tramite di agenzie interinali, scendono a livelli indecenti in caso di lavoro temporaneo. Se si osserva bene, i salari mediani delle donne frontaliere alla loro prima entrata sono fermi a 2'427 franchi. Addirittura, quelli degli uomini sono diminuiti nel corso dei 4 anni. Un'altra cosa è importante sapere: salario mediano significa che più del 50 cento di quelle persone percepisce almeno quell'importo come salario d'entrata. Nel caso delle donne, significa che 51 donne su 100 percepiscono almeno 2'427 franchi. Ma vuol altrettanto dire che 49 donne ricevono meno di quell'importo. Nel caso degli uomini invece, lo studio dice che molti interinali vanno a lavorare nella costruzione, il settore dove esiste il migliore Ccl e i controlli sono maggiori. Nell'edilizia ad esempio, sono fissati i salari minimi anche per i nuovi assunti tramite agenzia interinale, corrispondente a 4'224 franchi. Se nello studio il salario di 51 lavoratori su 100  nel caso di prima entrata tramite agenzia interinale corrisponde nel 2008 a 3'120 franchi, conoscendo il salario minimo dell'edilizia, c'è da preoccuparsi per quali stipendi girino negli altri settori. La Commissione Tripartita afferma di osservare sotto stretta sorveglianza il fenomeno delle agenzie temporanee. Con quest'ultime è stato anche siglato nel 2006 un "accordo fra gentiluomini" per il rispetto delle regole. I dati emersi dallo studio sottolineano però che il settore delle agenzie interinali è forse qualcosa di più che problematico, perlomeno per i lavoratori.

Pubblicato il 

05.12.08

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