A proposito di paesaggio

di Tita Carloni
architetto

Alcuni mi hanno chiesto cosa pensassi del progetto di Zaha Hadid per una torre sul terreno della Romantica. Avrei potuto rispondere che a mio parere è banale, buttato là senza conoscere i luoghi, vago nei contenuti e brutto nella forma. E la cosa sarebbe finita lì. Non si può però sbrigare la questione in modo così spiccio. Oggi appaiono un po' ovunque progetti bislacchi, torri sbilenche, grandi strutture ameboidi. Le conoscenze statiche, le enormi possibilità di calcolo offerte dai computers e tecnologie avanzate consentono di realizzare costruzioni fumettistiche rimaste sinora impossibili. Per cui prepariamoci a vederne proporre sempre di nuove anche sul nostro piccolo territorio. Bisognerà dunque trovare delle risposte chiare : sì, no, oppure… qui sì, là no, oppure… sì a queste condizioni, no per questo motivo. In particolare sarà chiamata a pronunciarsi di volta in volta la nuova Commissione cantonale del paesaggio, presieduta dall'architetto Paolo Fumagalli, da poco nominata dal Consiglio di Stato. E dovrà dire pubblicamente le ragioni delle sue decisioni. Io tento di buttar giù un paio di riflessioni. Il Ticino, come gran parte del territorio europeo, è un territorio "storico". Vale a dire un territorio formato da una lunga sedimentazione di fatti naturali e di artefatti umani, che ha raggiunto, a momenti, stadi di relativo equilibrio, ha subito gravi crisi (per esempio i devastanti disboscamenti dell''800), si è rifatto a poco a poco con caratteri diversi, in una specie di perenne movimento trasformativo che ne ha determinato di volta in volta altri modi di funzionamento ed un'immagine nuova. Il problema che si pone oggi è però il cambiamento di velocità, di dimensioni e di intensità delle trasformazioni. Dire che è giusto crescere e trasformare di continuo perché le città sono sempre cresciute e si sono sempre trasformate è soltanto un luogo comune. Un simile asserto non dice nulla sui modi, sui tempi e sulle conseguenze delle trasformazioni. Una considerazione: le terre che oggi formano il Cantone Ticino hanno avuto per cinquecento anni una popolazione quasi costante, valutabile attorno ai 90'000 abitanti. Poi in poco meno di due secoli siamo saliti a 300'000 e la crescita non accenna a fermarsi se si prevedono ormai 360'000 abitanti ancora prima del 2050. Aggiungendo poi la quantità dei consumi e il grado di mobilità raggiunti dalla gente il cambiamento avvenuto è impressionante. Non c'è dunque da meravigliarsi che le alterazioni del paesaggio abbiano subito in pochi anni una tale accelerazione ed un tale aumento di dimensioni. Il territorio "storico" subisce, sia nelle sue componenti naturali che in quelle artificiali colpi bestiali (non nel senso di pertinente a bestie, cioè animali, che simili cose non le fanno ma nel senso di spropositati). E allora bisognerebbe prendere qualche decisione, per esempio cercando di frenare la crescita quantitativa. È incredibile come l'architetto più famoso del cantone vada predicando di continuo che la Svizzera patisce di immobilismo e che occorre al più presto dinamizzare, promuovere, innalzare… In secondo luogo bisognerebbe adottare una linea di condotta sul paesaggio. Ci sono secondo me due scelte possibili. La prima è quella di abbandonare definitivamente il ritmo di stratificazione storico e liberare del tutto il campo alle spinte che premono da ogni parte: Pacolli costruisca in santa pace la sua torre a Melide; Lidl e Aldi si installino tranquillamente nel Mendrisiotto, sorga al più presto l'uovo di Chiasso ormai in cantiere, si colleghi senza indugi lo svincolo di Mendrisio col Gaggiolo, si faccia la diga in Val d'Ambra e sulle colline luganesi e locarnesi crescano a decine le ville firmate, circondate da ulivi pluricentenari eradicati nelle Puglie. La seconda è quella di affermare l'inalienabilità del territorio storico (naturale e artificiale), di ammetterne trasformazioni ragionevoli e misurate, di cercare di mantenere i principi della stratificazione per piccole parti, (senza escissioni grandi e violente), della manutenzione, del risparmio di terra, energia, materie. Anche la Commissione cantonale del paesaggio decida in quale direzione vuole andare e lo faccia sapere.  Senza nessun secondo fine vorrei mandare ad essa e ad altre autorità una citazione un po' abbreviata tratta da "Un viaggio in Italia – 1981-1983" di Guido Ceronetti: "… Che cos'altro si può essere in un paese come questo se non disperatamente conservatori? C'è solo da conservare : pietre animali fiori erbe colline angoli profili muri volte voltoni logge giardini tombe statue pitture finestre orti umidità… ombre luci stagioni libri metope stucchi tavolini cassapanche mestieri proverbi linguaggi cucina utensili… costringendo le istituzioni a servire principalmente a questo disperato scopo, impegnando una lotta assurda e fantastica contro il Tempo e la Necessità. Per una ventina, una trentina d'anni… La sconfitta sarebbe fatale, tragica ma dignitosa, i magistrati scannati, i legislatori buttati nei fiumi, ma almeno sarebbe una fine senza resa, un pezzo di vera storia". Come sempre molto poetico e pessimista, il Ceronetti, ma non al punto da farci perdere la voglia di resistere. 

Pubblicato il

25.04.2008 12:30
Tita Carloni