Prendiamo il bullismo ma non per riderci sopra. Non ho nessuna voglia di riderci sopra. Chi ride, in questi casi, è perché sa a chi dare la colpa. Ebbene, non facciamo i finti tonti, ha scritto Marco Lodoli sulla "Repubblica" a proposito di bullismo; non gettiamo sulle spalle della scuola anche questa colpa. Non è forse vero che da tempo, da troppo tempo, la società è pervasa di bullismo? Pensate alla televisione; pensate ai videotelefonini che registrano e vendono scene di violenza! Denaro e cinismo sembrano governare il mondo. La televisione è un susseguirsi frenetico di fatti. Nessuna pausa, nessun dubbio. Snellezza (così dicono) e velocità. Appena sorge una qualsiasi forma di pensiero bisogna che appaia rattrappita, così rattrappita da muovere a compassione. Con lo svilupparsi e il diffondersi di un laicismo che ha privato e priva gli uomini di sentimenti, trasformandoli in automi adoratori – e consumatori – di feticci, come aveva capito bene Pierpaolo Pasolini. Certo il quadro è apocalittico, e già mi sento le voci dissenzienti. Sono accuse generiche. La nostra televisione, per esempio, è migliore, tant'è che ci viene invidiata. (Forse è vero. Forse è davvero meno peggio di altre.) Ora, se così va il mondo, come può la scuola vincere il bullismo? La scuola si occupa (anche) di insegnamento e dell'imparare. E l'imparare esige tempo oltre che passione; la fretta, come si sa, è nemica di ogni passione. Io, per me, sarei per resistere (l'ho fatto, finché ho potuto). Dove naturalmente va però recuperata la percezione sociale del docente grazie all'impegno – suo medesimo, del docente –, e grazie all'attenzione del sindacato e delle autorità. Le quali non possono continuare a dire che tutto va bene, Madame la marquise, o che tutto è sotto controllo. Io credo che per combattere il bullismo, ammesso che la scuola possa contribuire a farlo, occorre tornare a insegnare, con tanta e nuova fermezza. Con autorevolezza, evitando di lasciarsi prendere dallo sconforto. Qui non si tratta di buttare acqua sul fuoco, come dice di aver fatto l'autorità di vigilanza della scuola media a proposito di fatti di bullismo registrati a Bellinzona e altrove. Qui si tratta di prendere atto e di agire di conseguenza. A questo proposito, ecco un passaggio di un libro che tutti dovrebbero leggere. L'ha pubblicato un docente appassionato, Giuseppe Pontremoli, due anni fa, come un qualcosa che sta tra il manifesto pedagogico e il racconto autobiografico. Titolo: Elogio delle azioni spregevoli; editore: l'ancora del Mediterraneo, 2004. «Indifferenti a tutto, privi di passioni profonde, non sono soltanto molti genitori. Per esempio, nelle scuole d'ogni ordine e grado insegnanti così ce ne sono a legioni. E questo è un dato piuttosto disperante, perché quello dell'insegnante è un mestiere che offre molti spazi per le 'rivelazioni – e questo non ha nulla a che fare con la 'missione', ma molto con il fatto che sono in ballo persone, persone vive, che hanno voglia di esistere davvero e lo dicono forte tutti i giorni». |