Fortza Paris è il canto di battaglia della Brigata Sassari, nota in Sardegna come in continente e persino in Iraq, da quando i nostri valenti militi controllano la città di Nassiriya. Ma è nell’isola che le note di Fortza Paris si sono trasformate in una sorta di tormentone, le senti fischiettare per le strade di Cagliari o squillare nelle suonerie dei telefoni cellulari in spiagge semideserte. Ecco, tra le tante Sardegne che vi consigliamo di venire a conoscere questa è l’unica di cui come turisti potete benissimo fare a meno, perché è uno strano e sgradevole miscuglio tra orgoglio autonomista e muscolatura nazionalista. Per fortuna questa cultura non è egemone nel più bello dei mari italiani, come confermano i risultati delle elezioni regionali sarde tenutesi in concomitanza con il voto europeo: l’isola è stata liberata dalla destra grazie al successo dello schieramento di centrosinistra guidato da Renato Soru, il padrone di Tiscali su cui la maggioranza dei sardi ha scommesso. È curioso ascoltare un ricco e colto imprenditore che promette di battersi per salvare le coste più belle dalla speculazione edilizia, «a costo di comprarmele, con i miei soldi, pur di tutelare l’ambiente». Prendiamo ad esempio la stranota Costa Smeralda, mare stupendo e rocce perforate e trasformate in case-vacanza per miliardari. Qui c’è un altro padrone, il cavaliere Silvio Berlusconi, conto in banca ancora più impegnativo di quello di Soru ma cultura zero che sta allargando i suoi possedimenti sul mare e in barba a tutti i vincoli ambientali ha ordinato la costruzione addirittura di un anfiteatro, oltre a piscine e quant’altro. Dice che nessun vincolo può fermare il presidente del consiglio – “come può un scoglio/ arginare il mare”, cantava il compianto Lucio Battisti - che ha bisogno di un luogo esclusivo dove ospitare alleati italiani e amici internazionali, da Fini a Bush, da Buttiglione a Putin. Ora in molti si aspettano che l’Ancillotto Soru invii ruspe e casse di dinamite per liberare dagli scempi edilizi dei ricchi prepotenti quel pezzo di Costa Smeralda: i suoi colleghi presidenti e i suoi fratelli-coltelli della Casa delle libertà, Berlusconi se li riceva a Palazzo Chigi, e pazienza se dalla sede del governo c’è una vista meno marina e idilliaca. Altrimenti, se li porti nella sua villa di Arcore. Fra orgoglio, vino e aragoste La dinamite e le schioppettate, del resto, fanno parte della tradizione sarda. Merita una visita l’entroterra barbaricino, da Supramonte a Orgosolo: guardate i cartelli stradali e le porte dei municipi crivellate di colpi. Gente rude, orgogliosa e determinata, meglio averceli amici che nemici i sardi della Barbagia. Un popolo generoso e ospitalissimo, evitate soltanto di fargli un torto o di fregare una pecora al pascolo, da queste parti. Evitate di rifiutare un invito a un bicchiere di vino, sarebbe considerata un’offesa. Sui muri della vecchia Orgosolo potrete vedere straordinari murales che da decenni si rinnovano per raccontare storie di pastori e operai, di latitanti famosi e scontri con la polizia, di regolamenti di conti. Incontrerete volti noti dipinti magistralmente sulle facciate delle case, come quello del sardo Luigi Pintor mentre legge il giornale che fondò trentatré anni fa, “il manifesto”. Il giorno dopo la sua morte, un anno fa, iniziarono i lavori di preparazione del murales in questo che fu uno dei più combattivi centri del “manifesto” nei primissimi anni Settanta. Pieni di immagini forti e di porcetti arrostiti e innaffiati di Cannonau, vi conviene trasferirvi con decisione sulla costa, anzi sulle coste per lasciare il posto ad altre sensazioni, al profumo del mirto e della Santa Maria, al sapore del mare e dell’aragosta – la migliore del mondo è quella della costa occidentale sarda, cucinata alla catalana (che è poi anche la lingua parlata dalle parti di Alghero) con pomodorini e cipolla cruda, o alla moda dei pescatori di Su Pallosu, un po’ più a sud, sotto Bosa e prima del golfo di Oristano. Su Pallosu è un villaggio di pescatori riuniti in cooperativa per difendersi dalla prepotenza di chi vive del lavoro degli altri e su di esso specula, imponendo prezzi capestro: prendere o lasciare, perché dopo due giorni d’attesa fuori dall’acqua i crostacei muoiono e perdono gran parte del loro valore. Una trentina di lavoratori del mare, dunque, si sono associati, hanno costruito vasche per conservare vive aragoste e astici e così tutelarsi dalla tagliola dei grossisti. Hanno un progetto basato sulla pesca eco-compatibile per evitare l’esaurimento delle risorse che per loro vogliono dire vita e futuro, il pesce, sempre più scarso in seguito a una cultura di rapina. Le aragoste troppo giovani e piccole vengono ributtate in acqua in una zona protetta per consentire la crescita e la riproduzione. Prima i suddetti crostacei vengono marchiati con un numero di matricola dalle biologhe marine dell’università di Cagliari che ne raccolgono i dati essenziali per lo studio del comportamento – delle aragoste e del loro principale predatore, l’uomo. Fermi pesca, aree protette e oasi marine tutelano o almeno cercano di tutelare la principale risorsa di questa terra. In cambio della loro collaborazione a un progetto condiviso che con l’ambiente salva il lavoro, i pescatori della cooperativa di Su Pallosu sono riusciti ad avere importanti finanziamenti per rinnovare la flotta. Ora sono loro i guardiani del loro mare, e tentano di proteggerlo da pescatori-predatori provenienti da altre marinerie. Una visita a Su Pallosu (con tanto di sosta al negozio della cooperativa per acquistare pesce e crostacei) la consigliamo anche per la bellezza delle coste del Sinis, dall’antica città punica di Tharros alle spiagge di Is Arutas che sembrano fatte di chicchi di riso, dall’oasi del Wwf di Turr’e seu (torre del servo) all’isola di Mal di Ventre. Agli stagni di Cabras, popolati dai fenicotteri rosa che si nutrono di microcrostacei presenti nelle acque salmastre. Assistere al loro pasto o alle evoluzioni aeree in formazione, fino a oscurare il cielo per poi colorarlo di rosa, è una sensazione che non dimenticherete. Le lotte in vacanza In altri stagni più a sud, a Cagliari, da qualche anno i fenicotteri rosa sono diventati stanziali e nidificano a poche centinaia di metri dal porto. Ma prima di partire da Cabras ci sono un paio di cose che dovete sapere. In seguito a una gloriosa lotta dei pescatori contro il vecchio padrone degli stagni, il prepotente barone Carta, vent’anni fa la proprietà passò alla Regione Sardegna e altre cooperative di pescatori ottennero la gestione degli stagni, famosi per la qualità eccelsa dei mugini dalle cui uova si ottiene la costosissima bottarga che grattugiata sopra gli spaghetti li trasforma in un piatto da re, o da barone se preferite. Una politica dissennata di rapina, però, ha portato a raschiare il fondo degli stagni tanto che oggi i mugini non riescono a raggiungere le dimensioni necessarie per la produzione di bottarga, per il semplice fatto che vengono pescati e venduti quando sono ancora troppo giovani. Cosicché, per fare la bottarga ora i pescatori e i mercanti di Cabras sono costretti a importare le sacche delle uova di mugine dalla Corsica, da Orbetello o addirittura dalla Corea del Sud. Ecco come una vittoria può trasformarsi in una sconfitta. A sud di Oristano troverete la Costa Verde con l’unico microdeserto europeo, fatto di dune bellissime che iniziano dalle antiche miniere di Portovecchio per finire sul mare cristallino di Piscinas. E se proprio siete in astinenza di lotta di classe, andate a visitare le miniere ormai chiuse ma aperte al pubblico. Vi accompagneranno nella visita le nerborute figlie dei vecchi minatori in pensione, grandi affabulatrici, narratrici di storie di un conflitto secolare contro i padroni. Se risulterete simpatici, avrete anche qualche indicazione sui luoghi dove si possono incrociare i cervi sardi, i conigli selvatici e le pernici. Alla fine della visita politically correct, però, tornate a Piscinas e lasciatevi rotolare nelle dune prima di immergervi nelle acque della Costa Verde. Ancora più a sud c’è il minerario Sulcis, altre storie di lotte, di abbandoni e chiusure, di tentativi di ottenere dal non più conveniente carbone (per colpa dei soliti cinesi) nuove fonti energetiche: l’idrogeno. Ma siete in vacanza, dunque tornate in acqua. Magari nell’isola di San Pietro-Carloforte, sito unico per i suoi trascorsi che ne hanno segnato comportamenti, alimentazione e lingua. Qualche secolo fa, a Carloforte sbarcò una colonia di pescatori liguri di Pegli. Isola verde, coltivabile e mare ricco di pesce. Di tonni, soprattutto. Un brutto giorno dalla Tunisia arrivarono i corsari arabi e fecero prigioniera l’intera popolazione isolana, deportandola in una piccola isola davanti alle coste magrebine: Tabarka. Qui i liguri carlofortini restarono a lungo, finché un illuminato Savoia pagò il riscatto per la loro liberazione consentendo il ritorno dei poveracci a San Pietro. Oggi a Carloforte una popolazione bionda con gli occhi azzurri parla ancora uno strano dialetto ligure con qualche parola di sardo e di arabo, vive della pesca e della lavorazione del tonno (insidiato dai mercanti giapponesi che a ogni pescata si presentano con le tasche imbottite di jen, dollari e euro e si portano a casa gli esemplari migliori per l’amato sushi). A Carloforte si mangia cuscus di verdure (qui si chiama cascà) ma anche una deliziosa pasta corta fatta in casa e condita con sugo di tonno fresco e pesto genovese. Del tonno come del maiale si mangia tutto, non si butta via niente, neppure le branchie. Sabbie bianche a est, rocce a picco sul mare e grotte sulla parte occidentale dell’isola. Nel centro del paese, invece, troverete il Palazzo del proletariato, si chiama proprio così, fu costruito all’inizio del secolo scorso da pescatori e minatori per ricordare il primo grande sciopero del Regno d’Italia, 120 anni fa, organizzato dai rematori che trasportavano i minerali estratti dalle miniere carlofortine in Sardegna per la lavorazione e la commercializzazione. Oggi nel Palazzo del proletariato ci sono le sedi dei sindacati e delle organizzazioni sociali e politiche della sinistra. La Sardegna è tutto questo e molto altro. Ci sono spiagge meravigliose sotto Cagliari come Baia Chia, a est come Villasimius. Ci sono a nord le basi per sommergibili nucleari contro cui si battono gli abitanti della Maddalena (“A fora sos americanos”) e i poligoni militari italiani e della Nato che occupano monti e spiagge da liberare. Ma c’è anche la grotta del Bue marino a nord di Alghero e Calagonone nella costa orientale dove si vagheggia da sempre sull’esistenza della foca monaca. Vi chiederete: perché non ci parli della Costa Smeralda? Perché, non so voi, ma io ci vado solo se qualcuno mi ospita. Lì i prezzi li fanno i ricchi e prepotenti mercanti brianzoli. Ma adesso che c’è Soru. Buon viaggio in Sardegna. Non dimenticate di fare un salto nel mare turchese di Stintino, all’estremo nord-ovest dell’isola. Ci troverete la spiaggia di Enrico Berlinguer, la Pelosa, di fronte vedrete un isolotto dove vivono solo capre, di proprietà dell’ex segretario del Pci e ancora più a largo c’è l’Asinara, isola carcere senza più carcerati. Del resto della Sardegna parleremo un’altra volta. Magari la prossima estate.

Pubblicato il 

09.07.04

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