Marina Masoni nettamente battuta da Laura Sadis per la corsa in governo in casa liberale. Chiara avanzata della Lega in parlamento con voti "in prestito" dal Plr, ridimensionamento delle ambizioni a breve termine dell'Udc e doloroso rovescio per il Ppd. Quanto alla sinistra, che manca chiaramente l'ambizioso obiettivo del raddoppio in governo, può comunque mettere a segno un'ulteriore, piccola progressione che frutta due seggi in più per il Ps e altrettanti per i Verdi. Sparisce invece l'estrema sinistra dalle istituzioni cantonali. Questo il quadro sintetico dell'esito delle elezioni cantonali di domenica che commentiamo in questa e nelle prossime tre pagine. Un esito vissuto dai militanti di sinistra con sentimenti contrastanti, ma che qualche importante ripercussione già ce l'ha. Intanto il Ps guadagna un seggio nelle commissioni più importanti. E dalla ripartizione dei dipartimenti operata mercoledì esce un po' ridimensionato il Plr. Per un commento al voto ci siamo intrattenuti con il presidente del Ps Manuele Bertoli.

Manuele Bertoli, possiamo dire che il Ps ha vinto?
Certo!
Ma non le sembra che in questi giorni i compagni fanno un po' fatica a dire che la sinistra ha vinto?
È chiaro che c'era un'aspettativa diversa, poi delusa dall'imperiosa avanzata della Lega. Ed essendo la Lega nell'area opposta alla nostra, questo ha portato a ridimensionare il nostro voto. Ma il Ps ha fatto un buon risultato, e lo dimostrano i dati del Gran Consiglio.
E lei è stato il candidato al Gran Consiglio che ha ottenuto in assoluto il maggior numero di preferenziali.
È una sorpresa, e sono molto riconoscente a chi mi ha votato. Spero sia anche un apprezzamento per quello che in generale è stato fatto dal partito e per la sua linea politica che come presidente rappresento.
Sono chiusi gli ultimi 12 anni, o l'uscita di scena di Masoni, visto l'imperioso ritorno della Lega, non basta?
Non lo so. Dobbiamo aspettare i primi passi concreti della nuova legislatura. Ma almeno con lo stile thatcheriano dovremmo davvero aver chiuso. Resta il peronismo della Lega: qui si tratta di capire se e quando si ha a che fare con un peronismo di destra o con uno di pseudosinistra. Quanto all'uscita di scena di Masoni è un dato importante che obbliga un po' anche noi a riposizionarci: prima la destra aveva un chiaro vessillifero, ora la situazione è più sfumata e per il Ps si apre una riflessione su che atteggiamento politico tenere.
Lei e Pesenti avete anche lanciato qualche fiore alla Lega, sottolineando che sulle questioni sociali il Ps può intendersi con il partito di Borradori e dei Bignasca.
Più che lanciare fiori abbiamo ricordato fatti politici che potrebbero ripetersi. Oggi in un contesto con quattro aree che sono costrette a parlarsi per evitare la paralisi totale, ecco che la Lega sulle questioni sociali è un nostro interlocutore. Certo non un alleato, ma su certi temi si potrebbe anche riuscire a fare dei passi assieme. Questo ci permette di dire a Plr e Ppd che sulla politica sociale non avranno più campo libero come prima, ma dovranno tener conto di questo fatto.
Dunque il potere contrattuale del Ps è cresciuto?
Sì, siamo definitivamente usciti dall'angolo. Questo è interessante e ci investe della responsabilità di usare bene questo potere. Non potremo imporre le nostre idee, ma potremo pretenderne la giusta considerazione. In materia finanziaria, ad esempio, non potremo pretendere la copertura dei bisogni punto e basta, ma potremo garantire vita dura per tutti se non ci sarà una vera simmetria dei sacrifici.
Una buona notizia è la composizione del gruppo Ps in Gran Consiglio.
Senza nulla togliere ai subentranti, scorrendo i 18 nomi e guardandone il profilo sono molto contento. È un gruppo di qualità. Anche se forse mancano un paio di giuristi in più, che servono in un lavoro parlamentare. E sono moderatamente contento che sia rimasto invariato il numero di deputate. Siamo se non altro il partito con più donne nel gruppo parlamentare.
Lei in questi giorni ha più volte accennato alla necessità di un chiarimento nel Ps su quanto accaduto nella preparazione di queste elezioni e nella campagna elettorale. Detto provocatoriamente, non crede che ai compagni della base del Ps tutto questo non interessi più di tanto?
Forse, ma credo che sbaglierebbero. Per me la questione non riguarda la campagna ormai archiviata, ma il metodo di lavoro di questo partito. La questione del metodo è centrale. Quando sono stato eletto presidente avevo proposto, tra altri, un obiettivo metodologico, nel senso di lasciar perdere tutto ciò che è secondario per concentrarsi su quanto è importante e politicamente marcante. Senza voler dare giudizi su nessuno, credo che anche il metodo nella scelta delle persone, e mi riferisco soprattutto al Consiglio di Stato, debba puntare a valorizzare lo spessore politico dei potenziali candidati piuttosto che considerazioni di altro genere. Le qualifiche sono importanti quando si cerca un posto di lavoro e non vi è ragione per non applicare questo metodo anche al mestiere di consigliere di Stato, per il quale le qualifiche non possono che essere politiche. Per me è una questione centrale per il futuro. Nel campo delle osservazioni metodologiche metterei anche la necessità di bandire per sempre dal partito i meccanismi delegittimatori. Il clima di delegittimazione che ha seguito la presentazione delle proposte di candidature da parte della Direzione è stato pesante da sopportare. Si è parlato di apparato e di nomenclatura sottintendendo che qualcuno che ha delle funzioni dirigenziali ne avrebbe abusato per autopromuoversi. È un'insinuazione sbagliata. Nessuno ha mai pensato che le candidature debbano venire solo dall'interno del partito, ma per me la questione del profilo politico delle persone rimane essenziale.
Lei aveva anche lasciato intendere che a dipendenza dei risultati avrebbe potuto dimissionare.
Il mio primo mandato scade all'inizio del 2008. A chi me lo chiedeva ho detto che a dipendenza del responso delle urne, che avrebbe fatto anche chiarezza sulla legittimità della Direzione rimessa in discussione dal voto del Congresso di Lugano, avrei tratto le doverose conseguenze: un presidente, se sconfessato politicamente, non può e non deve far finta di niente. Il mio risultato è un sostanziale pareggio con Lurà sulla lista per il Governo e un voto più che buono per il Gran Consiglio. A partire da questi dati mi pare di poter dire che ci dovrebbe essere una sufficiente condivisione della linea politica data al partito, anche se dovremo ancora affrontare costruttivamente il chiarimento sul metodo di cui dicevo. Accantonare questo tema sarebbe un errore.
La questione della sua presidenza rimane dunque aperta?
Diciamo che se la discussione sul metodo non sarà chiarificatrice mi riservo ancora di pensarci alla fine del mandato. Stiamo diventando un partito sempre più grande e dobbiamo quindi darci dei metodi adeguati. Dobbiamo diventare più professionali.
Durante la campagna elettorale ci sono stati momenti in cui lei era anche molto preoccupato e forse un po' disilluso. Ora è rinfrancato?
Sì. Ero convinto che Lurà potesse fare un risultato molto migliore del mio. In quel caso una profonda riflessione sul mio operato e sul mio futuro alla presidenza del partito sarebbe stata indispensabile. Anche perché per andare a trattare con gli altri, una credibilità politica bisogna averla. In politica dalle proprie responsabilità non si scappa mai.
Come si mettono ora i rapporti con i Verdi?
C'è l'occasione, passate le elezioni, per verificare se si può ritrovare una comunanza, per ricostruire un rapporto oltre il minimo cui siamo giunti oggi. Io sono favorevole a far ripartire il dialogo, a condizione di parlarsi chiaramente.
Poi c'è un 10 per cento di elettorato di sinistra che non è più rappresentato in parlamento.
Mi dispiace, perché restano escluse dal parlamento delle voci che hanno cose importanti da dire. Purtroppo alla nostra sinistra si paga una divisione che, se non ci fosse stata, avrebbe permesso a Pdl e Mps di ottenere due seggi, togliendone uno a noi. Bastava che facessero una lista unica con due circondari. Invece oggi ci sono due mila schede di sinistra andate in fumo. E per me è comunque un dispiacere.
Il Ps in questa campagna non ha avuto un po' troppe difficoltà a far passare il suo messaggio, al contrario della Lega, che alle classi popolari ci ha parlato molto direttamente?
Vede, il nostro problema è che siamo gente seria. Per questo non vendiamo risposte semplici a problemi che semplici non sono. A meno di non voler mentire. E questa è una cosa che io non voglio fare.
Ci si deve quindi rassegnare all'idea che quattro anni di duro lavoro possono portare al Ps qualcosa come l'1,5 per cento in più e basta?
Probabilmente sì. Constatando però che questa piccola avanzata è un'avanzata vera, più politica e solida di quella della Lega.

Pubblicato il 

06.04.07

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